Ivo Stefano Germano è docente di Media digitali e Strategie della comunicazione politica e istituzionale presso l'Università del Molise. È autore di numerosi saggi e articoli scientifici, nonché monografie, tra cui: #Quartierinogauchecaviar. Sneackers rosse eppur bisogna andar, Pendragon, Bologna 2018; Aside Story. La fatica delle vacanze (con S. Borgatti), goWare, Firenze 2017; New Gold Dream. E altre storie degli anni Ottanta (con D. Masotti), Pendragon, Bologna 2013.

Settimane e settimane, giorni, ore e minuti incastonati nella replica indefinita dello schema della proto trilogia di Star Wars, cioè, quella non ascrivibile a pupazzotti e bamboloni della Disney tra Amadeus (Darth Vader) e Jannik Sinner (il giovane cavaliere Jedi) per poi, al dunque, ritrovarsi di fronte, forse, il miglior festival di Sanremo degli anni Novanta. Nota di merito o di demerito: non parleremo di cantanti, canzoni, se non marginalmente. Una rubrica pop minimamente indecente, rozza, punk deve badare al milieu.

Che dire? Decisamente conformista, replica più o meno, delle tiritere e dei tormentoni dell’estate che non passa mai. Un po’ il clima, un po’ il paese che è quello che è.

Confesso che ho aspettato i trattori. Ho pregato che arrivassero i trattori. Ogni tanto mi soffermavo sulla platea essenzialmente composta da schede di «società signorile di massa» (Luca Ricolfi forever) e i loro figli e nipoti sul palco a fare la trappa, la cumbia, come l’eccelsa Angiolina Mango, secondo una selezione algocratica, da playlist intergenerazionale.

Ho dovuto aspettare le 23.25 per vedere materializzarsi la classica domanda da Festival di Sanremo, post-anno dieci: «Ma chi è lei/lui lì», oppure, «Loro chi»? In versione canzonettistica/canzonettara. Protagonista Tedua sulla nave da crociera.

A salvarmi, salvarci? I loggionisti della Bassitalia. Scomposti, felici, asimmetrici rispetto alla platea smaltatissima. Il pensiero è andato a Gianni Ravera, alla figura del patron, per felice parallasse col calciomercato all’Hotel Gallia. L’equivalente del Casinò di Sanremo. Ben diversa dal “dispotismo pop di Amadeus”. Con calma: c’è tempo fino a sabato torneremo su quest’ultimo concetto. Ciao.

P.S. C’è tanto patriarcato sul lamento delle donne etero davanti all’inquadratura di Mengoni accanto a Mahmood. Vedi alla voce: strale sanremese.

Loading