Lavinia Peluso (1996) ha conseguito la laurea magistrale con lode in Filosofia all'Università di Pisa nel 2020 discutendo una tesi dedicata al significato della temperanza nelle Leggi di Platone. Attualmente svolge il Dottorato di ricerca in "Scienze della cultura", curriculum Filosofia, presso la Fondazione Collegio San Carlo di Modena, e si occupa di una ricerca destinata a chiarire l'influenza della democrazia ateniese sui dialoghi politici platonici, con particolare riferimento alle Leggi.

Recensione a
F. Trabattoni, La filosofia di Platone. Verità e ragione umana
Carocci, Roma 2020, pp. 368, €27.00.

La vastità di riflessioni a cui apre la figura di Platone prende avvio già dal nome del filosofo. Diogene Laerzio, storico e biografo dei filosofi dell’antichità, ci racconta che il padre decise di chiamarlo Aristocle come il nonno. È al maestro di ginnastica che dobbiamo il nome di Platone, in virtù della grandezza e ampiezza delle sue spalle (platys in greco significa “ampio, largo”). Secondo altri interpreti, si trattava invece dell’ampiezza della sua fronte. Ma forse, in verità, è semmai la sconfinatezza dei suoi interessi e delle conoscenze acquisite e la grandezza del suo pensiero che Platone porta con sé anche nel nome.

È precisamente questa vastità di temi che Franco Trabattoni ripercorre nella recente monografia pubblicata per Carocci, La filosofia di Platone. Verità e ragione umana. Il testo aiuta il lettore, anche quello non specialista, a cogliere e a orientarsi nell’infinità del pensiero platonico, unendo la chiarezza all’esaustività. La stessa sconfinatezza tocca naturalmente anche le letture e le interpretazioni del filosofo greco che sono state proposte nell’intervallo di due millenni, ragion per cui viene spontaneo concordare con Alfred North Whitehead che affermava che la storia della filosofia occidentale è solo una serie di note a margine a Platone. In questa lunga (forse infinita) tradizione si inserisce quindi il nuovo libro di Trabattoni, come lo definisce l’autore stesso «il mio “terzo” Platone» (p. 13). Il primo testo, sempre pubblicato da Carocci, che egli ha dedicato al pensatore greco risale infatti al 1998, di cui è comparsa poi una seconda edizione nel 2008 modificata alla luce di nuovi studi e approfondimenti che, specialmente nel caso di Platone, possono non finire mai.

Nonostante l’obiettivo degli storici della filosofia sia (quasi) sempre quello di chiarire e analizzare il pensiero di un autore, «è praticamente impossibile che l’esposizione non sia anche un’interpretazione» (ibid.), afferma candidamente Trabattoni. E infatti nel suo “terzo” Platone l’aspetto interpretativo è più marcato rispetto alle sue due precedenti monografie dedicate al filosofo, come peraltro si può sospettare già dal sottotitolo, «che pur nella sua brevità già vorrebbe orientare il lettore verso un certo tipo di interpretazione» (ibid.). Dal riconoscimento dei pericoli rappresentati dalla faziosità e dall’incomprensione interpretativa consegue poi l’affermazione del ruolo centrale che rivestono «l’esame accurato dei testi e lo studio puntuale della letteratura critica di riferimento» (p. 14). Questi ultimi rappresentano i fondamenti di una qualsiasi opera interpretativa e costituiscono infatti la base implicita della monografia di Trabattoni, il quale lascia alle note i riferimenti alle indagini di taglio prettamente specialistico per i lettori che desiderino approfondire una o più tra le innumerevoli sfaccettature della filosofia platonica.

È precisamente dal già citato sottotitolo, contenente il dinamico binomio verità-ragione, che dobbiamo partire per cogliere il taglio che orienta l’interpretazione dell’immensità del pensiero platonico proposta da Trabattoni. Platone fu indubbiamente un filosofo metafisico, fautore dell’esistenza di una verità assoluta e altra rispetto al mondo di cui abbiamo esperienza. Non è un caso se Nietzsche lo etichettò come l’iniziatore del pensiero metafisico che, con la teoria del mondo (falso!) delle Idee, avrebbe gettato le fondamenta per duemila anni di illusioni che proseguono ancora oggi sotto la scorta del cristianesimo. Di pari passo, però, Platone diede dimostrazione anche della propria consapevolezza dei limiti e delle debolezze intrinseche allo strumento di cui l’uomo dispone per raggiungere la verità trascendente, cioè la ragione. Come mostra la celebre immagine del mito della caverna che figura nella Repubblica, il cammino dal buio alla luce è estremamente faticoso e arduo da intraprendere e seguire con costanza, a causa della naturale difficoltà che proviamo nell’abbandonare le nostre convinzioni più radicate, di cui non vogliamo ammettere l’erroneità. In virtù del prezioso insegnamento socratico, Platone dimostra che saper mettere in discussione sé stessi e le proprie credenze è il primo passo da fare per avviarsi verso la verità. Possiamo quindi interpretare il sottotitolo affermando che la verità sia il punto di arrivo della filosofia platonica e la ragione il suo punto di partenza.

Il primo capitolo della monografia intende illuminare l’intreccio inscindibile tra filosofia, vita e politica che caratterizza in maniera più pregnante la figura di Platone, sulla base di quanto egli stesso racconta nella Settima lettera. In questo testo il filosofo racconta in prima persona alcune vicende salienti della sua esistenza e come sia arrivato a maturare determinate posizioni in ambito pratico e politico ma anche in quello più prettamente teoretico e speculativo, alla luce di vicissitudini come la tragica condanna del maestro Socrate o la fallita instaurazione di una tirannide filosofica a Siracusa: «questa lettera […] contiene una specie di autobiografia intellettuale di Platone, che il filosofo ormai vecchio ha redatto presumibilmente per giustificare il suo progetto filosofico e la pertinenza etica e politica del suo pensiero» (p. 146). Sono dunque le parole dello stesso Platone a giustificare il titolo del primo capitolo del libro di Trabattoni: Filosofia come vita e come opera scritta.

Nonostante il pensiero di Platone sia inevitabilmente associato alla sfera delle Idee immutabili, eterne e perfette, e così a un’immagine di rigidità, egli stesso cambia punto di vista nel corso dei suoi dialoghi, come dimostrano la varietà dei temi da egli trattati e le differenti declinazioni di una stessa questione che possiamo trovare in dialoghi appartenenti a momenti diversi della riflessione platonica. Il filosofo greco costruisce quindi il suo testo in maniera dinamica, tutt’altro che statica, «come una ripresa frequente degli stessi temi da punti di vista diversi, quasi che Platone abbia cercato di restituire allo sguardo dell’intelletto la natura della realtà più con un mosaico di fotografie che con una mappatura precisa» (ibid.).

I sedici capitoli della monografia non trascurano nessuno dei nodi cruciali del pensiero di Platone. Il secondo capitolo è dedicato alla discussione dell’importanza dell’insegnamento di Socrate, sul quale si fonda lo scontro conflittuale che Platone ha con l’ignoranza rappresentata dalla sofistica e dalla cultura tradizionale, analizzato da Trabattoni nei capitoli terzo e quarto: Platone vuole dimostrare che sacerdoti, politici e poeti, rappresentano appunto tutti coloro che «possiedono delle opinioni pregiudiziali e mai messe alla prova […] che si dissolvono come neve al sole di fronte alla dialettica corrosiva di Socrate» (p. 48). Nelle pagine seguenti ritroviamo poi la già menzionata teoria delle Idee, ma anche l’eros e i progetti politici, lo statuto dell’anima e la realizzazione della felicità, le insolubili questioni dell’essere e della conoscenza, per concludere con l’enigma rappresentato dagli agrapha dogmata, le dottrine orali.

Non è possibile pensare i numerosi temi affrontati dal filosofo come categorie a sé stanti e analizzare una parte separatamente dal tutto. Come riconosceva sapientemente anche Mario Vegetti nel suo «Un paradigma in cielo». Platone politico da Aristotele al Novecento: «la politica vi presuppone comunque un’antropologia, e questa si fonda su di una psicologia. Ma la psicologia platonica può a sua volta essere di tipo fenomenologico e appunto “politico” […] oppure metafisico» (p. 24). Nessun dialogo platonico è infatti dedicato esclusivamente alla discussione di una sola questione, ma ognuno porta con sé il complesso della filosofia platonica, ragion per cui Trabattoni non lascia da parte nessun testo ripercorrendone le linee di sviluppo nella sua monografia: «Platone, insomma, era persuaso che la filosofia è una cosa troppo seria e troppo importante per la vita per poterla ridurre a una sequenza ben concatenata di asserzioni» (p. 39).

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