Carlo Marsonet ha studiato Scienze internazionali e diplomatiche presso l’Università di Genova e l’Università di Bologna, sede di Forlì. È PhD candidate in Politics: History, Theory, Science alla Luiss Guido Carli, Roma. Scrive sul blog della Fondazione Luigi Einaudi e collabora con Mente Politica. Ha pubblicato: Democrazia senza comunità. Il populismo quale reazione collettivistica alla modernità, in «Rivista di politica», n. 3/2018, pp. 59-70.

Recensione a: M. Baglieri, Martha Nussbaum: la fioritura delle capacità, Franco Angeli, Milano, 2022, pp. 172, € 23,00.

In questo lavoro, Mattia Baglieri, dottore di ricerca in scienze politiche presso l’Università di Bologna e “Adjunct Professor” in filosofia politica e filosofia dell’ambiente allo “Spring Hill College” dell’Università dell’Alabama presso la sede di Bologna, si focalizza sulla figura di Martha Nussbaum (1947) in relazione all’approccio delle capacità.

Filosofa a tutto tondo, Nussbaum è ormai pressoché interamente tradotta in lingua italiana ed è dunque conosciuta agli specialisti. Nondimeno, come nota anche Giovanni Giorgini, ordinario di Storia delle dottrine all’Università di Bologna e autore della presentazione al volume, il lavoro di Baglieri ha il pregio di presentare, in modo ragionato e critico, l’intero percorso intellettuale – con riferimento agli studiosi su cui più si è soffermata: dai classici latini e greci, come Aristotele, per passare a J.-J. Rousseau, A. Smith e I. Kant, e poi Th. Paine, J. Bentham e J.S. Mill, per giungere ai contemporanei J. Dewey e J. Rawls – della pensatrice che insegna attualmente “Diritto ed etica” all’Università di Chicago.

Baglieri ha studiato la stessa Nussbaum e Amartya Sen (1933) proprio durante il proprio percorso dottorale e si ben può dire che questo lavoro, insieme al precedente Amartya Sen. Welfare, educazione, capacità per il pensiero politico contemporaneo (Carocci 2019), costituisca il frutto di tale ricerca. I due pensatori sono intimamente legati dal fatto che elaborarono quello che viene chiamato “approccio delle capacità” all’ideale di “vita buona”. L’economista indiano cercò la collaborazione della filosofa di New York proprio per sviluppare tale teoria da un punto di vista più squisitamente filosofico. Tuttavia, i due avrebbero preso strade in parte diverse, come Baglieri si perita di sottolineare.

Per Sen, infatti, non è possibile elencare una lista di “capacità” che devono essere assicurate agli individui affinché si sviluppino appieno: ciò apparirebbe, in effetti, come una contraddizione in termini, giacché ciò limiterebbe la libertà degli individui a una rigida e riduttiva schematizzazione della stessa. Secondo Nussbaum, invece, un ideale di “vita buona” può essere in qualche modo sistematizzato in un elenco di capacità da assicurare a tutti gli esseri umani. Ciò in virtù del fatto che tutti sono dotati di una comune “natura umana”.

In uno dei suoi più recenti lavori – Baglieri considera i lavori di Nussbaum fino a quelli più vicini a noi, degli anni Dieci del Ventunesimo secolo – Creating Capabilities (2011), la filosofa espose una lista di capacità cruciali affinché la libertà degli individui possa dirsi assicurata – Nussbaum parla di «garanzia di questa lista minima di dieci capacità centrali», affinché un regime politico possa dirsi davvero «dignitoso». Si va dalla classica tutela (autenticamente) liberale della vita ai ben più complessi, perché assai difficili da assicurare, punti che riguardano la possibilità di immaginare, usare i sensi, provare emozioni, giocare, ridere e così via. Ora, se come anche Giorgini sostiene, Nussbaum parte da un impianto teorico di stampo liberale, questo poi giunge a ciò che in lingua inglese si definisce “liberalism”, ma che in lingua italiana è un’altra cosa.

Per la pensatrice americana, infatti, si potrebbe forse dire che la libertà è più una liberazione dai vincoli, dai fardelli, dagli stessi limiti che la natura impone all’uomo, che un’esperienza faticosa e insolubile giacché riguarda uomini, appunto, dunque esseri fallibili e imperfetti. In tal senso, centrale risulta l’educazione che, nell’ottica nussbaumiana, non può e non deve rimanere attaccata alle radici o alla tradizione, poiché ritenute costruzioni oppressive – Baglieri riporta a più riprese come una critica particolarmente aspra sia stata da lei rivolta al classico di Allan Bloom La chiusura della mente americana (1987) – bensì deve essere «liberatoria»: l’educazione, insomma, è per Nussbaum «quello che rende gli allievi liberi, capaci di farsi carico del proprio pensiero e di esaminare con occhio critico le norme e le tradizioni della società in cui vivono».

Eppure, come aveva notato Edmund Burke in Lettera a un membro dell’Assemblea nazionale (1791), «gli uomini sono qualificati per la libertà civile in esatta proporzione alla loro disposizione nel mettere catene morali ai propri appetiti» e più si è incapaci di autoimporsi un freno alla propria sete di diritti più un potere esterno crescerà proprio a detrimento della libertà tanto agognata. Vincoli morali autoimposti o catene coercitivamente imposte dall’esterno: la scelta, in fondo, è degli uomini.

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