Stefano Berni (1960) è docente di Filosofia e scienze umane nei licei. È stato professore a contratto presso la cattedra di Filosofia del diritto dell’Università di Siena, assegnista e dottore di ricerca. È tra i fondatori e nel comitato scientifico della rivista “Officine filosofiche” dell’Università di Bologna e Presidente della Società Filosofica Italiana di Prato. Le sue ultime pubblicazioni sono: Potere e capitalismo. Filosofie critiche del politico (Pisa 2018); Etiche del sé. Foucault e i Greci (Firenze 2021); L'alchimia del potere. La filosofia politica di Hannah Arendt (con Antonio Camerano; Milano 2022).

Sempre più parole di origine greca e latina rimbalzano e ritornano nel vocabolario italiano trasformate semanticamente dall’uso anglosassone. Pensiamo ai termini: rumore, realizzare, popolare; spesso tradotti in modo letterale per agevolare la finzione parlata dai doppiatori delle serie tv e dei film. I rumors diventano rumori per indicare non più dei suoni ma delle voci; realizzare non significa più costruire ma diventa, dall’inglese to realize, accorgersi, rendersi conto: popolare non è più qualcosa che indica il ceto medio basso, di livello infimo, ma diventa: famoso, conosciuto; e potremmo continuare.

Anche il termine visionario è sempre più utilizzato nel nostro lessico riprendendo il significato inglese. Per noi il termine “visionario” era colui che vedeva cose, fatti o eventi che non esistono. Pertanto esso indicava una percezione distorta della realtà. Un visionario è considerato un pazzo, è un essere che non appartiene al presente in cui vive. Il cinema, la letteratura, la società dello spettacolo proveniente dagli Stati Uniti hanno trasformato il significato del termine in qualcuno dotato di fantasia, immaginazione, creatività, il quale riesce a percepire mondi alternativi da proporre o come colui che riesce a pre-vedere, prima degli altri, il futuro, ciò che accadrà. Dato che gli individui sono sempre meno capaci di immaginazione, per una serie di ragioni che qui non posso esporre, ci si affida sempre più spesso a professionisti della previsione.

Si potrebbe cercare di capire chi è questo tipo di visionario utilizzando la psicologia e il mito. Spesso le due discipline sono collegate: pensiamo alla psicoanalisi, in particolare a Jung. Diversamente da Freud, lo psicoanalista svizzero pensava che i sogni fossero delle aspettative, delle anticipazioni rispetto al futuro. I sogni pre-monitori immaginano l’azione, vivendola nel sogno, preparandoci così ad un possibile evento. Il problema è che la realtà è molto complessa e gli eventi si modificano continuamente, cosicché uno pensa di aver fatto un sogno premonitore solo se ciò che ha sognato accadrà davvero. Su migliaia di sogni che facciamo ogni giorno e che credono di anticipare l’evento, solo alcuni si realizzeranno. Dunque la realtà seleziona i nostri sogni ma noi, esseri egocentrici, pensiamo a posteriori che l’evento sarebbe necessariamente accaduto. Facciamo un esempio: cento persone prendono un aereo, cinquanta di questi si ricordano di averlo sognato la notte precedente, venticinque hanno sognato di viaggiare in aereo perché preoccupati. Alcuni hanno sognato che l’aereo cambierà rotta, altri che sobbalzerà, altri ancora che perderanno la coincidenza, altri che precipiterà. Se l’aereo, il giorno dopo, sobbalzerà veramente, quelli che lo hanno sognato, penseranno di avere fatto un sogno premonitore; se l’aereo arriverà in ritardo solo quelli che hanno fatto quel sogno lo penseranno, e così via. È l’evento reale che deciderà chi ha fatto un sogno premonitore, e selezionerà post factum il soggetto: in realtà è stato solo una coincidenza tra i sogni di qualcuno di noi e ciò che effettivamente è successo.

Per rimanere sull’esempio catastrofico, quelli che escono da un tragico disastro, esultano al miracolo e ringraziano il Signore. Ma che miracolo! È stato un caso se ha scelto te e non un altro; certo per te è stata una bella fortuna ma non è che un Dio per salvare te ha ammazzato gli altri cento. Tutti noi proviamo a immaginare il futuro sulla base delle nostre conoscenze e aspettative, ma poi come il futuro andrà, dipende da milioni di fatti e azioni che non possono essere previsti a priori. E allora chi di noi avrà sognato un mondo che fortuitamente si realizzerà, solo quello, a posteriori, sarà preso per visionario o genio dell’immaginazione.

C’è un famoso mito greco che può suggerirci ancora qualche riflessione: il mito di Cassandra. Cassandra, figlia di Priamo re di Troia, cadeva in una sorta di trance, tanto che appariva ai più una pazza, e profetizzava le sciagure a cui nessuno credeva ma che regolarmente si realizzavano. Era certamente una visionaria, anticipò il futuro più volte, ma aveva subìto un incantesimo che non le permetteva di esser creduta neanche dopo averne azzeccate alcune. Nessuno le voleva credere perché, per i Greci, il fato non si può modificare, e gli dei hanno deciso per noi. Ecco, Cassandra è un archetipo del visionario: coloro che riescono a immaginare veramente quello che accadrà non sono creduti perché, se lo fossero e riuscissero a convincere gli altri, cambierebbero la storia e non potrebbero dimostrare di aver alcun potere di previsione. Proprio il fatto di non essere capiti e ascoltati li rende dei visionari e solo il futuro deciderà a posteriori se il visionario era un personaggio credibile.

Anche Prometeo (il “pre-vidente”) aveva la facoltà di anticipare il tempo e comprese l’importanza del fuoco, la prima tecnologia umana, rubandola agli Dei e donandola all’uomo. Con lui nasce la civiltà occidentale e oggi ci fidiamo più di Prometeo che di Cassandra: non vogliamo accettare gli Apocalittici (così li chiamava Umberto Eco), i catastrofisti, i narratori di sventure sulla fine del mondo e la distruzione della natura e i problemi ecologici. È più facile credere ai vari prometei (gli Integrati) che pro-mettono nuove tecnologie sempre più sofisticate in grado di trasformare radicalmente il mondo e gli uomini. Anche perché, se andrà male, non potremo riconoscere il merito ai profeti di sventura.

Certo, colui che ha indovinato può avere delle indubbie doti di razionalità e immaginazione che altri non possiedono. Dopo che la storia è accaduta, è facile pensare che doveva andare proprio in quel modo; ma prima che gli eventi accadano non è ovviamente possibile indovinare facilmente, anche perché, per la nota legge di Heisenberg applicata alla storia, la stessa previsione può modificare gli eventi in corso. Facciamo un esempio semplice: Marx aveva previsto che il comunismo (un’idea visionaria, utopica, per alcuni distopica) si sarebbe realizzato nei paesi più avanzati dell’Occidente, che sfruttavano i proletari facendoli lavorare alle macchine. Come hanno risposto i capitalisti di fronte a questa previsione? Perché ciò non avvenisse, hanno concesso delle riforme che hanno deviato il corso dialettico e razionale della storia. Laddove non sono stati lungimiranti, non concedendo le riforme come nel caso dello zar di Russia, si sono infatti ritrovati in casa il comunismo. La previsione di Marx ha confutato la sua stessa previsione!

Altri esempi di visionari che falliscono: l’invenzione del diesel da parte dell’ingegnere tedesco Diesel doveva essere un progetto, per l’autore, ecologico e che avrebbe cambiato il modo di vivere e viaggiare. Ma il brevetto fu acquistato da altri e la previsione di Diesel si rivelò fallimentare e la sua idea è stata utilizzata per inquinare mezzo mondo.

Ci sono poi anche quei visionari che hanno deciso loro stessi di fallire perché troppo più avanti eticamente delle loro stesse scoperte o invenzioni. Pensiamo al noto caso del matematico Ettore Majorana che aveva scoperto la possibilità di inventare la bomba atomica. Scomparve improvvisamente, e Leonardo Sciascia racconta che abbia scelto di scomparire proprio per non essere la causa di un’invenzione così tremenda e distruttrice. Un po’ come se Prometeo avesse riportato il fuoco agli dei e avesse lasciato a Hermes il compito di insegnare agli uomini soltanto il sentimento di giustizia.

Insomma, ogni individuo è spesso riconosciuto come un visionario sulla base delle aspettative stesse del gruppo di appartenenza, altrimenti cade nell’oblio. Pensiamo a Mendel, un oscuro monaco che viveva lontano dalla città e scoprì le leggi dell’ereditarietà a metà del XIX secolo. Nessuno lo prese in considerazione, morì semisconosciuto, e sarebbero potuti passare centinaia di anni se alcuni scienziati inglesi, cinquant’anni dopo, non avessero accertato che Mendel aveva ragione.

Ancora più eclatanti e straordinari i filosofi e fisici greci come Democrito il quale aveva dedotto razionalmente l’esistenza del vuoto, ma solo duemila anni dopo, con Torricelli, ne fu sperimentata l’esistenza; o Aristarco che aveva già dimostrato il movimento della terra ma per motivi socio-politici non fu mai ascoltato fino a Copernico e Galileo. Lo stesso scienziato pisano all’inizio era considerato uno stregone, un astrologo, un mago, un ciarlatano ma fortunatamente i tempi erano ormai maturi perché le sue teorie venissero accettate dalla società. E Bruno? Che fu arso vivo sul rogo perché sosteneva l’infinità dei mondi e la possibile presenza di alieni nell’universo? Quanti visionari ci sono o ci sono stati ma non hanno avuto il credito del pubblico?

Certo, se per visionari intendiamo i futurologi, coloro i quali hanno provato a prevedere la società del futuro, abbiamo numerosi esempi anche tra gli scrittori. Pensiamo a Verne, ad Asimov, a Philip Dick. Di quest’ultimo, da uno dei suoi romanzi fu tratto il film Blade Runner in cui si supponeva che degli androidi, ormai del tutto simili all’uomo, avrebbero voluto vivere, avere gli stessi diritti e amare come l’uomo. Con i passi enormi dell’informatica, della cibernetica e della robotica tale scenario sembra ormai del tutto realizzabile. Non sarà lontano il giorno in cui potremo sposarci con un bell’androide, Adamo, fatto su misura per la sua Eva.

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