Jacopo Marzano è attualmente iscritto al secondo anno del Corso di laurea triennale in Scienze politiche per la sicurezza e le relazioni internazionali dell'Università degli Studi Internazionali di Roma (UNINT).

Recensione a
G. Formigoni, Storia essenziale dell’Italia repubblicana
il Mulino, Bologna 2021, pp. 246, €15,00.

Partendo dall’unità d’Italia per giungere ai giorni nostri Guido Formigoni ripercorre le tappe storiche, politiche ed economiche italiane e internazionali, riuscendo a coglierne gli intrecci e i condizionamenti reciproci. 

La penisola italiana è stata centro di un impero dominante nell’antichità come quello romano; sul suo territorio si è stabilito il vertice di una religione monoteista a diffusione globale come il cristianesimo; il paese è stato a tratti unificato poi a lungo diviso e frammentato politicamente, con un andamento divaricante e particolaristico nelle sue diverse regioni città; in questo relativamente ristretto mondo locale si sono espressi vertice della cultura civica comunale medievale, dell’umanesimo e dell’arte rinascimentale; in   Italia ci sono stati veri e propri centri nevralgici di catene globali, come quelle delle repubbliche marinare o della grande finanza europea nascente dopo il medioevo. un’eredità che ha lasciato uno straordinario patrimonio culturale, artistico, di paesaggio umano e naturale.

L’analisi di Formigoni si concentra sulla difficoltà – tutta italiana – nel trovare una unica e stabile identità politica.

Dalla proclamazione del regno nel 1861 – in ritardo con le altre tradizioni statali monarchiche europee – alla “vittoria mutilata” al termine della Prima Guerra Mondiale, l’Italia, nonostante gli sforzi, non riuscì a trovare una comune e stabile identità politica. La ricerca per un nuovo corso fu nuovamente interrotta da Benito Mussolini che, nota Formigoni, seppe sfruttare il clima di frustrazione e di rivendicazione sociale, anche grazie al clima di intimidazioni e violenza. Il ventennio fascista, il fallimento in Etiopia, la seconda guerra mondiale stroncarono sul nascere le potenzialità dell’economia italiana che iniziava a crescere, catapultando ancora il Paese in un clima di guerra e difficoltà economiche. L’Autore ricorda come l’armistizio del 1943, che vedeva l’Italia sconfitta, non segnò la fine degli scontri interni: il territorio nazionale fu oggetto di una duplice occupazione militare – angloamericana al sud e tedesca al nord – accentuandone la cronica instabilità.

La guerra comportò una modifica degli equilibri internazionali: gli accordi di Bretton Woods e la nascita dell’Onu consolidarono il ruolo egemone degli Stati Uniti, che rafforzarono così la loro presenza politica e militare in Italia e in tutta Europa. La liberazione del 1945 consentì la rinascita democratica del paese. Una prima unione di forze antifasciste fu rappresentata dalla nascita della Cgil, mentre il referendum popolare del 1946 segnò l’inizio dell’Italia repubblicana. Formigoni individua alcune contraddizioni del nuovo corso democratico e repubblicano: l’adesione al piano Marshall – che divideva l’Europa in blocchi – conferì agli Stati Uniti il diritto di avere voce in capitolo per le scelte governative del paese, minandone così l’autonoma ripresa. Nondimeno, l’approvazione della Costituzione e l’elezione del primo Parlamento repubblicano definirono una costituzione democratica e antifascista ed un sistema politico nettamente anticomunista. Il suolo italiano era ormai terreno di scontro del sistema bipolare: la risonanza degli eventi sul piano internazionale, nota Formigoni, acuiva o calmierava le costanti tensioni tra Dc e Pci.

La libertà di scelta politica all’interno del paese, sottolinea l’Autore, era assai limitata: le mire rivoluzionarie di Togliatti e la connessione del Pci all’Urss, l’alta instabilità dei socialisti, l’impossibilità di una apertura verso destra e le pressioni statunitensi e clericali obbligarono la Dc ad un immobilismo politico, diventato poi vizio di forma.

Il miracolo economico degli anni Cinquanta e i suoi effetti permisero all’Italia un grande sviluppo sociale, economico ed industriale. Queste premesse si intrecciarono con l’ipotesi di una più attiva politica estera italiana, attraverso un ruolo di mediazione tra l’area mediterranea e quella mediorientale, ma la tragica scomparsa – dal significato fortemente politico – di Enrico Mattei compromise queste ambizioni.

Di grande interesse è la sottolineatura dell’Autore sulla diretta correlazione tra i cambi al vertice statunitensi e cambi di direzione di politica interna italiana: se l’amministrazione Kennedy favorì un allentamento delle pressioni americane in ottica anticomunista, l’elezione di Nixon comportò un cambio di atteggiamento radicale. La realpolitik, il trattato Salt 1 e la grande distensione non contribuirono ad un rilassamento della tensione sociale e politica in Italia: il ’68 studentesco ed il ’69 operaio, l’eco della guerra in Vietnam e la Primavera di Praga destabilizzarono il clima politico e l’ordine pubblico. L’amministrazione Nixon scelse per l’Italia Graham Martin, ambasciatore rigido e conservatore, nel tentativo di disciplinare la situazione.

Formigoni individua gli anni ’70 come la crisi di cesura tra i due assetti complessivi del sistema internazionale, alla quale i maggiori partiti italiani, ancora bloccati in una ottica di scontro bipolare, non seppero adeguarsi. La fragile presenza delle istituzioni lasciò spazio a poteri altri, quali massoneria, mafia e organizzazioni estremistiche armate. Omicidi per mano delle Brigate Rosse costarono la vita a politici e uomini di giustizia, perseguendo la strategia della tensione.

Di grande importanza ai fini dell’analisi contenuta nel testo sono gli anni ’80, che rappresentarono un cambio di paradigma politico e comunicativo. L’infiltrazione della P2 tra le fila politiche ed istituzionali causò vari scandali, alimentando vieppiù il clima di rabbia e sfiducia nei confronti delle istituzioni. Lo sviluppo dei mass media e della pubblicità crearono un nuovo spazio per la propaganda politica. Il primo a trarne vantaggio fu un giovane Silvio Berlusconi: dopo aver creato Telemilano (poi Canale 5), rilevò Rusconi e Mondadori, a cui si unirono rete 4 ed Italia Uno, confluite tutte sotto l’ombrello della Fininvest, compresa la neonata Publitalia. L’intera rete dell’informazione e della comunicazione italiana era ormai un duopolio Rai-Fininvest.

Il crollo del muro di Berlino e delle ideologie sovietiche segnarono la disfatta del Pci evidenziando, sottolinea l’Autore, i limiti di un sistema politico ormai obsoleto e bloccato alle dinamiche della guerra fredda. Formigoni individua nel malessere istituzionale il nuovo motore politico: la decrescente credibilità delle istituzioni lasciò spazio alla crescita esponenziale delle mafie ed alla creazione e l’ascesa delle leghe settentrionali, in particolare la lega Lombarda (poi lega Nord) di Umberto Bossi.

L’inchiesta “Mani Pulite” smantellò l’intero assetto politico e le stragi di mafia eliminarono le più alte figure a tutela della giustizia, primi fra tutti i giudici Falcone e Borsellino: lo Stato perdeva ancora stabilità su più fronti. La moltitudine di indagini per corruzione e tangenti fece crollare un intero sistema politico, lasciando un enorme vuoto che nuovi partiti avrebbero riempito, ed il referendum per il maggioritario secco rappresentò l’ultimo atto di sfiducia nei confronti delle istituzioni. Formigoni nota come l’avvento di Berlusconi nella politica italiana si avvalse di strumenti innovativi: un efficace utilizzo dei mass media e delle trasmissioni televisive, un sapiente uso della propaganda ed una leadership molto personale. La politica estera del paese fu condizionata dai rapporti di amicizia del Presidente del Consiglio con Putin e Gheddafi, compromettendo con quest’ultima la solidità degli interventi italiani durante le primavere arabe.

A livello internazionale, la globalizzazione mostrò il suo lato oscuro con le manifestazioni dei no-global, arrivati da più parti del mondo, durante il G8 di Genova e, più tragicamente, con l’attentato dell’11 settembre alle Torri gemelle, al quale seguì il supporto italiano alle operazioni americane prima contro Al Quaida, poi contro l’Iraq di Hussein. Troviamo poi una ulteriore analisi del malessere istituzionale come motore di mobilitazione popolare e politica, causa prima della nascita del Movimento 5 stelle nel 2007. Manifestazioni di piazza organizzate dal comico Beppe Grillo mobilitarono il malcontento contro la classe politica, definita casta, sfruttando i social media e intuendo l’importanza di strumenti internet come ponte tra elettorato e rappresentanti politici.

Successivamente, la crisi economico-finanziaria mondiale, originata dal collasso del mercato immobiliare americano, comportò un sostanziale peggioramento dell’economia nazionale: lo spread toccò livelli altissimi. Le difficoltà economiche dei paesi europei causarono la crisi dell’euro, poi risolta grazie all’intervento della Bce, presieduta allora da Mario Draghi.

L’Italia ha visto poi il succedersi di numerosi governi di coalizione e tecnici, con altrettante proposte di nuove leggi elettorali. Le storiche difficoltà del Paese nel trovare una stabile continuità politica, evidenziate più volte dall’Autore, sono state confermate anche durante il recente periodo di gestione della crisi pandemica: di qui la scelta del Presidente della Repubblica di affidarsi ad una figura di prestigio internazionale, non appartenente al mondo della politica, quale Mario Draghi.

Formigoni individua le influenze dei cambi di contesto internazionale sulla politica italiana, riuscendo a coglierne le conseguenze politiche, economiche e sociali. Grazie ad un’abile narrazione, il lettore riuscirà a comprendere e riconoscere le anomalie del sistema politico italiano, conquistando così una nuova chiave di lettura per le dinamiche del presente e del passato.

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