Federico Tinnirello (1996) si è laureato in Filosofia e, successivamente, in Scienze Filosofiche all'Università degli studi di Catania discutendo una tesi sul pensiero di Ludwig Wittgenstein. Attualmente è allievo diplomando presso la Scuola Superiore di Catania.
Recensione a
G. Salonia, «Il Signore mi condusse». Francesco d’Assisi figlio e fratello
Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2022 , pp. 188, € 18,00.
Hai lasciato le cose del mondo […]
Per una luce che sentivi dentro(Franco Battiato)
La figura di San Francesco d’Assisi ha sempre vissuto all’interno di un dualismo epistemologico: da un lato, la ricerca storica, la quale ha cercato, prevalentemente, di contestualizzare e di comprendere il suo operato all’interno della storia della Chiesa medievale, e, dall’altro lato, la teologia, che invece ha sottolineato la novità della predicazione di Francesco per quanto concerne la spiritualità e la fede.
Nel suo nuovo testo, Giovanni Salonia ci propone un ritratto unitario della figura di Francesco attraverso il contributo di tre discipline diverse fra loro: «storia […] del francescanesimo, Terapia della Gestalt, Teologia spirituale»[1]. L’interdisciplinarietà adottata da Salonia ci restituisce un Francesco in cui è «tangibile la valenza umana della fede»[2], quale segno evidente del percorso, delle difficoltà e delle crisi vissute da un uomo che ha lottato con sé stesso per accettare e comprendere la sequela a cui il Signore lo aveva chiamato. In questa concretezza di Francesco riposa la sua santità, la quale non è frutto di una capacità straordinaria o soprannaturale, ma deriva dalla piena accoglienza dell’invito evangelico: «se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 31-32).
La prima parte del libro è dedicata, per l’appunto, a comprendere come Francesco abbia preso coscienza della sua vocazione, e nel tracciare questo cammino di conversione, Salonia delinea una “psicanalisi esistenziale” di Francesco, nella quale interpretiamo i suoi vissuti personali inquadrandoli all’interno di un preciso itinerario spirituale.
La conversione di Francesco, secondo Salonia, nasce da una profonda «crisi depressiva»[3], dovuta principalmente alla sconfitta di Collestrada (1202) e alla mancata realizzazione del sogno di diventare cavaliere, che conducono il giovane Francesco ad «una sensazione profonda e inconsapevole di […] vuoto, di una mancanza di significato»[4]. Da questa profonda infelicità nasce l’esigenza di mettersi in ricerca, di dare un senso autentico alla propria esistenza, ed è in questo stato d’animo che Francesco inizia a provare un nuovo innamoramento, quello verso Dio. Come ogni relazione, anche il rapporto fra Dio e Francesco è segnato da eventi cardine che contribuiscono a definire e a consolidare il rapporto d’amore, e nel caso dell’assisiate sono l’incontro con il lebbroso e l’episodio del crocifisso di San Damiano. Per quanto riguarda il primo episodio, è lo stesso Francesco, all’interno del suo Testamento, a raccontarlo, descrivendone l’importanza per la sua conversione:
il Signore diede a me, frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza, perché essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanatomi da essi, ciò che mi sembrava amaro, mi fu cambiato in dolcezza di anima e corpo.[5]
L’abbraccio con il lebbroso segna un momento di rottura fra la vita precedente e la nuova vita: Francesco, rinnegando sé stesso, apre la sua esistenza al vero incontro con l’Altro e con Dio. L’incontro con il lebbroso, dunque, è l’inizio della vita nell’amore, in quell’amore gratuito e profondo che prende forma «[dal]la gioia e […] [dalla] luce che abitano nel profondo»[6].
Il secondo momento che abbiamo citato è quello del crocifisso di San Damiano, in cui il Signore parla a Francesco dicendogli di restaurare la sua casa. Quest’episodio rappresenta la consapevolezza dell’appartenenza a Dio da parte di Francesco, il quale ha compreso, nel suo cammino di conversione interiore, la paternità di Dio, il suo sentirsi amato in quanto figlio. Ed è alla luce di queste certezze che Francesco rinuncia ai beni terreni, alle ricchezze e alla gloria che aveva sempre cercato, poiché il nuovo senso dell’esistenza risiede soltanto nel «seguire il Signore nella forma del santo Vangelo»[7].
In quest’ultima espressione è possibile trovare una sintesi della vocazione e del carisma a cui Francesco si sente chiamato, il quale è già intrinsecamente comunitario e aperto alla fraternitas. La conversione di Francesco è segnata dalla consapevolezza di essere figlio di Dio, dalla scoperta che il suo essere uomo si manifesta nella relazione d’amore fra il Padre e il figlio. L’esperienza dell’essere figlio di Dio, pertanto, deve essere necessariamente un’esperienza pubblica, che appartiene a tutti in quanto figli dello stesso Padre. Ed è in questa centralità del messaggio evangelico che nasce la fraternitas come relazione privilegiata nel segno dell’amore gratuito. Solo nella fraternitas è possibile, dunque, «vivere in concreto il Vangelo»[8], alla luce di uno stile di vita che mette insieme la povertà, l’ecclesialità e l’obbedienza. La povertà come accoglienza autentica dell’Altro; l’ecclesialità come luogo in cui vivere la relazione con il Padre e con il Figlio nella pratica dell’eucarestia; e l’obbedienza come donarsi autenticamente ai fratelli per contrastare gli egoismi personali. Nella prospettiva di Francesco, dunque, la fraternitas si configura come la dimensione privilegiata del vivere in armonia con l’Altro, perché «la vita in fraternità è […] il luogo in cui si sperimenta la crescita travagliata e feconda nella relazionalità […] è lo spazio in cui si può vivere in pienezza la relazione fraterna: la meta più ardua e più elevata di ogni maturazione umana»[9].
Il ritratto che Salonia ci propone della fraternitas francescana ci spinge a domandarci che rapporto sussiste, nella nostra società postmoderna, fra l’individuo e la comunità. La nostra società, e nello specifico la società occidentale, sembra essere luogo di un conflitto continuo fra due tendenze completamente opposte a quelle della fraternitas: da un lato, l’individualismo e, dall’altro, il comunitarismo. L’individualismo è quell’atteggiamo per cui «i soggetti spostano l’attenzione verso sé stessi […] [e verso la propria] autorealizzazione»[10]. L’individualismo conduce al relativismo, ovvero ad una società in cui, secondo le parole di Benedetto XVI, «tutto si equivale e non esiste alcuna verità, né alcun punto di riferimento assoluto»[11]. L’individualismo e il relativismo conducono, dunque, ad un’esperienza di vita morale e politica che, a lungo andare, comporta la dissoluzione del tessuto sociale. In contrasto, il comunitarismo schiaccia la libertà individuale all’interno di dispositivi sociali e politici come lo Stato, il partito o la classe sociale. Il comunitarismo è la vittoria di un Noi imposto dall’esterno che opprime l’inviolabilità e la libertà della persona umana.
La fraternitas francescana si oppone alle degenerazioni dell’individualismo e del comunitarismo, poiché propone una concezione unitaria dell’Io-Noi: l’individualità si apre costitutivamente all’Altro e il Noi è sempre inclusivo dell’unicità della persona umana. Nella concezione francescana l’Io è concepito alla luce dell’essere fratelli in Dio, e si è fratelli perché siamo tutti «figli di uno stesso Dio»[12]. Solo alla luce di un Io-fratello è possibile concepire una relazione autentica fra l’Io e il Noi, in cui il Noi non è più il partito o lo Stato, ma il mio prossimo verso il quale ho il diritto/dovere di amarlo per ciò che è. La fraternitas, dunque, si configura come il luogo d’incontro fra la libertà della persona e il suo essere fratello fra gli altri ed è alla luce di questa nuova condizione umana che siamo chiamati, come ci insegna Papa Francesco, ad esercitare «un’aspirazione mondiale alla fraternità»[13].
Note:
[1] G. Salonia, «Il Signore mi condusse». Francesco d’Assisi figlio e fratello, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2022, p. 8.
[2] Ivi, p. 7.
[3] Ivi, p. 28.
[4] Ibidem.
[5] Francesco d’Assisi, Testamento, citato da https://ofm.org/it/ordine/san-francesco/testamento/.
[6] G. Salonia, «Il Signore mi condusse». Francesco d’Assisi figlio e fratello, cit., p. 37.
[7] Ivi, p. 129.
[8] Ivi, p. 77.
[9] Ivi, p. 142.
[10] Ivi, p. 147.
[11] Benedetto XVI, Acta Apostolicae Sedis, 102 [2010], p. 461.
[12] G. Salonia, p. 150
[13] Papa Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti, Libreria editrice Vaticana, Roma, 2020, p.3.