Giuseppe Lubrino (1990) ha conseguito Laurea Magistrale in Scienze Religiose con indirizzo pedagogico-didattico nel 2017 presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale all’Issr. “G. Duns Scoto” di Nola-Acerra.  Ha discusso una dissertazione scritta dal titolo L’Educazione nel pensiero di Joseph Ratzinger. Una pedagogia del cuore. Attualmente insegna Religione Cattolica presso la Scuola Secondaria di secondo grado: “Iti.Marconi-Galilei” a Torre Annunziata (Na). Appassionato di Teologia biblica, approfondisce i suoi studi sul pensiero e l’opera di J. Ratzinger e sulla paideia cristiana.

«Non è il vivere da tenere in massimo conto, ma il vivere bene… E il vivere bene è lo stesso che il vivere con virtù e giustizia» (Platone, Critone, 40 B).

«Quindi, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri» (San Paolo di Tarso, Epistola ai Filippesi, 4,8).

Queste due citazioni si richiamano vicendevolmente pur se distanti nel tempo. Il Cristianesimo ha raccolto la parte migliore dello spirito greco e ha premiato di sé l’intera cultura occidentale. In merito al tema che da diversi giorni domina la scena del dibattito culturale odierno: la violenza sulle donne e l’educazione all’affettività, volevo anche io dire la mia a partire da una prospettiva cristiana del reale. Si è parlato di patriarcato e cultura maschilista e dell’esigenza di annettere una nuova disciplina all’interno delle scuole di ogni ordine e grado al fine di formare e informare i discenti sull’affettività e sull’importanza di instaurare delle relazioni sane e volte al benessere psicofisico e sociale della persona. Essendo un docente di Religione Cattolica, presso una scuola secondaria di secondo grado di Torre Annunziata, in provincia di Napoli, ogni giorno ho il privilegio di stare in contatto con i ragazzi e le ragazze del corso di produzione tessile e sartoriale made in Italy. Tale privilegio mi consente, non poche volte, di pormi in ascolto dei bisogni e dei problemi che caratterizzano la vita delle mie alunne e posso dire che oggi – forse come non mai – c’è bisogno all’interno della scuola italiana di essere ben formati circa l’empatia che si rende necessaria e indispensabile per poter creare un ambiente di apprendimento adatto e volto alla crescita interiore e globale degli alunni. Inoltre, ogni anno è mia premura attivare dei moduli disciplinari che hanno per oggetto, appunto, il tema dell’interiorità, della conoscenza del sé, delle emozioni e della gestione dei conflitti. Ritengo tali temi di capitale importanza per iniziare un percorso culturale che abbia di mira l’obbiettivo di illustrare agli allievi il patrimonio artistico, letterario e culturale che il Cristianesimo ha portato nel nostro paese e nella cultura mondiale in generale. Conoscersi è un passo fondamentale per imparare a compiere delle scelte mature, consapevoli e responsabili e la scuola è il luogo privilegiato entro cui occorre offrire ai giovani degli orientamenti atti a renderli dei cittadini consapevoli e attivi in merito ai diritti e ai doveri che regolano la convivenza civile.

Detto questo, va aggiunto che non di rado scorgo nei giovani confusione in merito al tema della violenza e mi spiego. Si assiste ad un certo attivismo contro la violenza sulle donne, di genere e contro ogni forma di discriminazione. Parimenti e, basta sbirciare sui social per rendersene conto, si può facilmente notare che molte ragazze sono attratte da un determinato prototipo di ragazzo/uomo che magari incarna atteggiamenti e stili di vita non propriamente raccomandabili. Una vera e propria cultura del “malessere” si fa strada nel cuore e nella mente di tanti giovani e nessuno sembra che ne pone in evidenza i rischi i pericoli di una simile deriva culturale a antropologica. Praticamente seguendo, inseguendo e desiderando tali modelli e prototipi si insinua nei più il fascino del male. Queste figure e profili che, da un’attenta disamina corrispondono all’identikit del criminale stile Vallanzasca diventano dei veri e propri oggetti di culto tra le teenager e non solo. Sulla base di queste acquisizioni mi chiedo quale strada intraprendere? In Italia i casi di violenza, di femminicidio e di discriminazione sono in ampia crescita ma al contempo televisione, serie TV e cinema quali prototipi propongono con una certa disinvoltura al grande pubblico? Un esempio calzante in tale contesto è la celebre serie TV Mare Fuori tra le più viste e seguite in Italia e, in particolar modo, da spettatori giovani. I beniamini della fiction incarnano personaggi non del tutto degni di lode e ciò a prescindere dal messaggio positivo che la serie vuole trasmettere. Non è mia intenzione apparire come il “bigotto” di turno, fondamentalista e quanto altro, ma se i casi di violenza sulle donne sono in aumento, ritengo che le cause non siano da ricercarsi esclusivamente nel dato di fatto che, siamo reduci di una cultura patriarcale e maschilista.  Le cause, piuttosto, di tale fenomeno in espansione vanno ricercate anche tra la cultura e formazione che concerne il gentil sesso. Molte relazioni tossiche vengono portate avanti con ostinazione da molte ragazze solo perché il ragazzo di cui si sono infatuate rispecchia determinati canoni di bellezza e prestanza fisica. E tali casi, il più delle volte, sfociano poi in delle vere e proprie tragedie come il recente caso di cronaca inerente la giovane Giulia Cecchetin. Occorre evitare gli estremismi quando si cerca di trovare una soluzione a delle problematiche e imparare a stare nella complessità che sempre caratterizza la realtà. Detto questo, può risultare utile ‘rispolverare’ l’etica all’interno della scuola: riscoprire Dante, Leopardi, Manzoni. Riprendere e attualizzare la storia del pensiero circa le virtù che disciplinano e orientano l’agire umano. Molti giovani sono completamente a digiuno circa queste tematiche e riproporle con cognizione di causa mi pare possa essere molto efficace.

Il noto sociologo Edgar Morin nella sua celebre opera intitolata I sette saperi necessari all’educazione per il futuro sottolinea l’urgenza di recuperare e riorganizzare la conoscenza per offrire itinerari educativi non frammentari ma unitari. Tra le tematiche imminenti concernenti il ripensare la scuola spicca l’esigenza di puntare sull’empatia e fare apprendere ai discenti l’importanza della comprensione ai fini di acquisire la capacità di tessere relazioni sane e costruttive e apprendere la resilienza (capacità di reggere gli urti per una crescita matura e responsabile. Egli, peraltro, afferma quanto segue:

La reciproca comprensione fra umani, sia prossimi che lontani, è ormai vitale affinché le relazioni umane escano dal loro stato barbaro di incomprensione […]. Di qui la necessità di studiare l’incomprensione, nelle sue radici, nelle sue modalità e nei suoi effetti. Tale studio sarebbe tanto più importante in quanto verterebbe non sui sintomi, ma sulle radici dei razzismi, delle xenofobie, delle forme di disprezzo. Costituirebbe nello stesso tempo una delle basi più sicure dell’educazione alla pace.

Pertanto, informare correttamente e formare autenticamente i ragazzi circa i temi emergenti che caratterizzano l’attualità del contesto socio-culturale in cui si è inseriti diventa all’interno della scuola un’azione indispensabile e prioritaria. Educare all’affettività significa essere in grado di offrire ai giovani dei paradigmi differenti da quelli imperanti nella cultura dominante. Urge far comprendere loro che esiste una prospettiva differente di immaginare la realtà così come, invece, erroneamente talvolta essa le è proposta o addirittura velatamente imposta dai social, dalla TV e dai vari canali di comunicazione che puntano più sul marketing che sui contenuti di ciò che propongono.

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