Lorenzo Bravi (1982) è laureato in Lettere e Storia. Laureato in Lettere e Storia. Redattore presso Dissipatio.it. Ha scritto per«L'Intellettuale dissidente» e«Pangea». Collabora con la rivista «Il Pensiero Storico».

Nello scorso dicembre è uscito il quarto numero speciale della prestigiosa rivista «American Historical Review»[1], intitolato Histories of Resilience, tradotto in italiano Storie della Resilienza. Trattasi di rivista nata in seno all’American Historical Association, che tra l’altro è la più antica degli Stati Uniti, fondata nel 1895 sul modello delle riviste scientifiche europee quali: l’«Historische Zeitschrift» del 1856, la «Revue Historique» del 1876 e la «English Historical Review», quest’ultima fondata nel 1886.

Tornando al numero speciale e al suo titolo, Histories of Resilience, nell’introduzione del volume, redatto dai membri del comitato editoriale della rivista, storici e accademici (Shelly Chain, Yoav di Capua, Joshua  L. Reid e Wendy Warren), questi hanno specificato che l’idea di creare il numero speciale è nata nel 2022, quando decisero di creare un comitato collettivo di studio con l’obiettivo di concentrare la disciplina scientifica della storia intorno al concetto di “resilienza[2]. Termine, quest’ultimo, che risulta essere ambiguo dal punto di vista semantico, ma nell’intenzione dei redattori il termine è associato a paradigma per un’indagine sulla storia indigena nei popoli nativi americani e africani, con l’obiettivo di analizzare la natura delle crisi storiche, che possono essere di carattere economico, oppure calamità naturali, razziali con la successiva reazione delle comunità coinvolte in simile avversità.

Dal punto di vista metodologico, questo nuovo approccio storico fa riferimento alla corrente della microstoria in cui vengono prese come paradigma di studio le scienze sociali e, in modo particolare, gli studi sulla memoria collettiva, come le tradizioni orali utilizzate quali espressioni dei gruppi subalterni. Emblematico è l’articolo intitolato History on the Lost Coast: Locating Wiyot Stories of Resilience in Nancy and Matilda Spear, redatto da Kathleen C. Whiteley dell’Università della California-Davis, che ha per oggetto lo studio della tribù indigena denominata Wiyot, stanziata in una piccola isola nella baia di Humboldt a nord di San Francisco. Questa, nel 1860, subì il massacro di quasi tutti i suoi appartenenti ad opera dei coloni bianchi e, come scrive l’autrice, l’intento del saggio è quello di «amplificare storie non raccontate dalla storia degli individui d’America e spostare gli individui della California al centro mettendo in primo piano le voci e i modi di conoscenza dei nativi», tramite un’indagine sulla rimembranza culturale della comunità rimanente dei nativi, con il ricorso a fonti sulla memoria storica, quali canzoni e detti commemorativi il fatto di sangue avvenuto[3].

Al di là delle eventuali critiche a livello epistemologico che si possono porre solamente a livello accademico, si può dedurre che gli storici che hanno partecipato alla redazione del numero della rivista hanno impostato il lavoro di ricerca con riferimento al dibattito culturale e politico contemporaneo. Sono stati forse memori del celebre saggio The History Manifesto, pubblicato nel 2015 e scritto a quattro mani da David Armitage e Jo Guldi, altri due accademici e storici statunitensi i quali auspicarono che gli storici potessero diventare la prima voce all’interno del dibattito pubblico e politico statunitense a scapito di economisti, scienziati sociali assunti nelle vesti di opinion makers[4].

Ma se così fosse, bisogna domandarsi se questo sviluppo metodologico, dal punto di vista storico, abbia tratto il suo humus nella guerra culturale in atto negli Stati Uniti e in modo particolare sia il seguito, in forma accademica, del Project 1619, la piattaforma di studio creata dal “New York Times”, con il numero speciale del 14 agosto del 2019, in cui si dava una historia rerum gestarum degli Stati Uniti dal punto di vista della schiavitù e del razzismo[5]. Approccio di studio che, tra l’altro, è stato adottato dall’Università di Buffalo e anche da diversi distretti scolastici delle high school, che hanno riformato i programmi di storia incentrandoli sulle vessazioni delle minoranze etniche. Trattasi di programmi che furono oggetto del progetto di legge presentato nel 2022 da Ron DeSantis, governatore della Florida e candidato alle primarie del Partito Repubblicano. Questi aveva presentato un disegno di legge denominato “Stop Woke Act” con cui si intendeva prevenire insegnamenti o attività lavorative obbligatorie che suggeriscano che una persona sia privilegiata o oppressa in base necessariamente alla sua razza, colore, sesso o origine nazionale. Legge bloccata nell’agosto del 2022 dal governatore federale della Florida e dopo due anni è stata cancellato in modo permanente, motivando tale scelta con il fatto che la norma violava il diritto di parola previsto dal Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America[6].

Come ha commentato il columnist del “Washington Post” Fareed Zakaria, in un’intervista a Viviana Mazza sull’inserto domenicale del “Corriere della Sera”, La Lettura del 12 gennaio scorso, possiamo dire che a livello culturale le politiche della nuova amministrazione enfatizzeranno il tradizionalismo nazionalista radicale[7]. Infatti, a corroborare l’analisi di Zakaria è stata la cancellazione da parte di Trump delle politiche “Dei”[8] (diversity, equity, inclusion), adottate per dare sostegno alle minoranze etniche, il che lascia supporre che sarà solo il preludio di una guerra culturale che potrebbe coinvolgere direttamente storici, ricercatori e da cui potrebbe scaturire una sola trionfatrice, la “mitologia storica”, tanto per utilizzare un lessema preso in prestito da Eric J. Hobsbawm. In altri termini la storia verrebbe utilizzata dalle istituzioni politiche e accademiche, non come disciplina scientifica per appurare la verità di un passato remoto, ma per «descrivere un passato che si adatti ai loro scopi»[9].

NOTE

[1] «American Historical Review», Special Issue. Histories of resilience, 129, issue 4, december 2024.

[2] Ivi, pp.1386-1395.

[3] K.C. Whiteley, History on the Lost Coast: Locating Wiyot Stories of Resilience in Nancy and Matilda Spear, in The American Historical Review, Volume 129, Issue 4, December 2024, pp. 1542–1566.

[4] J. Guldi, D. Armitage, The History Manifesto, Cambridge University Press, Cambridge 2014, pp. 94-125.  Tradotto in Italiano da David Scaffei con il titolo, Manifesto per la storia, Il ruolo del passato nel mondo di oggi, Donzelli, Roma 2016.

[5] The 1619 Project, https://www.nytimes.com/interactive/2019/08/14/magazine/1619-america-slavery.html (ultimo accesso: 27/01/2025)

[6] A. Kurt, Appeals court blocks Fla. ‘Stop Woke Act,’ says it’s a ‘First Amendment sin’, “The Washington Post”, 5 march 2024, A3.

[7] V. Mazza, La nuova lotta di classe è tra istruiti e non istruiti perciò l’America si chiude. Parla Fareed Zakaria, la Lettura, 12 gennaio 2025, pp. 5-6.

[8] F. Figueroa, A. Alexander, C. Williams, Trump order ending federal DEI programs leaves agencies and stakeholders on uncertain ground, Associated Press, 23 gennaio 2025, https://apnews.com/article/trump-dei-executive-order-diversity-inclusion (ultimo accesso 27/01/2025).

[9] E. J. Hobsbawm, Anni Interessanti. Autobiografia attraverso la storia, Bur Rizzoli, Milano 2004, pag. 327.

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