Antonio Magliulo (1962) è professore ordinario di Storia del pensiero economico presso il Dipartimento di Scienze per l'Economia e l'Impresa dell'Università degli Studi di Firenze. Membro della European Society for the History of Economic Thought (ESHET) e della Associazione Italiana per la Storia del pensiero economico (AISPE). Fa parte anche dell’Editorial Board della rivista «History of Economic Thought and Policy». Oltre a numerosi articoli e saggi su riviste nazionali ed internazionali, tra le sue pubblicazioni più recenti: Il pensiero dei padri costituenti: Ezio Vanoni(Il Sole 24 Ore, Milano 2013); Gli economisti e la costruzione dell'Europa(Editrice Apes, Roma 2019); A History of European Economic Thought (Routledge, London 2022).

Ammettiamolo: è stato uno shock risentire quella parola – riarmo – riecheggiare nel cuore delle istituzioni europee. Eppure nella storia dell’umanità la spada esiste e la difesa e la sicurezza sono valori e diritti fondamentali. La stessa Europa, settant’anni fa, nel 1954, vide naufragare il progetto di dar vita a un esercito comune europeo, promosso dai padri fondatori, oggi in odore di santità, Adenauer, De Gasperi e Schuman, e denominato Comunità Europea di Difesa (CED).

Il problema resta: come usare la forza dell’Europa per difendere la pace? Proverò a rispondere ricordando brevemente cosa prevede il ReArm Europe Plan presentato dalla von der Leyen, cosa prevedeva il Trattato CED e avanzando infine un’ipotesi di proposta.

Nella riunione straordinaria del Consiglio Europeo del 6 marzo scorso, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ricorrendo alla procedura d’urgenza, e quindi bypassando il Parlamento Europeo, ha presentato le linee guida di un piano di riarmo che dovrà essere formalmente approvato nella prossima riunione del Consiglio stesso, in programma il 20 e 21 marzo. Il Piano, illustrato attraverso una dichiarazione ufficiale (statement: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_25_673), prevede una spesa complessiva di circa 800 miliardi di euro articolata su due livelli: nazionale, per 650 miliardi, e paneuropeo per 150 miliardi.

L’idea di fondo è che occorre rafforzare l’autonoma capacità dell’Unione Europea di garantire pace e sicurezza ai propri cittadini preservando, contestualmente, la fattiva solidarietà a quelli della martoriata Ucraina.

Il primo livello, quello nazionale, mira a consentire agli Stati di investire di più in sicurezza militare. Gli Stati sono pronti a farlo, dichiara von der Leyen, se solo potessero finanziare in deficit la spesa aggiuntiva senza incorrere nelle sanzioni previste per chi viola il Patto di Stabilità e Crescita. L’impegno che si intende assumere è di attivare al più presto la clausola di salvaguardia che disattiva la procedura per i disavanzi eccessivi. Se per esempio, si legge nello statement, “gli Stati membri aumentassero la spesa per la difesa in media dell’1,5% del PIL, si potrebbe creare uno spazio fiscale di quasi 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni”.

Il secondo livello, quello paneuropeo, prevede 150 miliardi di euro di prestiti comunitari agli Stati membri per investimenti militari: dalla difesa aerea, alla dotazione di droni e di sistemi anti-drone. “Naturalmente, con questo equipaggiamento, – si legge sempre nello statement –  gli Stati membri possono aumentare in modo massiccio il loro sostegno all’Ucraina”.

La cifra massima di 800 miliardi, come si vede, è ipotetica e peserà sui bilanci degli Stati nazionali se e nella misura in cui essi decideranno di incrementare la spesa militare. Inoltre, nelle Conclusioni della riunione informale del Consiglio Europeo si fa riferimento soltanto al previsto prestito, garantito dall’Unione Europea, di 150 miliardi (https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2025/03/06/special-european-council-6-march-2025/). Dunque, tutto o molto resta ancora da decidere.

La CED, lo ricordo, fu un’iniziativa francese lanciata dopo il 25 giugno 1950 quando le forze sovietiche della Corea del Nord invasero la Corea del Sud spingendo l’umanità verso il baratro della terza guerra mondiale. Anche allora la minaccia veniva dalla Russia. Gli americani premevano per liberare, in funzione antisovietica, il gigante tedesco, ma i francesi temevano per la loro futura incolumità. Si pensò allora di inserire la forza tedesca in una comune e superiore forza europea. Il Trattato istitutivo della CED prevedeva la creazione di un esercito comune tra i Sei Paesi che avevano sottoscritto il Trattato CECA – i Sei Paesi fondatori dell’Europa moderna (Francia, Germania occidentale, Italia, Belgio, Lussemburgo e Olanda) – affidandone la gestione a comuni autorità sovranazionali, in collaborazione con la Gran Bretagna e coordinandosi con la NATO. Il Trattato fu ratificato da quattro Paesi e l’Italia era pronta a farlo subito dopo la Francia. Ma il 30 agosto 1954 un’insolita e trasversale maggioranza di nazionalisti, di destra e di sinistra, fece approvare dall’Assemblea francese una mozione che di fatto rinviava sine die l’esame del Trattato, che dunque non fu mai formalmente respinto.

Quale può essere un’ipotesi di proposta per uscire dalla drammatica crisi in cui versano l’Europa e il mondo intero?

La parola riarmo, e non solo la parola, evoca, anche involontariamente, la volontà di proseguire la guerra e proprio nel momento in cui sembrano aprirsi flebili spiragli di pace.

L’Unione Europea si rafforzi militarmente seguendo il Piano della von der Leyen articolato sul duplice livello nazionale e paneuropeo. Ma lo faccia solo nella misura strettamente necessaria. L’Europa già oggi, come ha dimostrato una recente indagine condotta, tra gli altri, da Carlo Cottarelli, ha una spesa militare superiore a quella della Russia. Il problema è che spende male perché ogni Stato spende per proprio conto (https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-facciamo-chiarezza-nel-2024-la-spesa-militare-europea-eccedeva-quella-russa-del-58).

A livello nazionale, la competenza della difesa e della reciproca sicurezza resta della NATO che va preservata. Trump, anche se con parole e toni disprezzabili, ha ragione quando lamenta e denuncia che molti Paesi, compresa l’Italia, non adempiono all’impegno formalmente assunto di contribuire alle spese comuni in misura pari al 2% del PIL. Non c’è alcuna ragione perché, ottant’anni dopo la fine della guerra, l’America debba ancora garantire la sicurezza dell’Europa. Questo è semmai un compito comune da condividere anche nella ripartizione degli oneri. Si tratta di una reale e non fantasiosa emergenza e la von der Leyen, a mio giudizio, ha fatto bene a prevedere l’attivazione della clausola di salvaguardia per consentire ai Paesi che ne hanno necessità di accrescere la spesa militare. Ma non a tutti e non ipotizzando l’iperbolica cifra di 650 miliardi. Solo a coloro che ne hanno una reale necessità e, in particolare, a quanti sono inadempienti rispetto agli impegni assunti in sede NATO.

A livello paneuropeo, si riprenda, se non la lettera, lo spirito del Trattato CED. Almeno i Sei Paesi fondatori valutino seriamente la possibilità di stabilire un reale coordinamento tra le loro forze armate, in vista di una possibile integrazione e sempre d’intesa con gli altri Paesi UE e in coordinamento con la NATO. E la Commissione promuova e sostenga questo tentativo indirizzando le risorse in quella direzione.

L’Europa si rafforzi, dunque, militarmente quanto necessario ma contestualmente avanzi una complessiva proposta di pace cogliendo l’opportunità storica che drammaticamente si sta aprendo. Tolga ogni alibi sia a Trump che a Putin. Si presenti al negoziato insieme all’Ucraina, che è già Europa: lo è in quanto Paese candidato ad entrare nell’Unione Europea e in quanto membro sia della neonata Comunità Politica Europea, sia del Consiglio d’Europa, la più antica tra le istituzioni europee. E al tempo stesso operi perché in una prospettiva futura anche la Russia possa nuovamente sedere nel Consiglio d’Europa non come nemico ma come attore di pace e di sviluppo economico.

Insomma, l’Europa affili pure la spada, ma solo quanto basta per difendere la pace. E sia pronta a forgiarla in vomero.

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