Rifondare un ordine europeo liberale e solidale
Scrivere di questo libro mentre imperversa l’epidemia da Coronavirus può apparire un mero esercizio intellettuale, se non un anacronismo fuori luogo...
Scrivere di questo libro mentre imperversa l’epidemia da Coronavirus può apparire un mero esercizio intellettuale, se non un anacronismo fuori luogo...
È cosa accertata che fine dell’azione dell’individuo in Einaudi dovesse essere il conseguimento dell’autonomia morale...
«Lo scopo principale per cui ho scritto questo libro è di convincere il lettore che la volontà del popolo è un mito», «la volontà del popolo non esiste»...
«Non lo si ripete mai troppo: non c’è niente di più fecondo di meravigliosi risultati dell’arte di essere libero: ma non c’è niente di più duro del tirocinio della libertà»
Non si può certo dire che la figura di Maffeo Pantaleoni non sia stata studiata dal 1976, anno della prima edizione, curata da Sergio Ricossa, dell’antologia di scritti del «principe degli economisti italiani», secondo la definizione datane da Piero Sraffa, ad oggi (basti pensare, solo per fare un nome, ai lavori di Luca Michelini). Cionondimeno non possiamo non accogliere con favore il ritorno in libreria della silloge, la cui lettura può ancora una volta lumeggiare le premesse antropologiche del discorso economico di Pantaleoni come anche la sua concezione della scienza e quindi il fundamentum divisionis rispetto a ciò che scienza non è.
La critica serrata che John Mearsheimer rivolge al liberalismo politico nel saggio La grande illusione (intr. di Raffaele Marchetti, trad. di Roberto Merlini, Luiss University Press, Roma 2019, pp. 328) non costituisce solo una grande requisitoria nei confronti della politica estera degli Stati Uniti degli ultimi venticinque anni, segnati dal «momento unipolare» e dalla loro pressoché indiscussa egemonia globale, ma rappresenta anche una larvata decostruzione dell’intera filosofia politica che è a fondamento dello stesso «Leviatano liberale» (definizione di John Ikenberry).