Ivo Stefano Germano è docente di Media digitali e Strategie della comunicazione politica e istituzionale presso l'Università degli Studi del Molise. È autore di numerosi saggi e articoli scientifici, nonché monografie, tra cui: Barbie. Il fascino irresistibile di una bambola leggendaria (2003); La società sportiva. Significati e pratiche della sociologia sportiva(2012); New Gold Dream. E altre storie degli anni Ottanta (con Danilo Masotti, 2013); Aside Story. La fatica delle vacanze (con Sabina Borgatti, 2017); Sociologie del mutamento(et al.; 2017); #Quartierinogauchecaviar. Sneackers rosse eppur bisogna andar (2018); Sociologie. Teorie, strutture, processi (con Michela Felicetti, 2021).
“Stiamo come stiamo mezzanotte nella mano
Di qua dal cielo e pertanto
Slacciati i pensieri dura finché dura questa eternità”.
Lo spleen di Sanremo come balsamo delle genti. È il festival delle fragilità, delle seconde occasioni, dei punti a capo. Vedi alla voce: “Fedez”. I giovani che dopo i calzini abbandonano le camicie. Torsismo di una generazione ansiosa contro i ciechi parametri di genitori invecchiati. Occhiaie da OnlyFans. Va tutto benissimo, ovviamente. Persino una nuova proposta in pigiama. Ai benevoli lettori non sarà sfuggito, quanto promesso, cioè che la seconda serata non è mai uguale alla prima, persino nella copia conforme dello “spettacolare integrato à l’italienne”. Melodramma e commedia dell’arte si sono fuse al ritmo dei braccialetti fosforescenti che mulinano la versione della ola all’epoca della “Netflix culture”. Esce Brunori Sas, al pari dell’esodo dei fuorisede dai centri storici trasformati in recinti per ricchissimi gentrificati. Entra Lucio Corsi, gli stivali da Alberto Camerini agli esordi, i sacchetti di patatine a mo’ di spalline. Damiano David, fratello poser di Achille Lauro, vestito da ‘o malamente della sceneggiata napoletana. Carlo Conti ci tiene tantissimo alle singole tessere di un mosaico, alle parti in commedia. Di tutti. E su tutto Il pop non è distrazione, ma distillato trash, talvolta sublime. Senza scomodare paradigmi e complessità. Frassica e Malgioglio per chi è di bocca buona. Poi, un poi grande così. Cognome e nome: Balti Bianca. Mai una serata di Sanremo fu più giusta ed equanime nel ristabilire le proporzioni, il canone, il more geometrico. Con tanto di complimento a Rose Villain che vale più di una strategia di accreditamento. “Santa Balti”, dopo le interpretazioni, i distinguo, le ponderate analisi degli acculturati sulla sua presenza. Al centro del palco la nostalgia, putaine in Rose, balorda per Olly. Stasera i Duran Duran, per fare definitivamente i conti con se stessi. O per non farli mai. A domani. Ciao.