Cristian Leone (1992) si è laureato all’Università di Roma Tre nel 2015 in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, conseguendo poi la laurea magistrale in Storia e Società nel luglio del 2018. Attualmente è dottorando di ricerca presso l’Università degli studi Guglielmo Marconi di Roma. Ha pubblicato La via di Sorel al socialismo (pref. di D. Breschi, Luni Editrice, Milano 2022).
Recensione a
A. Messina (a cura di), Comprendere il Novecento tra storia e scienze sociali. La ricerca di A. James Gregor
pref. di A. Campi
Rubbettino, Soveria Mannelli 2021, pp. 336, €22.00.
Il Novecento rappresenta un secolo di straordinaria importanza la cui comprensione è fondamentale non solo da un punto di vista eminentemente nozionistico ma anche perché, come ci insegna Benedetto Croce, ogni storia è «storia contemporanea» e, dunque, lo studio del passato è funzionale all’interpretazione e alla conoscenza del presente. Comprendere il Novecento tra storia e scienze sociali rientra nel novero di quelle letture imprescindibili per chiunque voglia comprendere il ventesimo secolo attraverso la mediazione di un noto storico, politologo e sociologo americano: Anthony James Gregor.
Il volume collettaneo, curato da Antonio Messina ed edito da Rubbettino, raccoglie saggi composti da studiosi italiani e stranieri che, grazie ad un approccio multidisciplinare, forniscono al lettore una visione organica dell’articolato e variegato pensiero dello studioso americano: «Il volume raccoglie saggi su alcune delle questioni metodologiche, storico-filosofiche e comparative che sottendono alle aree di ricerca dibattute da Gregor in oltre mezzo secolo» (p. 19). Il testo, partendo dall’interpretazione del fascismo, si sviluppa più che per ordine cronologico per aree tematiche. Gli autori, infatti, individuano delle idee-guida che, attraverso una prospettiva interdisciplinare, vengono inserite nelle principali questioni del Novecento poste da Gregor. Scrive il curatore: «I contributi qui raccolti, e raggruppati entro specifiche aree tematiche, provengono da studiosi di scienze storiche e politiche, di storia delle dottrine politiche, di pedagogia e di filosofia, di relazioni internazionali e di scienze politiche» (p. 19).
Nell’interpretare il fascismo Gregor introduce, oltre elementi di carattere prettamente storiografico, una metodologia propria delle scienze sociali basata su un impianto idealtipico e comparatista: «Lo scopo dichiarato era quello di individuare una categoria generalizzante in grado di spiegare i regimi rivoluzionari, totalitari e autoritari del XX secolo» (p. 42). Il paradigma fascista viene dunque utilizzato dallo studioso americano come un idealtipo dalla cui comprensione deriva la capacità e la possibilità di interpretare altri fenomeni politici e sociali:
Il fascismo, sebbene nato in Italia da specifiche condizioni socio-storiche, ha avuto sin dal suo apparire una proiezione prima europea, poi internazionale, sino ad avere una vera e propria famiglia, corrente o tradizione politico-ideologica, che nel corso del Novecento ha presentato – a partire appunto dal prototipo italiano – diverse varianti nazionali (p. 12).
Gli autori del testo, infatti, utilizzano l’interpretazione del fascismo data da Gregor come un punto di partenza atto a individuare delle idee-guida comuni alle principali ideologie autoritarie e totalitarie che hanno caratterizzato la storia del Novecento come il comunismo sovietico (definito da Gregor un «fascismo imperfetto»), il nazional-socialismo (le cui differenze col fascismo vengono rimarcate), il nazionalismo cinese, il nazionalismo italiano e il socialismo arabo e africano.
Riscoprire Gregor a due anni dalla sua morte può essere oggi estremamente significativo soprattutto per porre fine a talune interpretazioni che, basate su motivazioni politiche e non scientifiche, tendono a trattare il fascismo in maniera assai strumentale. Fascismo è un termine che viene utilizzato sempre più spesso in maniera e misura indiscriminate e generiche, tanto che sembra possedere caratteristiche perenni e astoriche, applicabili, a seconda della convenienza, a disparati regimi e soggetti politici. Il fenomeno fascista, indipendentemente dai tratti che ne costituiscono le caratteristiche principali, pare adattabile a qualsiasi contesto, epoca e persona. In questa rappresentazione astratta e generica si desume un’essenza del fascismo che, in spregio a qualsiasi riflessione storiografica, può essere valida per ogni esperienza politica:
Direi che il fascismo è diventato il concetto più proteiforme tra quelli del lessico storiografico e politologico contemporaneo. Non principalmente per colpa del fenomeno in oggetto, indubbiamente complesso e articolato, ma soprattutto per responsabilità di un uso immediatamente polemico da parte di politici e studiosi ansiosi di anteporre l’ideologia alla deontologia. In tal modo il fascismo ha assunto tanti volti quante sono state le fazioni politico-ideologiche che lo hanno interrogato con lo scopo di rispondere alle esigenze della battaglia politica ingaggiata in quel momento (p. 31).
Il merito di Gregor, che per gli autori rientra di diritto nella schiera dei grandi storici al pari di Renzo De Felice ed Emilio Gentile, consiste nell’aver ricostruito i caratteri qualificanti del fascismo. Questo aspetto è di fondamentale importanza perché consente, in un’ottica comparatistica, di tracciare similitudini e differenze tra quelle varie forme di totalitarismo, autoritarismo e populismo che sempre più spesso oggi, per scopi politici, vengono banalmente identificati con il fascismo. È chiaro che, presentando il fascismo come un idealtipo, esso trascende i limiti cronologici e geografici dell’esperienza italiana, tuttavia, siamo qui estremamente lontani da un «fascismo generico» come quello sostenuto da Roger Griffin o, ancora, dal «fascismo eterno» presentato da Umberto Eco.
Quali sono dunque le peculiarità del movimento creato da Mussolini e come affrontare il problema della comparazione? È questa la domanda a cui cerca di rispondere lo studioso americano. Gregor critica fortemente quanti identificano il fascismo come un movimento reazionario e, identificandolo come una «dittatura di sviluppo e di mobilitazione di massa», lo definisce, inserendolo nel novero dei movimenti rivoluzionari di massa, come un pensiero politico «rivoluzionario a vocazione modernizzatrice» (p. 72). Contrariamente a Delio Cantimori che, sulla scia di altre interpretazioni, ha paragonato il fascismo alla “balena bianca” di Melville, cioè ad una realtà sfuggente, ambigua e poliedrica capace di escludere schemi definitori, Gregor ne assegna un nucleo argomentativo razionale e una dottrina coerente. Lo studioso americano individua un «fondamento razionale» del fascismo, cioè «un complesso sistematico di idee, concetti e valori i cui fascisti rimasero sostanzialmente fedeli durante l’arco di tutta la loro parabola politica» (p. 40). Gregor mette in evidenza come, sebbene il fascismo nasca in una particolare condizione economica e sociale di arretratezza, esso pone le sue basi intellettuali nel decennio precedente la Grande guerra e quindi nelle forze politiche del nazionalismo, del futurismo, del sindacalismo rivoluzionario e del socialismo massimalista.
Per questo motivo gli autori mettono in evidenza l’importanza che per lo studioso americano rivestono personaggi come Maffeo Pantaleoni, Vilfredo Pareto, Alfredo Rocco, Enrico Corradini, Luigi Federzoni e Julius Evola (quest’ultimo considerato da Gregor come un antifascista). Il fascismo viene considerato come una «rivoluzione progressista» che si pone oltre i tradizionali assetti politici e che prospetta un inserimento delle masse nella vita nazionale. I fasci di combattimento non sono dunque, nel 1919, un movimento politico che si muove a tentoni e Mussolini non è, come molti avversari politici e storici hanno sostenuto, un capo disposto a qualsiasi alleanza pur di conquistare il potere. Nell’impostazione teorica della dottrina fascista un ruolo di primissimo piano lo ha senz’altro Giovanni Gentile considerato da Gregor una sorta di Karl Marx del fascismo: «Fascism, considered as a social and political philosophy, was “essentially the product of the genius of Giovanni Gentile”» (p. 163).
Sono dunque questi gli elementi caratterizzanti l’interpretazione del fascismo di Gregor e i principali punti di partenza che consentono agli autori di comparare, una volta individuato un minimo comun denominatore, il fascismo con gli altri fenomeni totalitari e autoritari del Novecento: «Si tratta quindi di individuare nel fascismo italiano il fascismo “primigenio” per ricavarne generalizzazioni esplicative per casi sviluppatisi in circostanze analoghe» (p. 276).