Giuseppe Lubrino (1990) ha conseguito Laurea Magistrale in Scienze Religiose con indirizzo pedagogico-didattico nel 2017 presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale all’Issr. “G. Duns Scoto” di Nola-Acerra.  Ha discusso una dissertazione scritta dal titolo L’Educazione nel pensiero di Joseph Ratzinger. Una pedagogia del cuore. Attualmente insegna Religione Cattolica presso la Scuola Secondaria di secondo grado: “Iti.Marconi-Galilei” a Torre Annunziata (Na). Appassionato di Teologia biblica, approfondisce i suoi studi sul pensiero e l’opera di J. Ratzinger e sulla paideia cristiana.

La Chiesa resta la grande casa all’interno della quale gli uomini e la donne del nostro tempo possono abbeverarsi alle sorgenti della fede. Ratzinger ha sempre sostenuto una visione ecclesiologica biblica di matrice profetica. La Chiesa è il ‘sacramento’, il segno tangibile dell’amore di Dio per l’umanità. È l’ovile entro cui il Buon Pastore (cfr. Gv 10) Gesù raduna il suo popolo e lo educa a coltivare e fare propri i suoi stessi sentimenti (cfr. Fil 2,6-11).

In occasione dell’udienza Generale del 7 novembre 2012 nell’anno dedicato alla fede, papa Ratzinger tenne una catechesi in cui affrontò il tema: “l’uomo è capace di Dio”. In tale occasione, Ratzinger parlò di una vera e propria pedagogia del desiderio. Nonostante nel clima culturale odierno si respira un’aria refrettaria al trascendente, in una società in cui impera il relativismo etico e il nichilismo filosofico grazie al quale la cultura è stata spogliata da tutti gli ideali e i valori supremi, Ratzinger intercetta nel cuore dell’uomo di oggi una certa “nostalgia” di Dio. Egli, dunque, auspica che si promuova una pedagogia atta a far “scoprire” e “riscoprire” all’uomo del terzo millennio le gioie autentiche dell’esistenza in tutti gli ambiti della vita: famiglia, scuola, amicizie, all’interno della comunità ecclesiale. È necessario che i credenti in primis tessano relazioni autentiche soprattutto con i non credenti. L’arduo compito dell’educazione cristiana è quello di “risvegliare” nell’uomo il senso e il gusto della bellezza e della giustizia, della verità e dell’amore.

Detto questo, un aspetto interessante che è possibile cogliere in tutti gli ambiti entro cui ha espletato la sua attività accademica, teologica, pastorale e culturale è la sua capacità unica di ‘tenere insieme’ senza mai dividere né separare così come senza mai contrapporre, né confondere i diversi aspetti della fede. Peculiarità, infatti, del suo metodo d’indagine teologica-speculativa consisteva nel fatto che egli, nel rilevare un problema che fosse di natura teologica, filosofica, antropologica o politica-sociale, eseguiva una vera e propria diagnosi. Cosicché, dopo che aveva esaminato con diligenza, tutti i casi che tale problema comportava, indicava poi la soluzione più efficace per la cura o il superamento del problema stesso. Ratzinger ha sempre avuto una visione teologica della storia lungimirante e profetica e, con intelletto fine e sapiente, ha lasciato alla Chiesa e al mondo un’eredità culturale e spirituale dal valore inestimabile. Il suo pensiero è caratterizzato da una costante: tra le varie teorie, talvolta in contrapposizione tra loro in ambito teologico-culturale, egli è stato l’uomo della sintesi. Ha indicato più volte la complementarietà come l’unica strada possibile per un dialogo proficuo tra fede e ragione. Instancabilmente, ha sottolineato la valenza educativa che la Parola di Dio ha nella vita dei credenti e dell’umanità in generale. Come Frye, Schöpflin, Ravasi, Arione, a più riprese, e, in diverse occasioni, ha evidenziato l’impatto che il Testo Sacro ha avuto sulla cultura e sulla letteratura mondiale, definendo la Parola di Dio il grande codice della cultura occidentale e non solo. Essa, infatti, è stata sempre per lui una vera e propria scuola di ‘paideia’ per la vita dell’uomo, per la sua crescita interiore, culturale e spirituale e per la sua realizzazione globale.

Vediamo proprio oggi come l’educazione della personalità nella sua integralità, l’educazione alla responsabilità davanti a Dio e davanti all’uomo, sia la vera condizione di ogni progresso, di ogni pace, di ogni riconciliazione ed esclusione della violenza. Educazione davanti a Dio e davanti all’uomo: è la Sacra Scrittura che ci offre la guida dell’educazione e così del vero umanesimo.

(Benedetto XVI, Pensieri sulla Parola di Dio, a cura di L. Coco, Libreria Editrice Vaticana, Roma 2008, p. 326).

Inoltre Ratzinger è stato testimone e protagonista del grande evento del Concilio Vaticano II (1962-1965), che ha segnato in maniera indelebile la storia del Cristianesimo odierno. L’avventura del Concilio costituì per lui una svolta importante riguardo al suo pensiero e alla sua teologia. Affiancò come perito esperto il cardinale Frings, con il quale contribuì alla stesura di diversi documenti e in quegli anni si confrontò con studiosi come Congar, Daniélou, Rahner. Egli, peraltro, si pose tra le due posizioni contrapposte, progressisti e conservatori, e si è fatto promotore di un’ermeneutica della continuità. Indicando con ciò, la necessità di tenere ‘sempre insieme’ da un lato il patrimonio bimillenario della fede e della tradizione cristiana e, dall’altro lato, ha sollecitato ed esortato il popolo di Dio ad accogliere le istanze e le esigenze che la post-modernità imponeva, affinché la Chiesa potesse portare con credibilità e speranza il medesimo ed unico Vangelo all’uomo contemporaneo.

Il Concilio, infatti, non ha apportato cambiamenti o mutamenti alla fede di carattere dottrinale, per lo più, ha “aggiornato” il linguaggio e le strategie pastorali per annunciare con più efficacia e chiarezza la stessa e medesima fede che Cristo e gli Apostoli ci hanno tramandato:

L’esigenza era quella di elaborare una nuova visione non solo economica e politica ma anche culturale e spirituale capace di interpretare le nuove dinamiche che il moderno poneva di fronte. Il Vaticano II doveva descrivere una Chiesa in cammino che si confrontava con se stessa, con le componenti che la costituivano al suo interno, riflettendo sulla gerarchia, sulla liturgia, sulla centralità della Sacra Scrittura, ed estendendo questo suo sforzo di comprensione al mondo circostante nel quale essa è immersa e al quale essa ha il compito di portare il frammento vivo di Cristo (Benedetto XVI, Pensieri sul Concilio Vaticano II, cit., p. 10).

Successivamente, non meno importante fu la sua collaborazione con i noti teologi De Lubac e Balthasar con cui fondò negli anni ’70 la rivista internazionale di teologia «Communio». Papa Benedetto XVI, pertanto, durante l’intero corso della sua vita e speculazione culturale, ha ribadito con vitalità l’importanza di riscoprire e rivalorizzare le fonti della fede: la Bibbia, i Padri della Chiesa, la Tradizione e la stessa Rivelazione divina, che è iscritta nella natura. L’intera creazione – per papa Ratzinger – è un libro scritto da Dio per rivelarsi all’uomo e per mostrargli la sua gloria. Non ha mai mancato di evidenziare quanto questo nostro tempo sia complesso e difficile dal punto di vista culturale e spirituale, ma al tempo stesso ci ha mostrato anche che l’epoca attuale è ricca di grandi opportunità per la Chiesa e la sua missione nel mondo. Basta considerare quanto siano ricorrenti nel suo Magistero i temi più emergenti del dibattito culturale odierno: “l’emergenza educativa”, “individualismo e relativismo”, “la questione del progresso in relazione alle istanze dell’etica cristiana”, “l’ambiente” e così via.

Dal 2007-2009 il pontefice tedesco pubblicherà le sue tre lettere encicliche: Deus Caritas est, Spe Salvi e Caritas in Veritate le quali diverranno un punto di riferimento imprescindibile per la comprensione e gli sviluppi della dottrina sociale della Chiesa. A tal riguardo si pensi alle fragilità antropologiche insorte a causa della pandemia e allo smarrimento di senso a cui assistiamo nel periodo della post-pandemia. Tanti giovani, specie all’età dell’adolescenza, sono fragili e hanno molte domande che meritano delle risposte: quale è il senso della vita? Perché confrontarsi con la sofferenza e con il dolore? Come colmare il loro bisogno di amore che, il più delle volte, resta per i loro interlocutori un grido inascoltato? Tutto questo li confonde, li agita e si ritrovano spesso soli e insicuri.

Papa Ratzinger ha sempre mostrato un’attenzione peculiare nella cura all’educazione dei giovani. È possibile cogliere nei suoi scritti molteplici esortazioni che invitano i giovani a riscoprire nella bellezza della fede il valore più recondito della loro esistenza. A ciò si aggiunge un ulteriore aspetto: per far sì che nostri giovani siano “salvi”, è necessario che gli adulti e la Chiesa cooperano con le istituzioni e con sapienza affinché il nostro pianeta non diventi un posto sempre più martoriato e inospitale. Allo stesso modo, si rende necessario adoperarsi nelle politiche sociali affinché il progresso tecnologico ed economico delle varie società non venga mai sganciato del tutto da un’etica di base che tenga conto delle esigenze di tutti e di ciascuno.

Dico: “preparatevi”, perché l’amore vero non si improvvisa. L’amore è fatto, oltre che di sentimento, di responsabilità, di costanza, e anche di senso del dovere. Tutto questo lo si impara attraverso l’esercizio prolungato delle virtù cristiane della fiducia, della purezza, dell’abbandono alla Provvidenza, della preghiera […]. Strettamente connesso a questo primo valore del quale ho voluto parlare è l’altro valore che intendo sottolineare: la seria formazione intellettuale e morale, indispensabile per progettare e costruire il vostro futuro e quello della società […]. La crisi di una società inizia quando essa non sa più tramandare il suo patrimonio culturale e i suoi valori fondamentali alle nuove generazioni […]. Richiede giovani interiormente aperti, curiosi di imparare e di riportare tutto alle originarie esigenze ed evidenze del cuore. Siate davvero liberi, ossia appassionati della verità (Benedetto XVI, Insegnamenti di Benedetto XVI, Vol. IV, 2-2008, Libreria Editrice Vaticana 2009, pp. 237-241).

L’uomo contemporaneo non è il frutto del caso ma è un pensiero voluto e amato da Dio. Solo comprendendo questa sua vocazione intima ed autentica – per papa Ratzinger – l’uomo può ritrovare il vero sé stesso e scorgere in lui l’impronta del Dio di Gesù Cristo. Ciò lo renderà pienamente e veramente umano.

Benedetto XVI è stato una mente geniale, aperta, che non ha mai ceduto alle lusinghe e ai ricatti dei partiti ideologici sia a livello politico che ecclesiale. Il Papa emerito ha fatto del suo breve ma intenso pontificato dal 2005-2013 un accorato appello a non sacrificare mai i principi fondamentali e non negoziabili della fede in vista di ‘beni’ effimeri e passeggeri. Egli è stato un pioniere dei seguenti principi:

  • Il primato della dignità della persona umana e il rispetto della vita umana dal suo germinarsi fino al suo naturale concludersi.
  • La cooperazione per il bene comune di tutti e di ciascuno, adoperandosi per essere dei veri figli della pace;
  • Difesa e promozione della ‘famiglia’ che Dio ha istituito;
  • Difesa costante del valore della libertà e della verità nell’amore verso Dio e il prossimo.

Nel 2012 con la Lettera apostolica in forma di Motu proprio, intitolata Porta fidei, Benedetto XVI indisse l’Anno della fede (2012-2013). Pubblicava anche L’infanzia di Gesù, che concludeva il trittico dedicato a Gesù di Nazaret. Infine l’11 febbraio del 2013 annunciava la volontà di lasciare il ministero petrino.

Benedetto XVI ci ha dunque lasciato un’eredità preziosa per vivere la fede in maniera autentica, responsabile e consapevole e per rispondere alle esigenze che ci vengono poste dalla post-modernità. A questo punto, sarebbe auspicabile promuovere nelle varie istituzioni – Chiesa, Scuola, famiglie, associazioni culturali – momenti di incontro e di riflessione intorno al pensiero di Benedetto XVI. Ciò al fine di poter offrire alle giovani generazioni di credenti e non credenti delle risposte credibili e accettabili razionalmente intorno alla vita e alla fede. Ritengo sia un atto dovuto ad una delle personalità più influenti del nostro tempo. Patrimonio ingente e prezioso da non disperdere ma far fruttare.

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