Giuseppe Lubrino (1990) ha conseguito Laurea Magistrale in Scienze Religiose con indirizzo pedagogico-didattico nel 2017 presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale all’Issr. “G. Duns Scoto” di Nola-Acerra.  Ha discusso una dissertazione scritta dal titolo L’Educazione nel pensiero di Joseph Ratzinger. Una pedagogia del cuore. Attualmente insegna Religione Cattolica presso la Scuola Secondaria di secondo grado: “Iti.Marconi-Galilei” a Torre Annunziata (Na). Appassionato di Teologia biblica, approfondisce i suoi studi sul pensiero e l’opera di J. Ratzinger e sulla paideia cristiana.

Recensione a: S. Grasso, Ma Dio interviene nella storia?, Città Nuova, Roma 2022, pp. 192, € 16,06.

Santi Grasso è un biblista e un docente di Esegesi del Nuovo Testamento in diverse facoltà teologiche italiane tra cui la Santa Croce di Roma. È uno scrittore appassionato di tematiche prettamente bibliche e nel presente testo affronta una questione – a mio avviso – molto attuale e di cruciale importanza al fine di comprendere il processo di scristianizzazione a cui la nostra società è ormai da tempo sottoposta. Oltre ciò, alla luce di una lettura attenta del testo e di una sua corretta comprensione sarà possibile anche comprendere meglio le dinamiche che soggiacciono agli orrori che, talvolta, vengono perpetrati in nome di Dio e, in particolar modo, del Dio della Bibbia. Si fa riferimento in proposito alla recente strage di Altavilla, in Sicilia, consumatasi all’interno della famiglia Barreca.

Il tema dell’opera è il seguente: Dio interviene nella storia? Se sì, in che modo? Perché dinanzi al male e, talvolta, al male più terrificante ed atroce Dio sembra essere assente? A questi fondamentali interrogativi teologici ed esistenziali il professor Grasso tenta di offrire delle risposte a partire da una disamina attenta, puntuale e sistematica degli scritti biblici facendo riferimento agli studi più recenti e aggiornati svolti in campo esegetico e teologico. All’origine della questione vi è la non corretta ricezione e interpretazione del dato biblico che, secondo Grasso, ha attraversato i secoli fino al nostri giorni. Teorie come la retribuzione terrena, il male come causa-effetto delle azioni compiute, il castigo divino sono sopravvissute nei ‘cromosomi’ dell’esperienza credente e nel corso della storia umana hanno dato difatti vita a delle idee distorte di Dio e del suo agire nella storia.

Un altro esempio in tal senso è possibile rinvenirlo anche nella celebre nozione di “Provvidenza”, molto cara ad Alessandro Manzoni. Per il nostro autore tale concetto venne adoperato dal grande romanziere allo scopo di rivolegere una critica alla teologia del suo tempo personificata dal famigerato personaggio di don Abbondio. Secondo l’interpretazione cattolica più comune, invece, la peste in atto nell’Italia di quegli anni sarebbe stato uno “strumento” nelle mani di Dio per colpire i malvagi (don Rodrigo). Tuttavia, spesso si dimentica che durante quella epidemia si sono registrate anche molte vittime innocenti.  Pertanto, tale tesi risulta essere molto controversa e dura da accettare e soprattutto non fondata biblicamente. Sulla base di queste disquisizioni è possibile risalire anche alla nascita e allo sviluppo dell’ateismo moderno che esiste proprio perché i credenti hanno recepito in modo errato e inadeguato i dati della Rivelazione giudeo-cristiana. Sulla base di questa prospettiva, si prosegue nel testo la trattazione circa l’operatività di Dio nella storia umana e si pone in evidenza come – ad esempio – già nell’istituzione dello Shabbat in Genesi 2,2-4a è possibile rintracciare il modo in cui Dio interviene e agisce all’interno delle trame ordite della storia umana. Si legga quanto afferma Grasso:

L’atteggiamento di astensione da parte di Dio è una costante della storia e mette in risalto l’azione umana. Attraverso di essa si avrà il compimento dell’agire divino nel prosieguo della vicenda storica. Nel cosmo è l’essere umano ad agire, perché Dio si astiene, si mette da parte, pone un limite alla propria capacità di dominio e di potenza, delegando il proprio potere agli umani (p. 23).

L’istituzione del giorno sacro non indica tanto il fatto che Dio si riposa perché è stanco della fatica, quanto vuole, piuttosto, indicare ai lettori di tutti i tempi che Dio, dando origine e senso al Creato e all’esistenza umana, affida all’umanità il compito di portare avanti la vita e di custodire lo stesso Creato. La coppia uomo-donna divengono i luogotenenti di Dio. D’ora in poi devono esercitare la propria libertà con responsabilità. Dio ha portato a compimento la sua opera. A questo punto si mette dietro le quinte, si “astiene”, lasciando agli esseri umani ‘campo libero’.

Proseguendo nella trattazione Grasso si sofferma anche sul tema delle piaghe in Egitto riportato dal Libro dell’Esodo (cc. 7-12). Tale celebre episodio sembra palesare, ad una lettura superficiale dei testi, chiaramente l’immagine di un Dio vendicativo che per liberare il suo popolo ricatta e tortura il popolo avversario. Tuttavia, si pone in evidenza come l’intero racconto dell’Esodo abbia finalità prettamente teologiche e soteriologiche: le piaghe indicano che l’azione di Dio si compie nell’ordinario della vita e che pertanto all’epoca dei fatti concernenti l’Esodo vi fu un chiaro confronto/scontro tra la religione di Jahvè e la religione degli Egizi. Inoltre, dalla prima “piaga” è possibile comprendere che le altre successive sono una concausa della prima e che tali fenomeni atmosferici e naturali erano ricorrenti in Egitto a quei tempi. Tutti questi elementi non autorizzano a rigettare il testo o a ritenerlo non autentico ma bensì costituiscono indicazioni preziose ai fini di captare la modalità con cui Dio opera e agisce all’interno delle dinamiche delle vicende umane.

Parimenti, nel ciclo del profeta Elia (cfr. 1Re cc. 17-21; 2Re cc. 1-2.) è possibile individuare come la Parola di Dio consente ad Elia di compiere un itinerario di crescita e maturazione nella fede notevole. In un primo momento, infatti, il celebre profeta pieno di zelo per la causa di Jahvè si contrappone al culto di Baal, promosso dalla regina straniera Gazabele e permesso dal re, suo marito Acab. Tuttavia, Elia prende l’iniziativa da sé, sfida i profeti di Baal al fine di mostrare la gloria di Jahvè e li mette in ridicolo davanti a tutto il popolo. Al termine di tale ordalia Elia ordina e compie egli stesso il massacro di una moltitudine di fedeli legati al culto di Baal. Tale avvenimento, però, lo metterà in crisi con sé stesso al punto di desiderare di morire e lo esporrà al pericolo di morte per una possibile vendetta della regina. In tale circostanza il profeta fa una particolare esperienza di Jahvè che gli si rivela, non nel modo in cui si aspetta ma in maniera sorprendente e inaspettata. Elia benché motivato e supportato da una idea giusta: preservare la fede in Dio contro i falsi idoli, agendo di impulso pecca di presunzione e arroganza, commettendo un crimine orribile a cui conducono tutte le forme di fondamentalismo esistenti. Dopodiché Elia si inoltra nel deserto (luogo per eccellenza di introspezione, formazione ed educazione dello spirito) per quaranta giorni i quali indicano nella Bibbia un periodo di formazione alla scuola della Parola di Dio. Gli elementi di tale narrazione aiutano a cogliere come sia delicato e complesso il tema dell’agire divino all’interno della storia umana. Inoltre è possibile intercettare come Dio si mostri e agisca con una pedagogia rivelativa attenta, graduale e sorprendente al punto da sovvertire le idee distorte che di Lui, l’uomo di ogni tempo, si può fare e di fatto si fa. Si legga la pericope della teofania:

Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Elia?» (cfr. 1Re 19,11-13).

Elia vide, udì e incontrò Dio nel silenzio. Il Dio della vita non si manifesta con prodigi portentosi né utilizza a suo favore le forze degli elementi della natura, ma nella brezza impercettibile di un sussurro leggero Egli si disvela. Tale rivelazione ricorda molto la modalità con cui Dio si è mostrato pienamente e definitivamente in Gesù di Nazareth e aiuta a comprendere e a penetrare a fondo la logica della croce: da uno strumento di tortura, morte, fallimento e distruzione, Dio ne ha fatto un simbolo di salvezza. La logica dell’incarnazione ha di fatto sovvertito la concezione anticotestamentaria del modo in cui Dio interviene e agisce nella storia, ha abolito la visione quasi meccanicistica di causa-effetto, peccato-punizione di Dio verso l’umanità. Gesù, infatti, con il suo essere e il suo agire ha dato compimento alle Scritture ebraiche e al contempo le ha trascese in quanto con la sua esistenza terrena Egli ha accettato l’ambiguità e l’ambivalenza della vita. In tale modo Gesù ha insegnato la vita nello Spirito Santo che consiste nel rendersi adeguati ad essere degli “strumenti” nelle mani di Dio affinché Egli possa orientare la storia e il suo divenire al bene e ciò alla luce degli insegnamenti della sua Parola.

Pertanto, in definitiva, ci si può chiedere Dio interviene nella storia? Si, il Dio della Rivelazione giudeo-cristiana è presente e operante all’interno delle trame intricate della storia umana ma non in maniera appariscente e portentosa, quanto piuttosto  nel nascondimento della logica dell’incarnazione e della croce. Per i cristiani l’Antico Testamento preserva tutto quanto il suo inestimabile valore pedagogico e educativo ma necessita di essere letto ed interpretato alla luce di un’ermeneutica cristologica. In tal senso – ad esempio – si potrà comprendere anche come le “guerre di Jahvè” più che essere delle descrizioni accurate e dettagliate di vicende belliche concernenti l’antico Israele siano, invece, dei veri e propri espedienti letterari attraverso cui la scuola redazionale deuteronomista vuole suscitare nel popolo di Israele il senso della patria e la nostalgia della terra promessa affinché il popolo in esilio in Babilonia possa mantenersi fedele all’alleanza sinaitica e preservare la sua identità. La lettura di queste pagine costituisce un itinerario di riflessione e conoscenza approfondita della narrazione biblica capace di disvelare il senso di molte delle pagine oscure della Sacra Scrittura ciò ai fini di una comprensione più nitida e matura della Parola di Dio e del suo modo di essere e di agire all’interno della comunità umana.

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