Cristian Leone (1992) si è laureato all’Università di Roma Tre nel 2015 in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, conseguendo poi la laurea magistrale in Storia e Società nel luglio del 2018. Attualmente è dottorando di ricerca presso l’Università degli studi Guglielmo Marconi di Roma. Ha pubblicato La via di Sorel al socialismo (pref. di D. Breschi, Luni Editrice, Milano 2022).

Recensione a: A. Alosco, I socialfascisti. Continuità tra socialismo e fascismo, D’Amico Editore, Nocera Superiore (SA) 2021, pp. 170, € 16,00.

Il libro I socialfascisti di Antonio Alosco, pubblicato per la casa editrice D’Amico, rappresenta una boccata di aria fresca nella troppo spesso stagnante storiografia sul fascismo. Tanto a livello nazionale quanto internazionale, a distanza di centotre anni dalla sua costituzione, il movimento fondato da Benito Mussolini è stato analizzato da molteplici angolazioni in tutti i suoi multiformi aspetti, eppure, nonostante i numerosissimi saggi e le sterminate monografie, sull’argomento permangono alcune zone d’ombra.

Da questo punto di vista appare obbligatorio leggere il lavoro di Antonio Alosco perché, al di là del valore intrinseco dell’opera, ha avuto l’abilità e il coraggio di saper rintracciare nei meandri del fascismo non solo determinati elementi ancora poco approfonditi dalla ricerca ma considerati veri e propri tabù. I socialfascisti, infatti, rappresenta un testo di straordinaria importanza storiografica in quanto si colloca lungo la scia di quanti, andando oltre la strumentalizzazione politica della storia, vogliono sezionare in maniera articolata la complessa ideologia fascista.

L’autore del testo si pone l’obiettivo di ricostruire, attraverso una trattazione di singole biografie in cui affinità e differenze si fondono in un lavoro sistematico, i rapporti organici instauratisi tra il socialismo e il fascismo: «Chi scrive si è posto l’intento di dimostrare con metodo storicistico che tra il socialismo e il fascismo non vi fu cesura insormontabile e che molte delle idee e dei programmi socialisti trovarono applicazione concreta durante il regime fascista» (p. 7). Sono molti, infatti, gli esponenti che, orbitanti intorno alla variegata galassia del socialismo italiano (sindacalisti rivoluzionari e confederali, riformisti di destra e di sinistra, intransigenti), decidono, per motivi politici oppure personali, di aderire singolarmente o come organizzazione (il caso più eclatante è quello della Cgdl) al regime.

Mentre la continuità tra il socialismo e il primo fascismo, grazie al lavoro pioneristico di De Felice, è ormai acclarata, meno conosciuta è quella sviluppatasi, seppur tra condizionamenti e contraddizioni, durante il regime. Eppure la stragrande maggioranza dei dirigenti socialisti, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Trenta, deciderà di sostenere il fascismo. A tal proposito, Alonso sottolinea come si tratti di «un’adesione così massiccia non solo dei lavoratori socialisti, iscritti o influenzati dal PSI, ma di una gran parte di coloro che erano stati dirigenti di primo piano del Partito». Addirittura, prosegue l’Autore, «al loro confronto i cosiddetti antifascisti socialisti fuoriusciti appaiono un’infima minoranza del tutto trascurabile» (p. 8).

L’adesione di innumerevoli esponenti socialisti al fascismo sembra non essere una scelta di comodo ma un meditato approdo maturato nel tempo e correlato alla lenta ma progressiva instaurazione dello Stato sociale e corporativo fascista. Non è un caso, infatti, se proprio a partire dal 1934, data in cui vengono istituite le Corporazioni, le adesioni degli ex socialisti, specialmente riformisti, al fascismo diventano imponenti. È proprio nella realizzazione corporativa che questi uomini vedono un’applicazione concreta della pratica riformista. Questo concetto viene così riportato, in un altro testo, da Carlo Silvestri:

Qualora il nuovo stato corporativo passasse, decisamente, dalla teoria alla realtà, vorrebbe dire indubbiamente una trasformazione profonda, radicale della proprietà: da privata a corporativa; quindi molto “vicina” a quella collettiva; il sogno “dorato” dei socialisti italiani marxisti!! In una parola, socialismo di stato, realizzato per altre… vie, ma con medesime finalità[1].

Esiste dunque una continuità ideologica e programmatica tra queste due ideologie. Se ormai sono note le adesioni al fascismo da parte dei sindacalisti rivoluzionari o dei comunisti alla Nicola Bombacci, meno conosciute sono quelle relative a importanti ex dirigenti socialisti e sindacalisti confederali come Emilio Caldara (primo sindaco socialista di Milano), Carlo Silvestri (principale accusatore di Mussolini durante l’omicidio Matteotti), Alberto Beneduce (deputato social-riformista), Giuseppe Giulietti (segretario della Federazione Lavoratori del Mare), Arturo Labriola (esule antifascista rientrato in Patria nel ’36) Alessandro Giuliani (capo-redattore dell’«Avanti!»), Enrico Ferri (storico leader del socialismo intransigente), Cesare Alessandri (eletto nel ’22 con il Psu), Rinaldo Rigola (segretario generale della Cgdl).

Particolarmente importante, perché emblematica di questa ricercata continuità ideologica, è il caso della rivista fondata, non senza difficoltà, da Nicola Bombacci: «La Verità» (traduzione letterale di «Pravda», organo ufficiale del Partito comunista sovietico). Intorno a questo progetto si riuniscono uomini come Alberto Malatesta (redattore dell’«Avanti!») Walter Mocchi (noto sindacalista rivoluzionario), Enrico Ferrari («uno dei pochi deputati comunisti già precedentemente parlamentare socialista»), Ezio Riboldi (deputato comunista nel ’24), Angelo Scucchia (comunista in precedenza condannato dal Tribunale Speciale a 6 anni di reclusione), Giovanni Bitelli (segretario della Camera del Lavoro di Ferrara), Mario Guarnieri (stretto collaboratore di Bruno Buozzi).

Altro caso estremamente esplicativo, nonché clamoroso, di quel filo rosso che lega il socialismo al fascismo è quello riguardante la Confederazione Generale del Lavoro. Questa potentissima organizzazione sindacale, infatti, come sottolinea l’autore, non viene sciolta dal regime ma, su decisione della maggioranza dei propri dirigenti, decide autonomamente di cessare la propria attività e di fiancheggiare, attraverso la creazione di una rivista volta a illustrare le problematiche del mondo lavorativo, il regime:

Le vicende della CGL nella sua parte conclusiva costituiscono, a mio avviso, l’epilogo molto eloquente di tutto il discorso fin qui sviluppato circa la continuità tra socialismo e fascismo e denotano il fallimento totale dell’azione sindacale attuata dal Partito socialista […] La storia finora oscurata della CGL socialista, costretta a sciogliersi non tanto sotto i colpi dello squadrismo ma per autonoma decisione, rappresenta un capitolo molto significativo di un’intera organizzazione della Sinistra, che continua la sua opera principalmente di carattere educativo e di postulato, raccogliendosi intorno alla pubblicazione di una rivista dal titolo ASN Problemi del Lavoro, che ebbe vita lunga in pieno regime, dal 1927 al 1940. Non si trattò quindi di adesioni singole con motivazioni prevalentemente a carattere personale, ma di una intera organizzazione operaia a confluire – seppur con certi limiti – nel corporativismo (p. 121).

Questa decisione rappresenta il riconoscimento, da parte dello storico sindacato socialista, della funzione «riformista, progressista del regime fascista e di Mussolini in primo luogo» (p. 121). Ma perché questi uomini che per le loro idee hanno sofferto anche l’esilio o la galera decidono successivamente di aderire al fascismo? È questa la domanda di fondo a cui il libro tenta di rispondere attraverso le vicende biografiche di un pellegrinaggio politico che porta, attraverso un percorso apparentemente non lineare, dal socialismo al fascismo:

La rivisitazione delle vicende riguardanti numerosi esponenti politici e sindacali, attraverso una puntuale ma necessariamente sommaria ricostruzione delle loro biografie, ci ha consentito di dimostrare, al di là di giudizi storici ideologizzati e stereotipati, l’assunto centrale di questa ricerca: quello cioè che non vi è contrapposizione assoluta tra socialismo e fascismo, ma anzi una continuità di fondo (p. 157).

[1] Relazione fiduciaria in data Milano 2 ottobre 1934, in S. Colarizi, L’opinione degli italiani sotto il regime. 1929-1943, Laterza, Roma-Bari 1991, p. 146.

Loading