Matteo Antonio Napolitano (1989) è professore associato di Storia contemporanea nel Dipartimento di Scienze Umanistiche, Motorie e della Formazione dell’Università degli Studi Niccolò Cusano di Roma. Nello stesso Dipartimento è titolare anche dei corsi di Storia contemporanea - Seminario laboratoriale di Analisi delle fonti e Storia contemporanea C.A. Insegna, inoltre, Storia contemporanea del crimine e Storia e istituzioni dell'Asia nel Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Sociologiche del medesimo Ateneo. È membro del Comitato Scientifico della Rivista «Europea». Tra le sue recenti pubblicazioni:  c Verso l’Europa unita. Il percorso politico-istituzionale di Giulio Bergmann(2020); curatela di V. Cian, Ricordi d'un ottuagenario, introduzione di S. Bartolini (2023);Il Gruppo Liberale e Democratico al Parlamento europeo. Un profilo politico (1976-1985), Rubbettino (2023; vincitore del Premio "Emilio Colombo" per la saggistica storica dell'Unione Europea nell'ambito del Premio Letterario Basilicata).

Recensione a: I. McEwan, Lezioni, trad. it. di S. Basso, Einaudi, Torino 2023, pp. 561, € 23,00.

Come diventa la vita nella progressiva perdita dei nostri sogni, dei nostri ideali, delle nostre ossessioni e delle nostre passioni?

Lezioni, l’ultimo romanzo dai tratti autobiografici dello scrittore britannico Ian McEwan, non fornisce – perché non può fornire – una precisa risposta a questa drammatica domanda esistenziale, ma, questo sì, mette il lettore di fronte alle numerose percezioni e sensazioni generate dall’interrogarsi nel profondo sulla problematica questione. Invero, pur occupandosi di una specifica esperienza di vita – quella del protagonista “senza qualità”, Roland Baines –, la struttura della fabula di McEwan lascia aperti degli spazi variamente declinabili, e dunque occupabili dai significanti e dai significati propri dello stare al mondo di ogni persona che si approcci al testo.

I maggiori traumi nella esistenza di Roland si snodano attorno al suo rapporto con tre forti caratteri femminili di riferimento: la madre Rosalind, la maestra di musica Miss Miriam Cornell – al centro di una morbosa e controversa relazione, segnata dagli abusi da lei compiuti sul giovane Roland, ancora minorenne – e la moglie Alissa, talentuosa scrittrice anglotedesca che, per salvaguardare il proprio dono letterario, abbandonerà il tetto coniugale subito dopo la nascita del primo e unico figlio, Lawrence. Nonostante la narrazione sia sviluppata al maschile, le principali determinanti dell’intreccio attengono alle peculiarità psico-fisiche di Rosalind, Miriam e Alissa, portatrici involontarie di “lezioni” non richieste dal protagonista, le uniche a risultare foriere – verso il tramonto, sul finire di tutto, e dopo le diversioni traumatiche – di insegnamenti autentici, quindi di nuovi dubbi presi per mano però da una rianimata curiosità e partecipazione verso il vivere, impersonate dalla piccola nipote Stefanie e, prima ancora, anche dal rapporto d’amore maturo e confidenziale vissuto con Daphne nell’arco della convivenza, del secondo matrimonio e della morte di lei.

Le piccole vicende umane di Roland e della sua famiglia scorrono, ad ogni modo, nelle vene di una presenza – anch’essa femminile e dunque “didattica”, come la maggior parte delle altre nella logica di McEwan – ben più incombente, ovvero la storia inglese e internazionale del secondo Novecento e di questa prima parte del nuovo Millennio. Nel romanzo compaiono, a fare da sfondo aperto e non immobile, le grandi crisi bipolari, gli anni Ottanta del disastro di Černobyl’ e della divisione di Berlino, gli effetti dell’89 e del thatcherismo, la Third Way di Tony Blair e la Global War on Terror di Bush, o ancora le turbolente vicende europee che hanno interessato il Regno Unito fino ad arrivare al recente lockdown del 2020. Roland partecipa delle grandi pulsioni ideali della sua epoca e osserva le transizioni storiche con un approccio che fisiologicamente incontra sulla strada i mutamenti e le evoluzioni interiori dell’individuo e sconta l’impossibilità di ricondurre l’interpretazione degli eventi sul letto di Procuste delle autoillusioni, benevolmente mistificatrici, con le quali l’uomo consapevole convive e sopravvive al gravante peso del tempo. Di fatto, il protagonista si troverà a percorrere una traiettoria parabolica; da acceso laburista nella fase ascendente, si scoprirà disincantato sul vertice – al punto da riconsegnare la tessera del Labour, in conseguenza sia del forte sostegno fornito dal governo Blair alla coalizione multinazionale a guida statunitense in occasione del conflitto iracheno sia della posizione neoliberista in politica economica, e abbandonarsi a un passivo sostegno «in omaggio ai vecchi tempi» (p. 421) – per poi affermare in ultimo, nella parte discendente, ormai in buona sostanza pacificato, l’esistenza di quello che viene chiamato «un elisir lenitivo»: «le cose non sono mai belle come abbiamo sperato, ma nemmeno brutte come abbiamo temuto» (p. 553).

Nel leggere le pagine di McEwan, la fictĭo sembra quindi recuperare il suo polisemico significato latino, vi si riscontra invero l’enfasi stilistica e descrittiva del favoleggiare – nel senso più nobile del termine – sugli episodi, ma al contempo anche la formazione, la creazione dei protagonisti e in particolare del profilo di Roland, che alternando una doppia dimensionalità micro-macro arriva ad avere un proprio senso, una propria fisionomia esistenziale, imperfetta, cangiante, ricca di lacune e comunque coerente con il proprio errare, inteso nell’accezione dell’ingannarsi e dell’andare vagando incontro alla fortuna. Interessante, in questa ottica, notare come McEwan abbia incastonato, con maestria, il percorso identitario di Roland nell’incontro e nello scontro continuo con delle alterità: in relazione a sua madre e suo padre – che appena in età puberale lo mandarono dalla Libia al collegio inglese – e alla sua prima moglie fuggiasca diverrà, per scelta e per circostanze, un genitore presente e premuroso; sacrificherà il precoce talento pianistico sull’altare di un sentimento impossibile e ossessivo nei confronti dell’insegnante di musica, finendo ad arrangiarsi in un piano bar; di fronte al successo letterario di Alissa si manterrà cercando banali frasi per biglietti di auguri e tentando una carriera da poeta mai decollata, salvo poche pubblicazioni di rilievo.

Da queste suggestioni, non resta che chiedersi a quale prova ci invita McEwan con Lezioni. La risposta, dopo attenta lettura – doppia, tripla per alcuni passaggi del testo –, oltre a essere soggettiva, non è né scontata, né banale. Quello che resta nell’abbandonare il libro tra gli scaffali delle nostre librerie e nel setaccio dei nostri ricordi è l’esortazione dello scrittore – coraggiosa in questi anni difficili – a non vivere la letteratura unicamente come mera evasione dalla realtà seppure dura, a lasciarci interessare non soltanto dall’estremo, dalle vite umane vissute pericolosamente, da quanto è molto lontano o addirittura all’opposto rispetto al nostro abituale quotidiano, ma anche da un qualsiasi Roland, ossia da un uomo medio, piccolo borghese, pieno di problemi contingenti e di limiti, poco propenso al rischio, a tratti spassionato amante del nulla, altre volte compreso di una salvifica missione universale, altre ancora intento a cercare di accettare le sfaccettature della propria banalità e a frustrarsi nelle invidie e nei rancori. Insomma, uno come sono tanti, che «era venuto per chiedere consigli, ma adesso non aveva voglia di ascoltarli» (p. 245), che «si era sforzato di rimanere alle calcagna del suo datore di lavoro su per quella scala, sfornando per mesi poesia scadente un po’ ritoccata» (p. 237), ritrovatosi a ripetere «a se stesso che lui aveva scelto la libertà, che si stava divertendo» (p. 393) e qualche tempo dopo, quasi senza accorgersene, a pensare a quanto «più facile sarebbe stato se Alissa avesse abbandonato marito e figlio per scrivere un romanzo mediocre» (p. 283), alla pari della maggior parte dei suoi componimenti. Da lettori, dunque, un’esperienza intensa, amara e per certi versi brutale, però importante per aggiungere un ulteriore piccolo tassello allo sforzo che, in questo tempo di disattenzioni, si compie nel cercare di rimanere disposti alla comprensione e connessi con la realtà che ci circonda e con i nostri simili.

Loading