Cristian Leone (1992) si è laureato all’Università di Roma Tre nel 2015 in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, conseguendo poi la laurea magistrale in Storia e Società nel luglio del 2018. Attualmente è dottorando di ricerca presso l’Università degli studi Guglielmo Marconi di Roma. Ha pubblicato La via di Sorel al socialismo (pref. di D. Breschi, Luni Editrice, Milano 2022).

Il fascismo rappresenta un fenomeno eterogeneo estremamente articolato su cui, nonostante una sterminata bibliografia, permangono alcune zone d’ombra. Il movimento fondato da Benito Mussolini, ormai è storiograficamente acclarato, non costituisce un monolite ma piuttosto un’aggregazione di spinte anche contrastanti tra loro che, tenute insieme dall’abilità mediatrice del duce, contribuiscono a determinare un indirizzo politico non sempre lineare. È in questo contesto che si colloca, con l’intento di ricostruire l’altalenante e ambigua politica estera del regime nei riguardi dell’Unione Sovietica, l’opera di Maria Teresa Giusti: Relazioni pericolose. Italia fascista e Russia comunista. L’Autrice, infatti, affrontando in maniera originale, attraverso l’utilizzo di inediti documenti archivistici italiani e sovietici, le relazioni internazionali tra l’Italia fascista e la Russia comunista, mette in evidenza continuità e discontinuità di un rapporto in cui motivi ideologici e pragmatici si incontrano e si scontrano.

Maria Teresa Giusti ripercorre, in modo articolato e sistematico, le relazioni politiche, economiche, culturali e specialmente commerciali tra i due paesi in un arco temporale che va dalla fine della prima guerra mondiale all’entrata dell’Urss nel secondo conflitto bellico:

Nell’arco di sedici anni, i rapporti tra i due stati, pur seguendo un andamento altalenante, sono stati molto più intensi di quanto si possa immaginare; caratterizzati da alti e bassi, hanno toccato difficili momenti di crisi, per poi risalire la china verso una più ampia collaborazione, a riprova di quanto fosse complesso il rapporto tra i due regimi nati su basi ideologiche contrapposte (p. 9).

Sebbene l’anticomunismo rappresenti uno dei tratti caratterizzanti il fascismo, quelle che Sergio Panunzio definisce le «due rivoluzioni del XX secolo» presentano anche notevoli punti di contatto: «Se da una parte è vero che l’anticomunismo è stato un elemento ideologico costitutivo del fascismo italiano, è altrettanto vero che le interpretazioni che il fascismo ha dato del bolscevismo sono state mutevoli nel tempo e a volte contraddittorie» (p. 189). Soprattutto dopo la crisi del 1929 si apre, sulla stampa italiana, un dibattito che coinvolge tutta l’intellighenzia fascista in cui, a partire dal noto articolo di Bruno Spampanato Equazioni rivoluzionarie, vengono prospettate divergenze e convergenze tra i due regimi “sopravvissuti” alla crisi internazionale del capitalismo. L’intera impostazione della politica estera fascista verso l’Unione Sovietica, dunque, deve confrontarsi tanto con l’aspetto ideologico, improntato a volte alla demonizzazione oltre all’apprezzamento dell’Urss, quanto con la prospettiva di una Realpolitik volta a ritagliare all’Italia un ruolo di grande potenza:

La politica estera di Mussolini non fu sempre condizionata da dogmatismo ideologico: scegliendo i suoi alleati, egli teneva in conto gli interessi del paese, non le ideologie. Mussolini poteva essere alleato della Gran Bretagna, malgrado fosse profondamente antiliberale e antinglese; ma poteva essere alleato dell’Urss benché fosse fortemente anticomunista (p. 54).

Il bisogno di coordinare, anteponendo pragmaticamente la politica all’ideologia e viceversa, l’interesse nazionale con la necessità dottrinaria è presente in Mussolini fin dal suo ingresso in Parlamento, tanto che sarà proprio il suo governo, il 7 febbraio 1924, a riconoscere, tra i primi paesi europei – anticipato di pochi giorni solo dall’Inghilterra – il nuovo Stato sovietico. Il duce del fascismo è consapevole che mantenere buone relazioni internazionali con l’Urss può portare all’Italia vantaggi tanto in termini politici quanto economici. Infatti, nel primo caso si tenta di ottenere un’egemonia nei Balcani e un rapporto privilegiato, a discapito della Francia, nell’Europa orientale, mentre nel secondo si punta a esportare prodotti finiti nel vasto mercato dell’Unione Sovietica e a importare materie prime di cui l’Italia ha impellente bisogno.

La politica estera di Mussolini nei confronti dell’Unione Sovietica, inoltre, viene utilizzata strumentalmente da un punto di vista interno per regolare i rapporti con la sinistra e causare divisioni tra socialisti e comunisti:

Annunciando il corso della «via aperta verso Mosca» Mussolini puntava a sollevare una crisi a sinistra, fra socialisti di sinistra e comunisti, contando sul fatto che questi ultimi, per ragioni ideologiche, avrebbero avuto un atteggiamento negativo verso una stretta collaborazione fra i due regimi, mentre i socialisti l’avrebbero appoggiata. Venivano pertanto esaltate le «convergenze» tra le due potenze, entrambe rivoluzionarie, antidemocratiche e revisionistiche, mentre si ridimensionavano le differenze ideologiche o l’anticomunismo fascista (p. 73).

I rapporti di collaborazione tra i due regimi si esplicano con modalità differenti e non coinvolgono solo i governi. Sono molti, infatti, gli industriali italiani che accettano una proficua collaborazione con l’Unione Sovietica. Tra questi spiccano i nomi di Marinotti, Pirelli e soprattutto Agnelli il quale partecipa, come gruppo Fiat, alla costruzione del più grande stabilimento al mondo di cuscinetti a sfera intitolato al braccio destro di Stalin, Lazar’ M. Kaganovic:

La partecipazione del colosso industriale Fiat alla costruzione dello stabilimento è stato uno degli episodi più significativi della cooperazione di imprese e di ingegneri italiani con l’Unione Sovietica negli anni Venti e Trenta. La fabbrica Kaganovic non fu solo uno dei primi grandi impianti in Unione Sovietica progettati da un’azienda straniera, ma rappresentò anche il primo e più ambizioso progetto di cooperazione tra l’Urss e l’Italia fascista, acquisendo un significato politico oltreché economico, con un conseguente grosso impatto nelle questioni di carattere culturale e anche architettonico-ambientale (pp. 149-150).

Oltre lo scambio di tecnici il commercio tra Italia e Urss si incentra particolarmente sul ruolo dell’aviazione civile e militare. L’Autrice, a tal proposito, tratta approfonditamente sia la trasvolata di Balbo, accolto con tutti gli onori del caso a Odessa – con tutto ciò che ne consegue sul piano politico – quanto l’azione riguardante la dirigibilistica italiana intrapresa dal generale Umberto Nobile.

I rapporti politici, economici e commerciali tra i due regimi toccano il loro apice nel settembre del 1933 con la stipulazione del «patto di amicizia, non aggressione e neutralità», tuttavia, proprio a partire da questa data, le relazioni tra Italia e Urss si orientano verso un lento, inesorabile declino. Nella storia del legame tra i due paesi, il punto di non ritorno è segnato inevitabilmente dalla guerra civile spagnola quando, per non lasciare al dominio comunista e alla conseguente influenza sovietica un’importante nazione europea come la Spagna, l’antibolscevismo diventa un elemento discriminante per la politica estera fascista:

Il sostegno dell’Italia al generale Franco non consentiva più di proseguire i rapporti fra i due paesi sul binario seguito fino a quel momento: il fascismo si era trasformato da regime circoscritto all’Italia in un modello da esportare e impiantare in altri paesi come la Spagna, che occupava appunto un’importante posizione strategica. Un tale esito non poteva essere tollerato dalla leadership sovietica e le contraddizioni politiche, alimentate da quelle ideologiche, stavano rischiando di portare i due regimi a una rottura definitiva delle relazioni (p. 336).

Alla luce della politica estera fascista affiorano, come sottolinea l’Autrice, una «serie di contraddizioni inevitabili», causate dalle diversità strutturali dei due regimi che, nonostante il tentativo di subordinare l’elemento ideologico all’interesse nazionale, sono «fatalmente destinate a riemergere […] per esplodere ineluttabilmente con il secondo conflitto mondiale» (p. 329).

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