Sul saggio di Loris Zanatta. Un breve commento
Davvero in
La rivoluzione digitale degli ultimi vent’anni ha introdotto nel panorama culturale e sociale una nuova categoria, la “democrazia virtuale”
In Sinistra e popolo Luca Ricolfi racconta e analizza sia il «prolungato addio» (p. 12) che si è consumato, e si sta tuttora consumando, dappertutto, tra la sinistra e il popolo
Del latín identitas, la identidad es definida como el conjunto de rasgos y características que diferencia un individuo o grupo de individuos del resto. Diferencias, que se hacen, en la actualidad, más notorias en un mundo que está cada vez más globalizado en todos
Il sovranismo: «tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate in una caccia spietata contro questo spettro». Così principia il Manifesto sovranista pubblicato nel 2019 dall’ex “ideologo” del Movimento Cinque Stelle Paolo Becchi. Il lemma “sovranismo” non è un neologismo perché risale al XIX secolo ma nuovi ne sono oggi il concetto e la valenza rivoluzionaria.
Quando chiedono, a me studioso di geopolitica e storia contemporanea del Vicino Oriente e dell’area ex sovietica, quale possa essere lo strumento migliore per comprendere quello strano oggetto politico non identificato chiamato da più parti “destra populista”, non rimando mai alla lettura di prodotti giornalistici risultati di un’opera di raccolta di interviste o incrocio e rielaborazione di materiale a propria volta giornalistico, testi che di sicuro hanno il pregio della semplicità ma l’imperdonabile difetto dell’assoluta mancanza di analiticità e profondità.
Se esiste un termine tra i molti che descrivono il momento storico che stiamo vivendo, quello sicuramente più calzante è disaffezione. Applicato alla politica il sostantivo descrive un solco divenuto sempre più ampio fra la classe politica e l’elettorato in un quadro generale di perdita di fiducia e consenso nelle élite che hanno animato gli anni dal 1945 al 1975, i cosiddetti trenta gloriosi.
Instabilità, precarietà, lentezza, ma anche capacità di autocorrezione, apertura e adattabilità al cambiamento, e dunque mobilità dei suoi contorni. Tale è pressappoco la descrizione dell’ambivalente fisionomia della democrazia liberale con cui William Galston apre e chiude il volume La minaccia populista alla democrazia liberale (Castelvecchi, 2019). Pare, infatti, non esistere altro regime politico, perlomeno finora sperimentato, che riesca a reagire, talora positivamente, altre volte negativamente, agli impulsi e agli stimoli che gli pervengono tanto dall’esterno quanto dall’interno.
Erano i primi anni Novanta e ricordo come fosse ora una pagina di quotidiano da cui mi balzò agli occhi una frase di Régis Debray: “gli oggetti si globalizzano, i soggetti si tribalizzano”. Fulminante. Il fenomeno era dunque già in atto, e ben chiaro a chi voleva vederlo. Non dimentichiamo che dal 1991 era scoppiato l’inferno delle guerre nell’ormai ex-Jugoslavia, e proprio in quell’esordio di ultimo decennio del ventesimo secolo salirono alla ribalta anche in Italia gli studi dell’antropologo e sociologo britannico Anthony D. Smith, il quale parlava di “revival etnico” delle nazioni...
L’uomo è un essere razionale, ma non può fare a meno di assecondare, almeno talvolta e almeno in parte, le proprie passioni, i propri ardenti desideri, i propri slanci momentanei. Proprio intorno a questo connubio tra ragione-passione si gioca larga parte della vita politica di una comunità. Non vi può essere, infatti, un individuo completamente ed eternamente razionale, così come un suo alter ego totalmente pulsionale. Nel primo caso verrebbe meno probabilmente lo stesso afflato vitale di una persona, con negative ricadute sulla comunità (o sulle comunità) di cui fa parte, imbolsendola; nel secondo, al contrario, è verosimile si cagionerebbe la degradazione integrale di una civiltà costruita – non nel senso di un progetto intenzionale, ma come frutto di un lento processo cumulativo, faticoso e accidentato. In altri termini, estremizzando un po’, il conflitto che ne deriva è quello tra realtà e mito o, se si preferisce, tra “essere” e “dover essere”.