Nato a Siviglia nel 1991, è laureato in Scienze Politiche all'Università di Roma "La Sapienza", con una tesi sulla leggenda nera spagnola; nella stessa Università ha ottenuto la Laurea Magistrale in Relazioni internazionali, con una tesi sulle origini del catalanismo. Attualmente sta svolgendo il Dottorato di Ricerca in Scienze Politiche presso l'Università di Catania. Le sue principali linee di interesse e di ricerca riguardano, oltre le tematiche ispanistiche e catalaniste, le relazioni fra Spagna e Italia durante il secolo scorso, avendo pubblicato in diverse riviste italiane e spagnole.

«Evito i pronostici perché mi espongono a figuracce». Con queste parole il giornalista vaticanista Aldo Maria Valli – uno dei pochi che sembra padroneggiare minimamente la materia di cui si occupa – esprimeva lo scorso 5 maggio sulle pagine del quotidiano “La Verità” un’antica realtà che ad ogni conclave si ripresenta dinnanzi a ricalcitranti e sedicenti esperti di questioni della Santa Sede; il rischio di giocare a fare il veggente quando si parla dell’elezione del successore di Pietro.

Nelle scorse settimane, dopo la dipartita di Papa Francesco, abbiamo assistito all’ennesimo giro infernale della disinformazione in cui ogni tipo di interlocutore, su qualsiasi piattaforma, faceva a gara per accaparrare l’attenzione dietro la falsa promessa di rivelare il nome del futuro pontefice. Una caratteristica costante è stata quella per cui nessuno è stato mai in grado di indovinare quale candidato fosse il prescelto per succedere il soglio di Pietro. Se ad oggi a molti la convinzione dei cattolici per cui sarebbe lo Spirito Santo a ispirare i cardinali elettori causa un qualsiasi tipo di sorpresa o ilarità, quello che veramente desta sorpresa e perplessità è la comune credenza dei più per cui la scelta del successore di Pietro dovrebbe seguire le leggi partitocratiche di matrice liberale classica che caratterizzano le nostre democrazie da meno di tre secoli.

Prima ci provavano i principali quotidiani cartacei, ma oggi, oltre alla quasi totalità di periodici, anche molti istituti e gruppi di ricerca che adoperano i diversi metodi delle scienze sociali sono saliti sul carro dei veggenti. Molte persone nei giorni scorsi, credendo che avessero una qualsiasi validità, hanno letto le diverse selezioni di cardinali papabili che stilavano i diversi media. Le televisioni, i giornali e i canali delle principali piattaforme audiovisuali hanno prodotto una quantità ininterrotta di contenuti dove si analizzava quali nomi sarebbero stati i più probabili. Ma cosa analizzavano e come lo facevano? Per qualche settimana l’elezione del prossimo Santo Padre non è stata tanto diversa da un voto di Eurovision, di Sanremo o del cosiddetto exit poll di una qualsiasi elezione. A questo punto tocca chiederci: in che modo le scienze sociali possono studiare chi sarà il futuro pontefice? Se i giornali non hanno mai indovinato un futuro Papa, come possono le scienze sociali “azzeccarci”?

Nemmeno in occasione dell’elezione Benedetto XVI, per quanto si sia detto il contrario, la stampa ne fu totalmente sicura. A riprova di ciò, possiamo qui ricordare che il cardinale Martini era dato per certo e non esistette mai quella sicurezza assoluta che poi si è voluto far credere all’esterno. La prima agenzia a dare la notizia della fumata bianca fu la spagnola EFE e lo fece con circa un minuto di anticipo rispetto alle altre (il che corrisponde a un secolo nel mondo delle agenzie internazionali), e ci dimostra come, tendenzialmente, la stampa ebbe difficoltà anche nel capire dopo quanto sarebbe stato eletto.

Un altro elemento che possiamo citare qui circa la difficoltà che il conclave rappresenta anche per gli “addetti ai lavori” fu quando nel 2013, in occasione dell’elezione di Papa Francesco, la Conferenza Episcopale Italiana fece partire un comunicato (poi rettificato) in cui si rallegrava dell’elezione del Cardinale Angelo Scola. Allora come oggi ogni Paese ha guardato più con la pancia e meno con la ragione chi potrebbe essere a capo della Chiesa di Roma. Tutto ciò dovrebbe indicare a chiunque si approcci alla questione, a maggior ragione se si tratta di un ricercatore, la profonda complessità che contraddistingue questa materia.

Per questo torniamo alla domanda iniziale, in che modo un sistema d’indagine come quello della scienza politica, che si adopera per le elezioni nazionali o regionali, può essere valido e ci può dire qualcosa di utile su un conclave? Se già i primi esercizi di analisi del pontificato di Francesco lasciano abbastanza a desiderare, in che modo ci si può attendere rigore o alcuna certezza nella lettura di ciò che accade i giorni prima del conclave?

Nonostante negli anni siano uscite diverse pubblicazioni parecchio interessanti sul percorso di Bergoglio, prima e dopo l’elezione al soglio pontificio, gli analisti di questi giorni non sembrano essere stati messi al corrente e prediligono le letture superficiali e spesso ideologiche che sono state fatte in questi anni. Ad esempio, recentemente, tra le varie pubblicazioni, sono apparsi due testi che, nonostante partano da sensibilità parecchio distanti tra di loro, sono riusciti a produrre un eccellente lavoro per chiunque voglia iniziare ad avvicinarsi al pontificato di Francesco (Loris Zanatta, Begoglio. Una biografia politica, e Massimo Viglione, Habemus Papam? Papa eretico, rinuncia, sede vacante).

Sedicenti analisti, cercando positivisticamente di capire come funzioni il meccanismo di scelta, si perdono in parallelismi strampalati per giungere a parlare di sistemi maggioritari, proporzionali o addirittura di orientamenti politici ben concreti. Parlare di conservatori o di progressisti per fare riferimento all’orientamento di ipotetiche cordate cardinalizie non ha senso. Ha già poco senso quando si forzano paragoni tra conservatorismo o progressismo statunitense e quello europeo, figuriamoci quando si prova a ridurre la complessità della Chiesa cattolica a questi due orientamenti di epoca contemporanea. In che modo una storia bimillenaria potrebbe essere compresa e declinata soltanto con categorie del Novecento? Parlare di “campagna elettorale” per raccontare i giorni che precedono l’apertura del conclave non racconta nulla. Semplifica senza avvicinare e confonde circa quello che accade a Roma in un momento del genere.

Quando spesso sentiamo parlare di assenza di cardinali che starebbero a rappresentare questa o quell’altra nazione applichiamo un concetto di rappresentatività tipico delle democrazie parlamentari su un territorio nazionale o sui distretti amministrativi dello Stato-nazione di turno. In questo modo, in primis, ci dimentichiamo che il cardinale è innanzitutto creato (e non nominato, come spesso sentiamo) dal Santo Padre seguendo criteri di merito e non di una non ben definita rappresentatività. In secondo luogo, egli rappresenta i cattolici su base globale e non soltanto locale-nazionale come si narra comunemente. L’elemento geografico è fondamentale per comprendere l’espansione e l’evoluzione del cristianesimo, e strumenti di eccellenza come l’Atlante universale di storia della Chiesa di Hubert Jedin sono preferibili alle carte di geopolitica giornalistica che tendono a semplificare eccessivamente per un pubblico desideroso di capire come si muova la Chiesa cattolica. In ambito geopolitico è preferibile e si usa fare riferimento a “scenari” possibili e non a previsioni divinatorie. In questo modo la disciplina di grandi pensatori come Haushofer, Ratzel o Mackinder, per citarne solo alcuni, non verrebbe snaturata dal rigore che la contraddistingue.

Un’altra area scientifica spesso tirata in ballo per trattare la Santa Sede è quella della storia delle relazioni internazionali. I rapporti che la Santa Sede ha intrattenuto con gli Stati e con le diverse organizzazioni internazionali sono una base importante dalla quale partire per tentare di comprendere le eventuali direzioni che potrebbe intraprendere, ma sempre con la consapevolezza che di storia si tratta e non di profezie. Lo studio della storia, in questo caso, ci permette di avvicinarci alla comprensione di quello che è stata la Santa Sede e da dove viene, ma nulla ci assicura sul “verso dove si va”. Va accennato qui che, sia nella storia contemporanea che in quella delle relazioni internazionali, i documenti sono la base da cui partire per tentare di problematizzare qualsiasi questione. Per questo motivo, l’impossibilità di visionare la documentazione degli archivi vaticani circa l’elezione dei Papi e dei Vescovi negli ultimi cento anni obbliga gli studiosi a dover fare affidamento alla memorialistica, ai carteggi privati e a tutta quella documentazione disponibile al di fuori della macchina amministrativa ecclesiastica. I criteri che erano validi cinque secoli addietro, dunque, non sono necessariamente validi né applicabili oggi.

Qual è la funzione di conoscere il funzionamento della Santa Sede allora? Per molti, come abbiamo assistito in questi giorni, si tratta solo del fugace interesse verso la novità del momento, ma per coloro i quali sono sinceramente interessati alla materia esistono diversi modi e strumenti disponili. Innanzitutto bisogna conoscere la vita degli ecclesiastici che eleggono il pontefice ed è doveroso sapere dove rivolgersi per studiare l’evoluzione e il funzionamento della curia romana. Nel primo caso, oltre alle biografie e alle pubblicazioni dei cardinali, la Santa Sede ha reso disponibile un sito dove poter conoscere sommariamente i cardinali che votano nel conclave. Dovremmo leggere tutto, sapere cosa hanno fatto questi cardinali, cosa pensano, come hanno vissuto la fede fino a oggi, se siano più o meno virtuosi, se la Chiesa ha bisogno di un tipo di Papa o di un altro, ecc. Come ben sappiamo, il pontefice non viene scelto soltanto tra di loro, ma è già un inizio. Per approcciare il secondo caso, invece, vi sono numerosi e diversamente validi testi di studiosi che hanno dedicato la loro vita allo studio della Chiesa cattolica e della curia romana. Senza alcuna pretesa di esaustività si vogliono indicare in questo scritto l’oramai classico testo di Niccolò Del Re, La curia romana. Lineamenti storico-giuridici, e il recente volume di Daniele Menozzi, Lezioni di storia della Chiesa, che qualsiasi studioso che inizi a studiare la Chiesa Cattolica deve avere sulla propria scrivania.

L’obbiettivo di questo scritto è, dunque, quello di fornire un piccolo contributo affinché si torni a trattare la questione con maggiore rigore perché, sebbene siamo consci dell’epoca di iperinformazione in cui viviamo, e le conseguenze che ha su di noi questa nuova forma di dipendenza, ci possiamo rendere conto del bisogno che esiste tutt’oggi di conoscere la realtà della Santa Sede e del mondo cattolico. Infatti queste righe sono state scritte il 7 maggio per concentrarci quasi esclusivamente sul fatto che praticamente tutto quello che abbiamo sentito nei media nei giorni scorsi non è stato sempre il frutto di una ricerca accurata, ma si è trattato, invece, del prodotto dell’impellente necessità di dover dire qualsiasi cosa pur di riempire lo spazio informativo. Le fonti valide e i metodi di ricerca rigorosi esistono e i ricercatori che più valgono potrebbero essere quelli che abbiamo sentito di meno in questi giorni. L’invito per tutti noi è pertanto quello di leggere e studiare di più, essere più umili e dare per scontato che quello che pensiamo di aver capito sulla Santa Sede è sicuramente sempre meno di quello che davvero sappiamo.

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