Jacopo Marzano è attualmente iscritto al secondo anno del Corso di laurea triennale in Scienze politiche per la sicurezza e le relazioni internazionali dell'Università degli Studi Internazionali di Roma (UNINT).

Recensione a
E. Galli della Loggia, Il tramonto di una nazione. Retroscena della fine
Marsilio, Venezia 2019, pp. 323, €11.00.

Un ritratto, o autoritratto dell’Italia, preciso e realista, talvolta pungete ed amaro. Questo è il volume di Ernesto Galli della Loggia che, attraverso la raccolta di alcuni degli editoriali pubblicati sul “Corriere della Sera”, con minuzia ed attenzione, indaga scrupolosamente molti dei fenomeni storici e politici che hanno portato a quello che lui definisce il «tramonto di una nazione».

Partiamo dal primo. La «innocentizzazione» storica e politica del comunismo: un errore di lettura del passato, il nostro, che gli schieramenti politici di oggi stanno pagando a caro prezzo, una visione univoca e di parte, secondo la quale solo il fascismo ed i fascisti sono stati antidemocratici quando gran parte degli antifascisti non era stata da meno. Il vuoto storico lasciato dal ventennio fascista che, mentre da una parte è stato ed è tuttora una comoda legittimazione per l’esistenza della sinistra, dall’altra ha lasciato la “nuova” destra senza una identità, senza un passato al quale appellarsi, una tradizione alla quale rifarsi ed incapace di trovare una propria narrazione originale del passato.

Il fascismo quindi, secondo Galli della Loggia, è stato il miglior alleato della sinistra che si trovò nel secondo dopoguerra costretta a «campare di antifascismo» pur di trovare una legittimazione negli anni dell’egemonia politica targata Dc. Pertanto lo schieramento politico della prima Repubblica è stato inevitabilmente alterato dal suo passato immediatamente precedente, tale da consegnare la guida del Paese nelle mani della Democrazia cristiana, situata ineluttabilmente al centro.

Secondo fenomeno a cui Galli della Loggia presta particolare attenzione è l’analisi di uno degli eventi più significativi della nostra storia più recente: Tangentopoli. L’inchiesta giudiziaria che vide la caduta di alcuni dei più importanti partiti, il disfacimento della loro struttura, la fine della Prima Repubblica e l’avvento del maggioritario rappresentarono, secondo l’Autore, l’inizio di quella che oggi chiamiamo “antipolitica”. Mani Pulite ha diffuso in abbondanza un sentimento comune di avversione e disprezzo nei confronti della classe politica tutta, una critica aprioristica, quindi distruttiva, che considerava la vita politica e gli uomini politici irrimediabilmente marci. Galli della Loggia propone l’idea che la Seconda Repubblica sia già nata contro la politica e che quindi l’antipolitica non sia che politica di altro segno. Tangentopoli ha significato quindi non solo il disfacimento della vecchia classe dirigente e l’avvento di un nuovo modus cogitandi – l’antipolitica –, che negli anni sarebbe cresciuto sempre più, ma ha dato anche spazio per un attore politico che avrebbe, di lì a poco, cambiato la concezione partitica italiana: Silvio Berlusconi. L’imprenditore lombardo rappresentò una modalità egocentrica di fare politica: il partito incentrato sulla sua figura, sul suo carisma e sulle sue capacità imprenditoriali prima e politiche poi. Da parte del partito nessuna assemblea con vertici elettivi e cariche a tempo, nessuna funzione pedagogica o di formazione dei giovani, bensì una struttura aziendale.

Nel volume si analizza poi nel dettaglio quello che viene definito un «accanimento giudiziario nei confronti di Silvio Berlusconi», chiedendosi più volte se si sia agito per eliminare un nemico politico o se in effetti solo lui, tra molti altri importanti imprenditori, abbia agito al di fuori della legge. Galli della Loggia ipotizza una possibile politicizzazione della magistratura, un tentativo di colpire un soggetto in particolare e non un’azione in linea con i propri doveri costituzionali. L’Autore prende anche in esame le molte evoluzioni della politica e della rappresentazione di questa, dai dibattiti nei talk show alla moda dei sondaggi, dall’utilizzo sempre maggiore degli slogan al ruolo dei social media nella ricerca del consenso, chiedendosi se il fatto che Berlusconi fosse proprietario di una delle maggiori reti televisive abbia, in qualche modo, potuto accelerare il processo di mediatizzazione della politica, il passaggio da logos a pathos del messaggio politico.

Interessante è inoltre l’analisi sul predominio della sinistra per la produzione e circolazione di idee. Secondo l’Autore, dal dopoguerra ad oggi, la sinistra avrebbe conservato una egemonia culturale per la quale negli ambienti più alti dell’attività intellettuale libri, riviste o più semplicemente opinioni contrarie o difformi sarebbero state ostracizzate. Aggiunge che questa posizione egemonica avrebbe contribuito allo sviluppo di due pensieri – o pregiudizi – predominanti: «[…] il primo, che la destra non può che essere qualcosa di radicalmente negativo e ha una natura sostanzialmente estranea o ostile all’ordine costituzionale democratico. Il secondo, l’idea che di conseguenza il sistema politico italiano debba e possa fare stabilmente a meno di un polo politico di destra».

Galli della Loggia si interroga poi sull’idea di progresso e sulla sua politicizzazione. La sinistra, fortemente favorevole al progresso e profondamente convinta dei vantaggi di questo, si scontrerebbe con l’identità “conservatrice” della destra, nella certezza che le due cose non possano coesistere. L’Autore pone quindi l’attenzione sull’importanza di saper conservare la propria identità e le proprie radici anche nel progresso, sulla necessità di avere fondamenta solide per poter costruire, perché solo sapendo da dove si viene e chi si è il progresso può essere una strada percorribile e non un grande punto interrogativo, un senso di spaesamento perenne.

Riguardo ai “conservatori”, ai nostalgici dello Stato, Galli della Loggia aggiunge:

È di destra tutto questo? È di destra volere norme non cervellotiche, controlli efficaci, interessi collettivi tutelati, chiedere attenzione per quanto rappresenta la nostra identità umana e storica, pulire un’atmosfera culturale meno succube delle mode dei tempi? È solo uno sterile rimpianto? Corrisponde alla richiesta di cose delle quali non compete occuparsi a chi governa.

Importante è l’attenzione che il volume dedica all’Unione Europea, che viene quindi analizzata in profondità. Secondo l’Autore, l’Europa sarebbe il frutto di una sottovalutazione della politica, sulla base della convinzione che quest’ultima possa essere rappresentata dall’economia, ma «l’economia non può, da sola, produrre la politica».

Riguardo allo sviluppo della politica economica comune dell’Unione europea, Galli della Loggia analizza come quest’ultima sia inversamente proporzionale alla capacità della classe dirigente italiana di muovere proposte all’interno dei propri programmi. Da quando l’Ue detta le regole in materia economica, la capacità propositiva della politica si è come svuotata, la si trova priva di contenuti e quindi più debole; questo produce non solo un inasprimento del linguaggio e dei rapporti, ma anche un sempre maggiore ricorso al populismo come strumento di coinvolgimento degli elettori.

Importante è la riflessione sulla democrazia di oggi, alla base della quale, secondo l’Autore, ci sarebbe un grande fraintendimento. La democrazia, da espressione del volere e del potere del demos, è ormai identificata «con una sempre più autonoma manifestazione della soggettività». Questo accade, come spiega Galli della Loggia, per via della mancanza di un senso civico comune, di un ethos condiviso dai più. Quel sentimento e quell’ethos un tempo insiti nel cristianesimo o nel patriottismo, valori fondamentali per l’esistenza della democrazia stessa.

Il volume tratta poi il tema della scuola, analizzando alcune delle sue lacune più importanti e la sua incapacità, secondo l’Autore, di trasmettere il dovuto senso di appartenenza agli studenti di ogni ordine e grado che la frequentano. Una scuola che, cedendo alle lusinghe dell’internazionalità, non si accorge che il multiculturalismo ha senso solo se alla base vi è una forte identità propria.

Per ultimo, viene analizzato lo spinoso tema del fondamentalismo islamico. Galli della Loggia si interroga sulla possibilità di un reale dialogo interreligioso come riprova di un impegno reciproco nel contrasto di azioni estreme nel nome di una o l’altra religione. Nel complesso, quella di Galli della Loggia è una coraggiosa, temeraria analisi del nostro Paese che, con onestà intellettuale e schiettezza di giudizio, tiene conto di tutti gli elementi in gioco, non risparmiando niente e nessuno. Solo da una critica senza sconti è possibile agire con efficacia per correggere e rimediare.

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