Giuseppe Lubrino (1990) ha conseguito Laurea Magistrale in Scienze Religiose con indirizzo pedagogico-didattico nel 2017 presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale all’Issr. “G. Duns Scoto” di Nola-Acerra.  Ha discusso una dissertazione scritta dal titolo L’Educazione nel pensiero di Joseph Ratzinger. Una pedagogia del cuore. Attualmente insegna Religione Cattolica presso la Scuola Secondaria di secondo grado: “Iti.Marconi-Galilei” a Torre Annunziata (Na). Appassionato di Teologia biblica, approfondisce i suoi studi sul pensiero e l’opera di J. Ratzinger e sulla paideia cristiana.

Facciamo dunque l’elogio degli uomini illustri,

dei nostri antenati per generazione.

Di altri non sussiste memoria;

svanirono come se non fossero esistiti;

furono come se non fossero mai stati,

loro e i loro figli dopo di essi.

Invece questi furono uomini virtuosi,

i cui meriti non furono dimenticati.

Nella loro discendenza dimora

una preziosa eredità.

[Siracide 44, 1.9-13]

 

Il papa emerito Joseph Ratzinger – Benedetto XVI (1927-2022) è stato un pensatore poliedrico, acuto, ed è sicuramente da annoverare tra più grandi e illustri teologi del nostro tempo. È stato per tutta quanta la sua vita un innamorato di Gesù Cristo, della Madonna e della Sacra Scrittura. Con questa serie di tre articoli, ci proponiamo di rilevare come il tema dell’educazione sia stato uno dei punti cardini della sua attività speculativa.

Ratzinger, peraltro, ha compiuto uno sforzo costante e instancabile nel tenere “insieme” le due anime della Teologia: Tradizione e Progresso, binomio che ben sintetizza il “cuore” della sua attività accademica e pastorale. Dinanzi a uomini e donne della sua statura culturale non possiamo fare a meno di riportare alla nostra memoria la celebre citazione di Bernardo di Chartres: «Siamo come dei nani sulle spalle dei giganti». Frase che pone in evidenza la ricchezza e l’imperscrutabilità del pensiero ratzingeriano. Tale riflessione, pertanto, non ha alcuna pretesa di esaustività.

Si parte dalla convinzione che Ratzinger, in tutte le occasioni in cui si esprime sul tema dell’educazione, faccia riferimento (seppur quasi sempre in maniera implicita) al concetto di παιδεία, il quale affonda le sue radici nell’antichità classica e cristiana. Tale presupposto appare non temerario in quanto, in materia teologica, l’assenza di una dichiarazione esplicita sulla verità di un concetto, non necessariamente indica l’assenza del concetto stesso.  Le posizioni di papa Benedetto XVI sono in piena sintonia con le tesi sostenute da Werner Jaeger nelle sue due opere fondamentali La formazione dell’uomo greco e Cristianesimo primitivo e paideia greca – l’opera di Jaeger, resta un testo obbligato per chiunque voglia avere un’idea più chiara e più precisa, riguardo al rapporto e alle istanze culturali che scaturirono dall’incontro tra il Cristianesimo antico e cultura greca – laddove, per Jaeger, la παιδεία rappresenta una sintesi mirabile tra la ricerca millenaria greca della verità sull’uomo e la possibilità di conoscerla ed incontrarla nella Persona di Gesù Cristo. Per il filologo tedesco la παιδεία è una traccia costante della formazione umana, in particolar modo dell’uomo greco, tuttavia, egli ritiene che la grecità classica costituisca un luogo privilegiato di formazione anche per l’umanità cristiana (Cfr. W. Jaeger, Cristianesimo primitivo e paideia greca, a cura di A. Valvo, Bompiani, Milano 2013, pp. 1-2).

Egli mette in risalto, certo, come il Cristianesimo delle origini abbia subito una certa influenza dalla cultura del tardo Giudaismo; inoltre, dopo la scoperta dei Rotoli del Mar Morto, si è potuto individuare anche una certa affinità tra il Cristianesimo primitivo e la setta degli Esseni. Malgrado ciò, è grazie alla cultura greca che il κήρυγμα cristiano riuscì a valicare i confini geografici della Palestina e a penetrare nel mondo antico dominato dalla cultura e dalla lingua greca per condurre la sua missione (W. Jaeger, op. cit., p. 13). Jaeger pone alla base dell’incontro tra Cristianesimo primitivo e cultura greca un’esigenza di missione. Un secondo aspetto che viene messo in evidenza è che, già al tempo degli Apostoli, è possibile cogliere una prima forma di ellenismo cristiano nell’uso della lingua greca, riscontrabile negli scritti del Nuovo Testamento, ed esso si protrae fino all’epoca dei Padri apostolici. È chiaro che con l’utilizzo della lingua greca penetrò, all’interno del pensiero cristiano, tutto un mondo di concetti, di metafore ereditate, di categorie del pensiero, di sottili sfumature di significato.

A tal riguardo risulta assai significativo anche il contributo di Simonetti il quale nella sua opera Cristianesimo antico e cultura greca mette bene in evidenza come il passaggio dalla παιδεία greca a quella cristiana sia stato tutt’altro che un processo indolore ed abbia caratterizzato l’intera riflessione teologica dei secoli II-VII. L’incontro tra Cristianesimo antico e παιδεία greca si sviluppò e lo si può dividere fondamentalmente in due posizioni principali:

a) autori cristiani che vedono nella cultura greca elementi necessari da utilizzare perché la fede cristiana sia chiarificata, difesa, raffinata, presentata con credibilità al mondo e funga da supporto ai credenti affinché possano raggiungere il fine ultimo della loro vocazione, che è la salvezza in Cristo;

b) autori che vedono, invece, nella cultura greca la radice di ogni deformazione della fede e perciò stesso ne rifiutano gli apporti.

Ritengo perciò che sia più nel giusto chi vede nell’ellenizzazione del messaggio cristiano non la sua deformazione dovuta all’influsso della cultura greca, bensì il risultato di un processo di adattamento, processo inevitabile e naturale, ancorché molto laborioso e sofferto, in quanto svoltosi dialetticamente fra tensioni fortissime, al fine di cercare da una parte gl’indispensabili agganci col mondo circostante e di rilevare dall’altra la novità dei contenuti e perciò l’identità stessa della nuova comunità. (M. Simonetti, Cristianesimo antico e cultura greca, Edizioni Borla 2010, p. 8.).

Simonetti, inoltre, ci informa che la παιδεία cristiana raggiunge il suo massimo splendore con Clemente e, in special modo, con Origene – entrambi della scuola Alessandrina – e successivamente ancor di più coi padri Cappadoci (Basilio, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo). Questi autori, infatti, vedono nella cultura greca uno strumento indispensabile per lo studio, l’approfondimento, la comprensione della Sacra Scrittura e, quindi, anche della diffusione del Cristianesimo. Nella loro visione la παιδεία svolge nel cuore dell’uomo una sorta di attività propedeutica all’accoglienza del messaggio cristiano ed è fonte di educazione per i catecumeni alla loro vita di fede oltre che una costante esortazione alla pratica delle virtù. Malgrado ciò, essi non mancano di mettere in guardia che occorre prendere solo ciò che è buono dalla cultura greca (Cf. 1Tes 5,21), tralasciando ciò che può indurre all’errore.

Joseph Ratzinger ha sempre rivendicato la perenne attualità e impronta educativa degli insegnamenti della Sacra Scrittura e del pensiero dei Padri della Chiesa. Essi, hanno il merito di aver sempre conferito, alla loro riflessione teologica-pastorale, un valore prettamente esistenziale. Teologia e vita sono sempre stati congiunti nel pensiero biblico e patristico e tale acquisizione è una costante nella visione ratzingeriana. La fede cristiana, è recepita dal papa emerito, come un vero e proprio itinerario di educazione alla conoscenza del mistero di Cristo e dell’uomo che parte e si chiarisce dall’incontro fecondo tra la cultura greca e la Bibbia.

Emblematico è il passo su San Basilio Magno:

Come le api sanno trarre dai fiori il miele, a differenza degli altri animali che si limitano al godimento del profumo e del colore dei fiori, così anche da questi scritti… si può ricavare qualche giovamento per lo spirito. Dobbiamo utilizzare quei libri seguendo in tutto l’esempio delle api. Esse non vanno indistintamente su tutti i fiori, e neppure cercano di portar via tutto da quelli sui quali si posano, ma ne traggono solo quanto serve alla lavorazione del miele, e tralasciano il resto. E noi, se siamo saggi, prenderemo da quegli scritti quanto si adatta a noi, ed è conforme alla verità, e lasceremo andare il resto […] Mentre gli altri beni… passano da questo a quello come nel gioco dei dadi, soltanto la virtù è un bene inalienabile, e rimane durante la vita e dopo la morte (Benedetto XVI, Catechesi sui padri della chiesa. Da Clemente Romano a Gregorio Magno, Libreria editrice Vaticana, Città Nuova 2008, pp. 73-74).

Un atteggiamento dunque di apertura, accoglienza, ma al tempo stesso di prudenza che il Cristianesimo è chiamato ad avere nei riguardi della cultura greca. Il Cristianesimo, accogliendo gli apporti della filosofia greca, ha ereditato un’idea di educazione volta a formare integralmente l’uomo a partire da un ideale e non dall’individuo. L’ideale a cui fa costante riferimento la παιδεία cristiana è Gesù Cristo stesso, Maestro perfetto, Signore, Salvatore del mondo, Λόγος dell’Universo cui i credenti sono chiamati, in forza del battesimo e dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, ad incorporarsi totalmente, conformando il loro agire al suo. Il rapporto proficuo e fecondo tra Cristianesimo antico e cultura greca è indice elevato di civiltà e di maturità completa dell’umano; ciò non svilisce affatto la grande originalità del messaggio cristiano contenuto nel Vangelo, bensì la rafforza e gli dona nuovo vigore. Tali presupposti sono alla base della presente trattazione, in quanto riteniamo che una nuova fioritura della παιδεία cristiana possa essere per la Chiesa e la società odierna un valido strumento affinché sia realizzato e vissuto il nuovo umanesimo e la Chiesa possa portare avanti la sua missione con credibilità fino alla παρουσία del Signore.

Quanto sostenuto da Jaeger e Simonetti riteniamo che sia ben chiaro e presente anche nel pensiero ratzingeriano e venga messo magistralmente in risalto, in modo del tutto speciale, nella lezione che tenne all’Università di Regensburg nel 2006, sul rapporto tra fides et ratio. Affronteremo questo nodo cruciale nella prossima parte del nostro ragionamento.

(fine prima parte)

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