Nato a Siviglia nel 1991, è laureato in Scienze Politiche all'Università di Roma "La Sapienza", con una tesi sulla leggenda nera spagnola; nella stessa Università ha ottenuto la Laurea Magistrale in Relazioni internazionali, con una tesi sulle origini del catalanismo. Attualmente sta svolgendo il Dottorato di Ricerca in Scienze Politiche presso l'Università di Catania. Le sue principali linee di interesse e di ricerca riguardano, oltre le tematiche ispanistiche e catalaniste, le relazioni fra Spagna e Italia durante il secolo scorso, avendo pubblicato in diverse riviste italiane e spagnole.
Recensione a: M. Franco, Secretum. Intervista con Mons. Sergio Pagano, Solferino, Milano 2024, pp. 445, € 20,50.
La Santa Sede ha sempre esercitato un profondo fascino su chiunque si avvicinasse ad essa e, da quando ha memoria chi scrive, ogni qual volta si parla di Vaticano o di Santa Sede (adoperando i due termini indistintamente come se fossero sinonimi perfetti) si tende ad avvolgerla in una fitta nebbia di mistero. All’interno dello Stato della Città del Vaticano vi è uno degli archivi più antichi al mondo, l’Archivio Apostolico Vaticano, fino al 2019 conosciuto come Archivio Segreto Vaticano. Fondato da Paolo V nel 1610-1612, iniziò a essere conosciuto come Archivum Secretum Vaticanum a partire dal 1646 (cfr. p. 362). Verso la fine del XIX secolo, in parte per evitare che potesse essere richiesto e inglobato dal nuovo Stato italiano, Leone XIII lo aprì agli studiosi, assicurandosi così che potesse continuare a essere l’archivio dei papi. Quando si parla di archivi vaticani spesso si pensa che ne esista solo uno. In verità, dall’altro lato del Cortile del Belvedere si trova un secondo importante archivio, conosciuto come l’Archivio Storico della Segreteria di Stato, sezione Rapporti con gli Stati. Mentre quest’ultimo possiamo dire che contiene la documentazione che si occupa della «politica estera», l’Archivio Apostolico Vaticano «raccoglie una documentazione che spazia dalle questioni religiose a quelle più strettamente politiche o diplomatiche» (p. 313).
Il presente volume vede il giornalista Massimo Franco intervistare Mons. Sergio Pagano, il Prefetto che ha governato l’Archivio Apostolico dal 1997. Per oltre quattrocento anni, come abbiamo affermato poc’anzi, è stato denominato Archivio Segreto Vaticano. Il termine “segreto” stava per Segreteria, cioè l’archivio privato del Papa, e non per oscurità o impossibilità di accedervi. Ciò non è stato sempre compreso da molti, che per ignoranza o mala fede ci hanno voluto vedere censura e poca trasparenza. Nell’ottica di andare verso le persone, rinunciando in parte a elevare la nostra conoscenza – secondo chi qui scrive –, nel 2019 si è cambiato “Segreto” per “Apostolico” al fine di trasmettere un messaggio di trasparenza e di affidabilità. Nonostante ciò, questo libro è più necessario che mai per raccontare una parte della storia di uno degli archivi più antichi del mondo.
Il volume è strutturato in quindici capitoli che si occupano di diverse tematiche che spaziano dalla fondazione e organizzazione dell’archivio ex segreto fino a importanti eventi storici che lo hanno visto come protagonista. All’impostazione giornalistica delle domande di Franco si contrappone la lucida erudizione di Pagano che riesce a fornire al lettore la magnitudine della documentazione conservata. Il linguaggio disteso tra i due interlocutori rende la lettura agile e chiara anche per chi non conosce bene le tematiche trattate. Desta sorpresa la capacità organizzativa degli archivisti che, contando con delle risorse limitate, a differenza di quelle di cui potrebbero disporre negli archivi pubblici, riescono a portare a termine la mole di lavoro descritta in diversi passaggi del volume. Un altro merito di questo libro è quello di riuscire a trasmettere la complessità del lavoro archivistico. Spesso e volentieri gli stessi studiosi tendono a sottovalutare la dispersività di un archivio e a non concepire che dei documenti possano rimanere ignorati o non rintracciati per lungo tempo. È ad esempio il caso delle carte di Umberto Benigni, che il Prefetto racconta che furono per lungo tempo dimenticate dentro a faldoni senza nome.
Nonostante il volume qui analizzato sia stato messo sugli scaffali delle principali librerie italiane e sembri che abbia riscosso un certo successo, si ha qui l’impressione che non si riuscirà a eliminare totalmente la visione generale degli archivi vaticani. Le critiche che hanno voluto vedere una censura e un occultamento preventivo dei documenti non hanno mai avuto una base razionale, bensì un sostrato solo emotivo e spesso ideologico. Molti ricercatori e studiosi preferiscono abbassarsi al livello di un Dan Brown qualsiasi e persistere nel vedere complotti e segreti ovunque. Desta sorpresa che le stesse accuse non vengano mosse verso altri enti archivistici altrove. In qualsiasi caso, la ricerca seria richiede tempi lunghi e la vastità dei fondi disponibili in Archivio Apostolico necessitano di anni di scavi e di riflessioni per poter valorizzare adeguatamente ciò che contengono. Pagano a più riprese ribadisce che nei documenti dell’istituzione che ha guidato per decenni non vi è tutta la parte della Chiesa: «c’è la parte governata dal papato che è comunque il capo di un corpo. La parte delle diocesi, dei vescovi, delle abbazie, conventi, delle associazioni cattoliche, dei movimenti, dei fedeli, della pietà popolare, questo sta tutto negli archivi diocesani e in quelli delle rispettive organizzazioni» (p. 404). In conclusione, possiamo asserire che questo volume sarà uno dei testi essenziali per i ricercatori che un domani vogliano comprendere meglio il funzionamento di questo archivio secolare.