Carlo Marsonet ha studiato Scienze internazionali e diplomatiche presso l’Università di Genova e l’Università di Bologna, sede di Forlì. È PhD candidate in Politics: History, Theory, Science alla Luiss Guido Carli, Roma. Scrive sul blog della Fondazione Luigi Einaudi e collabora con Mente Politica. Ha pubblicato: Democrazia senza comunità. Il populismo quale reazione collettivistica alla modernità, in «Rivista di politica», n. 3/2018, pp. 59-70.

Recensione a
D. Hume, Scritti satirici
a cura di S. Pupo
Editoriale Jouvence, Sesto San Giovanni (MI) 2020, pp. 146, €12,00.

Da poco usciti per l’editore Jouvence, gli Scritti satirici sono l’ultima opera proposta in lingua italiana del pensatore scozzese grazie alla cura di Spartaco Pupo. Esperto affermato di David Hume (1711-1776), oltre che studioso del conservatorismo politico moderno e contemporaneo e autore di un ultimo imponente lavoro sullo scetticismo politico (Lo scetticismo politico. Storia di una dottrina dagli antichi ai giorni nostri, Mimesis, 2020), lo storico del pensiero politico calabrese, grazie a questa importante operazione intellettuale, rende merito allo Hume “uomo di lettere”. Dotato di uno stile letterario «brioso e frizzante» e di una retorica «ironica, sempre bonaria e intelligente, mai mordace e sprezzante», Pupo per mezzo di questi scritti conferma ancora una volta quanto lo scozzese sia caratterizzato da una sensibilità che si può definire “conservatorismo scettico”. Anzi, anticipando di qualche decennio Edmund Burke, può essere considerato il vero anticipatore del conservatorismo politico.

Gli scritti inclusi in questa raccolta sono tre, preceduti da un ponderoso scritto di Pupo (Liberali, giacobiti e mercenari nella Scozia del ‘700: David Hume e la satira politica). I primi due risalgono entrambi al 1750 e sono pubblicati per la prima volta in italiano: Petizione dei pazienti di Westminster contro James Fraser lo speziale e Petizione dei rispettabili e venerabili campanari della Chiesa di Scozia all’Onorevole Camera dei Comuni. Il terzo, invece, Storia del caso Margaret, detta Peg, unica sorella legittima di John Bull, meglio noto come Sorella Peg, è stato composto nel 1760.

Tornato nel 1749 in Scozia, dopo un triennio trascorso in Inghilterra al seguito del generale St. Clair, Hume si stabilì presso il borgo natale di Ninewells. È in questo periodo che emerge con nettezza la vena letteraria ironica del pensatore. Conclusi nel 1750 la Ricerca sui principi della morale, egli pensava a un’opera sulla religione. Da agnostico scettico, ma moderato, Hume tendava a sminuire la fede nei miracoli e i poteri dei preti. In questo solco si situa il primo scritto, dedicato a James Fraser, uno speziale di fede giacobita, settario e fanatico. Da buon scettico quale era Hume, ogni tipo di dogmatismo fanatico non poteva che essere da egli rifiutato. È nota, ad esempio, la querelle tra lo stesso scozzese e Jean-Jacques Rousseau, riproposta da Pupo nel 2017 dopo la prima e l’ultima pubblicazione in lingua italiana nel 1767 (Contro Rousseau, a cura di Spartaco Pupo, Bietti). Tanto pacato e moderato, conviviale e incline alla conversazione e al compromesso era Hume, quanto intransigente e irascibile, radicale, scontroso e bilioso era Rousseau.

Fraser era uomo politico fanatico, tratto come detto poco apprezzato da Hume, e di fede giacobita, alla quale lo scozzese dedicò già prima un pamphlet in seguito all’insurrezione giacobita occupante Edimburgo nel 1745. In tale caso, l’autore del Trattato sulla natura umana aveva mantenuto un giudizio imparziale e narrativo dei fatti. In questo secondo caso, per contro, Hume pensò di scrivere un opuscolo per tentare di guarire dal suo fanatismo Fraser, che aveva conosciuto durante a una spedizione militare a Lorient nel 1746. Il piano di Hume prevedeva che, dopo aver inviato all’amico colonnello Abercromby una lettera in cui si denunciava il fanatismo di Fraser, venisse a questi letta. In seguito, sempre ad opera di Abercromby spettava la discrezione di far stampare o meno – e che non è dato sapere se sia stato pubblicato davvero – l’opuscolo scherzoso dedicato a Fraser. Con l’occasione, inoltre, Hume si permetteva anche di parodiare tre esponenti del partito Whig, ovvero Thomas Pelham-Holles, Duca di Newcastle, Henry Fox, barone Holland e William Pitt il Vecchio, futuro lord Chatam, leader dei liberali. Nel testo Fraser viene assimilato a tali politici, descritti come «medici legali e laureati» in grado di prescrivere qualsivoglia tipo di rimedio contro ogni genere di malattia. L’allusione, nota Pupo, non è casuale, giacché a Hume, da conservatore scettico, era invisa quella presunzione, tipica di politici dogmatici e razionalisti, di disporre di cure universali e propinare miracolose panacee per tutti i mali. Un tratto tipicamente humeano, questo, già indagato da Pupo nell’introduzione all’edizione italiana da lui curata degli scritti politici dello scozzese (Libertà e moderazione. Scritti politici, traduzione, introduzione e note a cura di Spartaco Pupo, Rubbettino 2016) e da poco ripreso ed esteso in una monografia dedicata al conservatorismo scettico di Hume (David Hume. The Sceptical Conservative, Mimesis, 2020). Contrapposto a un approccio razionalistico e dogmatico, che potremmo definire ideologico, seppure Hume non disponesse ancora di questo termine, lo scozzese sviluppò un’attitudine mai prescrittiva e metafisica, ma sempre prudenziale, empirica e pragmatica, definibile appunto come conservatorismo scettico.

La seconda satira della raccolta, Petizione dei rispettabili e venerabili campanari della Chiesa di Scozia all’Onorevole Camera dei Comuni, è permeata dalla sua avversione per la Chiesa, autobiograficamente motivabile. Da rammentare, infatti, che tanto nel 1744, per la cattedra di Etica e Filosofia pneumatica all’Università di Edimburgo, quanto nel 1751, per l’insegnamento di Filosofia morale all’Università di Glasgow, la sua candidatura venne rifiutata a causa dell’opposizione del clero. Non essendosi mai preso alcuna rivincita, tale opera anonima andò in qualche modo in questa direzione. Secondo l’autore della Ricerca sull’intelletto umano religione e politica andavano inevitabilmente e mescolarsi. Gli interessi spirituali erano, insomma, affaccendati con quelli temporali. Il caso volle che tra il 1746 e il 1747 che la Chiesa di Scozia chiedesse al Parlamento un aumento degli stipendi dei propri ministri in sinergia con i maestri di scuola. Nella petizione Hume canzonò preti e maestri affermando, in fondo, che allora anche campanari e becchini avessero diritto alle stesse pretese. Alla fine, nel 1750, l’istanza fallì, dimostrando quanto Hume fosse in grado di influenzare l’opinione pubblica del suo Paese. Da notare lo pseudonimo impiegato dallo scozzese per firmarsi: “Zorobabele MacGilchrist, campanaro di Buckhaven”. Figura centrale, “Zorobabele”, nella mitologia massonica dell’epoca, il suo utilizzo potrebbe far pensare che Hume fosse un massone. Nondimeno, osserva Pupo, non vi sono sufficienti prove per suffragare una tale tesi. È comunque interessante notare come Hume condividesse interessi tipici della massoneria, quali lo sviluppo della conoscenza, delle arti e la promozione della libertà, e frequentasse gli stessi club e caffè dei massoni dell’epoca, accomunati dal desiderio di un rinnovamento culturale della Scozia, descritta, riporta Pupo, come «la più rozza, forse, di tutte le nazioni europee», oltre che «la più misera, la più turbolenta e la più disorganizzata».

Il terzo ed ultimo testo, infine, uscì anch’esso in forma anonima. Sorella Peg apparteneva al genere letterario dell’ “imitazione”, ovvero una riconfigurazione di testuale di un’opera di narrativa precedente. Nella fattispecie, Hume riprese l’opera di John Arbuthnot The History of John Bull (1712). Il personaggio di Peg, in sostanza, non fu creato da Hume, giacché Arbuthnot, nell’acceso dibattito dell’epoca tra quelli che si dichiaravano a favore e contro la fine della guerra di successione spagnola, aveva narrato in satira allegorica le relazioni tra l’Inghilterra, rappresentata dal personaggio di “John Bull of Bull-hall”, la Scozia, nelle sembianze di “Sister Peg of Thistledown”, e altre nazioni europee. Con tale satira Hume voleva sollecitare l’opinione pubblica sui problemi dell’attualità politica e, in effetti, vi riuscì. All’interno dei club di Edimburgo si discettava della necessità di creare una milizia costituita non da mercenari, bensì da cittadini, in modo tale da risvegliare quel civismo che potesse vivificare autonomia e coesione della Scozia, nonché spirito di sacrificio, coraggio e senso del dovere. E nel 1760 venne presentata una proposta di legge volta alla creazione di una milizia cittadina al posto dell’esercito permanente. Hume desiderava che la Scozia creasse una sua milizia e, attraverso Peg, che funge da portavoce della Scozia, fa capire come il Paese sia ancora concepito come partner subalterno e ritenuto inferiore dall’Inghilterra. Non solo la critica humeana è riversata nei riguardi del concetto di esercito permanente, a favore invece della milizia di cittadini, bensì, ancora una volta – si ricorderà la satira rivolta a James Fraser accomunato ai Whig – nei confronti del partito liberale, i cui ministri avevano voluto un esercito di mercenari. Così, nuovamente Pupo – come anche nella monografia sul conservatorismo scettico di Hume già citato – sfata il mito che vorrebbe lo scozzese non solo un liberale ma anche un pensatore vicino a tale partito.

Per concludere, paiono un’ottima chiosa le parole del curatore dell’opera, Spartaco Pupo: le opere scherzose di Hume «forniscono un’analisi spietata di uno spaccato importante della vita pubblica della Gran Bretagna degli anni Cinquanta e Sessanta del Settecento che è imprescindibile ai fini dell’interpretazione del realismo satirico di Hume derivante dal suo sguardo scettico al mondo della politica e a quelli che usualmente lo abitano. Esse offrono non solo uno strumento di comprensione della politica pratica, delle contraddittorie manifestazioni del potere e di certe sue buffe esibizioni dentro e fuori i confini nazionali, ma anche un invito a non prendere troppo sul serio lo scontro politico, specialmente quando si accende per l’interesse vivo di lobby, fazioni e sette, per l’ambizione di leader senza scrupoli o l’entusiasmo di fanatici e facinorosi, le cui motivazioni sono spesso verbalizzate in una retorica moralista fine a se stessa». Hume e il suo approccio conservatore scettico alla vita e alle faccende politiche, con la sua ironia, la sua umiltà e il suo delicato invito, in fondo, a non prendersi troppo sul serio, hanno ancora molto da insegnare.

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