Giusy Capone insegna Lingua e cultura greca e Lingua e cultura latina dal 1998. Giornalista, è redattrice della Rivista culturale bilingue registrata "Orizzonti culturali italo-romeni"; si occupa delle pagine culturali di diversi portali dell'area Nord di Napoli; collabora con l'Istituto di Mediazione linguistica di Napoli; cura un blog letterario.
I Greci si riuniscono, oggi assembrano, in occasioni pubbliche: ascoltare musica, celebrare festività, dibattere in assemblea, assistere a gare atletiche, partecipare a riti religiosi. Spettacoli slegati da manifestazioni naturali e sconnessi da esternazioni dell’anima individuale.
Chiunque abbia personalmente visitato i palazzi minoici o sia incappato nelle immagini degli affreschi di Thera e Creta, risalenti all’età del bronzo, può constatare che essi ritraggano raduni nei cortili dei palazzi oppure negli spazi ad essi attigui. Nell’Iliade si stabilisce una similitudine fra una danza corale, la cui effige è sullo scudo di Achille, e le danze ritratte nel Palazzo di Arianna a Cnosso. La festa perfetta o la rappresentazione perfetta, probabilmente, è l’adunanza degli ioni a Delo così come descritto nell’omerico Inno ad Apollo.
Lo spettacolo è foriero di tèrpis, diletto, per uomini e dei. Tèrpis donata dal canto identificabile con l’esito globale della festa stessa. Pugilato, canto, danza, certamente ed altresì l’osservazione che qualsiasi presente «si allieterebbe nell’animo contemplando gli uomini, e le donne dalle belle cinture, e le navi veloci, e le loro abbondanti ricchezze». È così palese l’effetto plurimo e combinato del piacere procurato dall’ascolto e dalla visione oltre che dall’apprezzamento per la speciale facoltà mimetica della voce: la vocalità delle vergini di Delo costituisce di per sé «una grande meraviglia, la cui gloria non perirà mai». Sì, charme dei suoni, ma anche maestria nell’imitare «di tutti gli uomini le voci e gli accenti».
L’oralità stuzzica gli spettatori ad una risposta complessiva d’ordine fisico-intellettuale e sollecita ad una relazione tra pubblico ed esecutore. Nel primo libro dell’Iliade, allorché Achille confida a sua madre Teti la contesa con Agamennone, comunica con un ascoltatore coinvolto sul piano emotivo, completamente sintonizzato con il suo soffrire. La narrazione chiama e l’ascolto partecipa: in fondo, non è a questa sinergia che anela il cantore?
Nel dialogo platonico Ione, proprio Ione afferma: «Se li faccio piangere, riderò io prendendo soldi, se invece li faccio ridere, piangerò io per aver perso soldi». Platone storce il naso rispetto a siffatte liberazioni di emozioni, ad una tale ipnotica seduzione: non esclude forse i poeti dalla Repubblica ideale? Una calamita in prossimità di anelli di ferro è pericolosa! Il rapsodo sostiene: «Quando recito qualcosa di compassionevole, gli occhi mi si riempiono di lacrime; e quando qualcosa di spaventoso o di terribile, per la paura i capelli mi si rizzano e il cuore mi palpita». Gorgia, qualche secolo più tardi, nell’Encomio di Elena, lodando la forza dirompente del linguaggio, così si esprime: «in coloro che la ascoltano si insinuano un brivido pieno di terrore, una pietà grondante di lacrime e un rimpianto che accarezza il dolore». Il linguaggio foriero di reazioni fisiologiche: tremolii, afasia, cardiopalma, freddo e caldo bisticciano. C’è una parola che riesca a descrivere questa malìa, quest’incantesimo, questa magia? Thèlxis?
Essa è adoperata per rappresentare il canto delle Sirene e l’ incanto di Circe. La seduzione, però, talvolta è un inganno, è una bugia ammantata di bellezza. Si legga Pindaro in Nemee: «C’inganna Poesia, che seduce con favole; cieco il volgo degli uomini ha il cuore». Già Esiodo nella Teogonia palesava la capacità del canto di far sì che le disgrazie vengano obliate, che la memoria venga cassata: paradossalmente, la dimenticanza è indotta dall’evocazione. Con il fluire inesorabile del tempo, l’arte del linguaggio assume le peculiarità di una professione, razionalmente svolta. Protagora, Gorgia e Prodico cosa insegnano?
Convincere mediante le sensazioni, procurando emozioni. Tutta la gamma delle emozioni: paura, sgomento, compassione, gioia smodata, tristezza nera. Un panorama che si fa completo e complesso in teatro, quasi più che in assemblea o in tribunale. Tucidide fa osservare a Pericle che Atene va encomiata per «agònes e feste per tutto l’anno», tèrpis, godimento, via di fuga dalla spossatezza causata dalla fatica del quotidiano.