Gianfranco Andorno (1937), da bambino ha vissuto a Genova i tragici eventi della guerra, che ricorda intensamente. Giovanissimo vanta articoli su “Il Borghese” di Leo Longanesi. Conserva una lettera di Gianna Preda che si complimenta e lo incoraggia. Poi si adegua ai dettami delle avanguardie e partecipa al “funerale” della parola scritta. Opta per le immagini che ritiene più immediate: la fotografia (Popular Photografy ecc.) e la pittura (Flash Art). Mostre a Milano 1998, Art Innsbruck 1999. Infine, ha un ripensamento e ritorna alla scrittura. Con il primo libro Le stagioni dell’inganno raccoglie il Fiorino d’Oro a Firenze. Altri libri premiati: Prima che il buio(Cinque Terre Golfo dei Poeti); Il falò dell’io (terzo premio Lord Byron Porto Venere 2022). Il suo slogan è: “Scrivo storie che non sono storie”.
Gaston Bouthoul è stato un sociologo francese. Nel 1970 ha pubblicato il libro L’infanticidio differito, uno studio sul fenomeno della guerra. La letteratura ha amoreggiato a lungo con la guerra: poemi epici, leggende eroiche. L’Autore va oltre, intende studiarla nel suo aspetto sociale. Questo è reso difficile per il dover scavalcare, aggirare le emozioni collettive determinate dalla violenza. Tra i predatori e le prede esiste un equilibrio oscillante. Infatti, nelle dispute c’è sempre un aggressore. E c’è il bracconiere perché esiste l’altra, la selvaggina. Una simbiosi li avvince seppure in contrasto, così l’uomo con la guerra?
Malaparte: “Povertà, il poverello d‘Assisi puzzava di lercio come un fante del Carso. Avanti, figlioli!”.
Malgrado le devastazioni c’è stato chi ha definito la guerra “cortese” e “in merletti”, gli Aztechi “fiorita”, Marinetti “igiene del mondo”. Guicciardini: “zuffa alla mescolata”. I Greci chiamavano la guerra la detestata dalle madri. Lisistrata è stata la prima eroina del pacifismo femminile.
Procedendo nel testo subentra la polemologia, studio delle cause psicologiche e sociali che producono i conflitti e la eziologia, analisi della genesi e della loro esplosione.
Malaparte: “Ma questa morte che gli uomini hanno inventata, e che spezza, distrugge, brucia e sfigura uomini, noi sappiamo che è una maledizione. Dio l’ha maledetta, Dio che è morto soffrendo”.
Con riguardo alla genesi Bouthoul cita l’esempio di Germania e Polonia. Vivono in pace e poi all’improvviso si scagliano l’una contro l’altra. Questioni di confine, di religione? No, la pulsione bellicosa viene da squilibri interni dell’aggressore.
I combattimenti comportano morti e questo è l’aspetto demografico. Eccedenze di giovani producono impulsi guerreschi. Prova ne è l’Europa quando l’America ha chiuso le porte ai migranti. Il risultato delle guerre è simile alle epidemie. È una epidemia mentale, afferma Bouthoul, e i conflitti hanno fatto molte più vittime di qualsiasi endemia. Contestiamo in parte l’asserzione. In Italia la spagnola ha ucciso più della guerra ’15/’18.
Malaparte: “Vivere, morire… Ogni tanto qualcuno allargava la bocca ad una risata schietta ed umana. La guerra faceva ridere, come faceva piangere”.
Siamo alla immunizzazione motivazionale. Gli Stati forti e agiati peccano di imperialismo, quelli religiosi sono egualmente pericolosi. Le Crociate, la guerra dei Tre Enrichi, aggiungiamo noi. Sembra che l’unica vera immunizzazione alla guerra sia lo sfinimento provocato dalla guerra stessa. Ed è assurdo che sovente le cause che hanno generato il dissidio, alla pace restino intatte. I motivi delle stragi, delle rovine rimangono intonsi e ignorati.
Malaparte: “Sapere non importa. Il fante non chiede mai nulla a nessuno. Nemmeno a Dio”.
Infanticidio. Bouthoul passa in rassegna i casi di alcuni animali. I pesci piccoli sono divorati da quelli grossi, i gamberetti divorano le proprie uova. Uccelli rapaci e bestie carnivore o non carnivore cacciano i giovani, in quanto più deboli. L’Autore riporta esperimenti fatti. Hanno diminuito il cibo alle scimmie e le madri non permettono ai piccoli di rifocillarsi o li uccidono. I topi in carestia uccidono prima i piccoli, poi i vecchi e infine le femmine gravide. Il padre di famiglia si regola similmente, decide il numero dei figli a seconda del tenore di vita. Hanno provato a fare l’opposto, dando cibo in eccesso alle scimmie e alle femmine si sono atrofizzate le ovaie.
Malaparte: “Accidenti a noi! dicevano i fanti attanagliati dalla sofferenza. Avanti, figli di puttane! si urlavano i fanti durante gli assalti al Monte Santo”.
Al sovraffollamento corrisponde la sterilità. Le femmine diventano meno feconde. Questo ci dovrebbe far riflettere sullo Stato sociale dei nostri giorni e le conseguenze. Sembra che il benessere comporti una confusione di genere, idea nostra. Stop alla riproduzione! Le mosche dell’aceto se poste in condizioni ottimali di ambiente non si moltiplicano più. Insomma, Il benessere è nocivo. Questo è confermato anche da studi moderni.
Malaparte: “I fanti, senza un lamento, andavano a stendere le proprie carcasse sui fili di ferro spinato, come cenci ad asciugare”.
I Greci abbandonavano i figli deformi o malaticci, a Roma i padri potevano vendere i figli come schiavi. (Prole = proletariato). Al complesso di Edipo, figlio contro padre, si oppone quello di Abramo, il desiderio di sacrificare il figlio.
Si può estendere l’assioma alla guerra con la modificazione della struttura demografica causata dalle perdite. Quando il salasso demografico è forte la guerra si conclude, fa notare Bouthoul. È l’infanticidio differito. Malaparte: “Avanti, ragazzi! E la marea urlante di stracci e di poveri corpi sudici e stanchi seguita ad arrancare fra gli scoppi, grigia ed uniforma come una folla di pezzenti all’assalto di un Palazzo Reale”.
Ogni guerra comporta mortalità, soprattutto di giovani. Si compie il sacrificio volontario di molte vite umane. La definizione di infanticidio lascia perplessi ma il rapporto tra demografia e situazione lo conferma, abbiamo causa ed effetto. L’attuale denatalità del nostro paese ci dovrebbe preservare dal pericolo di guerre.
Malaparte: “La mitragliatrice butterava i morti e i vivi col suo vaiolo di piombo”.
Bouthoul elenca le figure dei combattenti: il volontario, il fanatico, il mercenario e il coscritto. Si dilunga sulla periodicità delle guerre, traccia i grafici, ma i palliativi sono vaghi, fumosi. Gli ordigni nucleari mettono il mondo in bilico, ostacolano ogni previsione. Che dicono gli altri? Condorcet: «vincerà il caso». Marx: «il socialismo è un correttivo della natura»”. Il filosofo cristiano Blondel: «non esistono leggi storiche ineluttabili». Nietzsche: «la donna è un problema la cui soluzione è la gravidanza». Non a sproposito, il feto sarà un guerriero. Bouthoul: «la guerra degli uteri, che contiene in sé il germe delle guerre».
Malaparte: “Comitati di soccorso, associazioni patriottiche, tutto ciò gli aveva l’aria di una presa in giro… intesa a gabbarlo, a fargli digerire l’amara pillola della guerra con l’aiuto di uno zuccherino tricolore”.
Grazie Gaston Bouthoul, ma sei come un chierico che ha imposto il digiuno e non ha indicato la salvezza. Abbandoniamo i cimiteri riempiti dagli errori dei governanti e noi ci ritroviamo ad affrontare i riti quotidiani. Le liti al posteggio, l’assemblea di condominio è un mezzogiorno di fuoco, i pacifisti sono degli integralisti violenti. La violenza è vita, o viceversa. Dopo le corbellerie fatte, persino genocidi, siamo costretti a fare i buoni. Non disperiamo, una guerra ancora ci sarà e sarà dei Buoni contro i Buoni.
(Curzio Malaparte: Viva Caporetto!, 1921)