Letture
Sinistra oggi: la versione di Federico Rampini
Qualche tempo fa in rete girava una breve divertente boutade, «un esempio su come ragionano le persone di sinistra». Eccola: «Ragazzo: “Per me le donne non hanno alcun diritto e i gay devono essere impiccati”. Ragazza: “Ma che razza di primitivo fascista ignorante sei!”. Ragazzo: “No, io sono musulmano e questa è la mia idea religiosa”. Ragazza: “Oh! Scusami tanto! Spero che tu non pensi che io sia islamofoba!”».
Il populismo: oltre la fine della destra e della sinistra
Se esiste un termine tra i molti che descrivono il momento storico che stiamo vivendo, quello sicuramente più calzante è disaffezione. Applicato alla politica il sostantivo descrive un solco divenuto sempre più ampio fra la classe politica e l’elettorato in un quadro generale di perdita di fiducia e consenso nelle élite che hanno animato gli anni dal 1945 al 1975, i cosiddetti trenta gloriosi.
L’antica Roma: paradigma eterno e sempre cangiante
I saggi introduttivi che arricchiscono questa riedizione dell’agile testo di Guglielmo e Leo Ferrero sono interessanti e soprattutto utili rispetto alla lettura di La palingenesi di Roma antica. I contenuti salienti della controversa ricezione critica di Ferrero – esposti in modo sintetico ed efficace da Lorenzo Petrosillo – sono infatti ben riconoscibili nel testo, la cui lettura ne conferma una generale fondatezza.
La sfida tra realismo e egemonia liberale
La critica serrata che John Mearsheimer rivolge al liberalismo politico nel saggio La grande illusione (intr. di Raffaele Marchetti, trad. di Roberto Merlini, Luiss University Press, Roma 2019, pp. 328) non costituisce solo una grande requisitoria nei confronti della politica estera degli Stati Uniti degli ultimi venticinque anni, segnati dal «momento unipolare» e dalla loro pressoché indiscussa egemonia globale, ma rappresenta anche una larvata decostruzione dell’intera filosofia politica che è a fondamento dello stesso «Leviatano liberale» (definizione di John Ikenberry).
Quale futuro per la democrazia liberale? Tra pressioni esogene e insoddisfazioni endogene
Instabilità, precarietà, lentezza, ma anche capacità di autocorrezione, apertura e adattabilità al cambiamento, e dunque mobilità dei suoi contorni. Tale è pressappoco la descrizione dell’ambivalente fisionomia della democrazia liberale con cui William Galston apre e chiude il volume La minaccia populista alla democrazia liberale (Castelvecchi, 2019). Pare, infatti, non esistere altro regime politico, perlomeno finora sperimentato, che riesca a reagire, talora positivamente, altre volte negativamente, agli impulsi e agli stimoli che gli pervengono tanto dall’esterno quanto dall’interno.
Previsto il disordine attuale, qual è l’ordine futuro?
Erano i primi anni Novanta e ricordo come fosse ora una pagina di quotidiano da cui mi balzò agli occhi una frase di Régis Debray: “gli oggetti si globalizzano, i soggetti si tribalizzano”. Fulminante. Il fenomeno era dunque già in atto, e ben chiaro a chi voleva vederlo. Non dimentichiamo che dal 1991 era scoppiato l’inferno delle guerre nell’ormai ex-Jugoslavia, e proprio in quell’esordio di ultimo decennio del ventesimo secolo salirono alla ribalta anche in Italia gli studi dell’antropologo e sociologo britannico Anthony D. Smith, il quale parlava di “revival etnico” delle nazioni...