Antonio Messina (1989) è Ph.D. Student in Scienze Politiche all’Università di Catania e Visiting Ph.D. Fellow presso l'Università di Leiden (Paesi Bassi). È redattore del semestrale «Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee», da lui fondato; è socio della Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea (SISSCO) e dell’Istituto euro-arabo di Mazara del Vallo. È membro del comitato scientifico della rivista «La Razón histórica: revista hispanoamericana de historia de las ideas políticas y sociales». I suoi principali interessi concernono la filosofia politica, la geopolitica, e la storia delle dottrine politiche, con particolare riferimento alla storia intellettuale dei regimi autocratici. Tra le sue pubblicazioni: L'economia nello stato totalitario fascista (Ariccia 2017); Giovanni Gentile. Il pensiero politico. Scritti e discorsi 1899-1944 (Roma 2019); Comprendere il Novecento tra storia e scienze sociali. La ricerca di A. James Gregor (Soveria Mannelli 2021).
A cura di Antonio Messina
Mariella Martinciglio, nata a Mazara del Vallo, è tornata nella sua città natale dopo gli anni universitari per dedicarsi alla professione di avvocato penalista e coltivare la sua grande passione per il teatro e la recitazione. Da oltre trent’anni dirige una compagnia teatrale e ha contribuito alla formazione di giovani talenti attraverso corsi di teatro organizzati presso gli istituti superiori di Mazara del Vallo e della provincia. È tuttora attivamente impegnata nella produzione teatrale, sia come attrice sia come regista.
- Da oltre trent’anni, accanto alla tua professione di avvocato, hai coltivato la tua grande passione per il teatro, che hai concretizzato con la fondazione dell’associazione mazarese “Il Teatro del Sole”. Nel tuo percorso artistico come attrice e regista, hai messo in scena opere di alto valore storico e culturale, come l’Iliade di Omero, affrontando al contempo tematiche di forte impatto sociale, quali il femminicidio e la lotta contro la mafia. Quanto ritieni che i temi che tratti nel tuo teatro siano rilevanti in un contesto come quello siciliano?
La Sicilia, grazie alla sua posizione centrale nel Mediterraneo, è stata un crocevia di civiltà e storia, dalla Magna Grecia al Regno delle Due Sicilie, dallo sbarco dei Mille a quello degli Alleati nel 1943. Questa ricchezza storica e culturale rende ogni tema trattato nel mio teatro profondamente legato al contesto siciliano. Possiamo affrontare i racconti epici di Omero così come i drammi moderni della mafia e del femminicidio con la consapevolezza che queste storie, in qualche modo, ci appartengono. La Sicilia è una terra intrisa di memoria e significato, capace di accogliere e rispecchiare ogni narrazione come parte del suo patrimonio identitario.
- Quali pensi siano le opere teatrali più significative della tua produzione, in oltre trent’anni di attività, che hanno avuto un impatto profondo sul pubblico?
Alcune delle opere più significative della mia produzione teatrale, quelle che hanno lasciato un segno profondo sul pubblico, sono i grandi classici di autori come Eduardo De Filippo, Giovanni Verga e Luigi Pirandello. Capolavori come Filumena Marturano, La Lupa e Liolà non solo riescono a toccare corde emotive universali, ma dialogano anche profondamente con l’identità e le tradizioni del nostro territorio. Inoltre, ho avuto modo di constatare che, a volte, opere meno note, ma fortemente radicate nella nostra cultura locale, hanno saputo sorprendere e coinvolgere il pubblico, proprio grazie alla loro capacità di raccontare storie che appartengono alla nostra gente. Questi lavori non solo lasciano un’impronta nel cuore degli spettatori, ma trasformano anche gli interpreti, rendendoli più consapevoli della forza espressiva e culturale del teatro.
- Chi sono stati i tuoi maestri e i modelli culturali che hanno influenzato profondamente la tua attività teatrale e a cui ti sei ispirata nel corso del tuo percorso artistico?
Il mio percorso artistico è iniziato da adolescente nei piccoli teatri parrocchiali, dove ho avuto la fortuna di crescere accanto a figure straordinarie della mia città che hanno lasciato un’impronta indelebile sulla mia formazione. Tra questi, il regista e attore Nicasio Anzelmo, Natale Russo, il maestro Gianni Casale e lo scrittore Salvatore Giacalone, da ognuno dei quali ho appreso lezioni preziose. Tuttavia, il teatro è un’arte in continua evoluzione, e la sete di conoscenza non si esaurisce mai. Ancora oggi traggo ispirazione da grandi maestri contemporanei, come Alessandro Baricco, con il suo stile narrativo unico, e il compianto Gigi Proietti, il cui carisma e talento hanno lasciato un segno indelebile nel panorama teatrale italiano. Questi riferimenti, sia del passato che del presente, continuano a guidarmi e a nutrire la mia passione per il teatro.
- Il teatro, come sappiamo, ha le sue radici nell’antica Grecia, una cultura che ha lasciato un’impronta profonda anche in Sicilia, grazie ai forti legami storici e culturali. Nel teatro contemporaneo siciliano, quali elementi dell’eredità teatrale greca e latina ritieni siano ancora vivi e presenti?
L’eredità del teatro greco e latino è profondamente radicata nel teatro contemporaneo siciliano, trovando nuove forme di espressione attraverso autori che hanno saputo reinterpretarne i temi e le strutture. Le maschere pirandelliane, con la loro complessità psicologica e filosofica, richiamano l’introspezione e il dramma esistenziale del teatro greco. Allo stesso modo, i personaggi tragicomici di Andrea Camilleri rievocano la dimensione umana e universale delle antiche tragedie, mescolata alla vivacità della narrazione siciliana. Inoltre, il teatro brillante siciliano, soprattutto nelle sue rivisitazioni contemporanee, spesso si rifà alla comicità diretta e pungente di Plauto, uno degli autori latini più apprezzati. Questi elementi, pur adattati al nostro tempo, mantengono vivo lo spirito originario del teatro classico, dimostrando quanto sia ancora attuale e capace di parlare alla sensibilità moderna.
- Ritieni che il teatro venga adeguatamente valorizzato nelle scuole italiane o pensi che sia necessario rivedere gli attuali paradigmi scolastici per dare ad esso una maggiore presenza e importanza?
Credo che il teatro meriti un ruolo più centrale nei paradigmi educativi attuali. Oltre a studiarlo come materia letteraria o storica, sarebbe fondamentale introdurlo nelle scuole attraverso laboratori pratici che coinvolgano gli studenti nelle arti performative, come il teatro, la musica e la danza. Queste forme di comunicazione diretta, personale e fisica sono essenziali per lo sviluppo dell’empatia, della consapevolezza emotiva e delle capacità relazionali. Un’umanità che perde di vista tali modalità di espressione rischia di diventare sempre più sola e disumana, schiava di una tecnologia che, se mal utilizzata, può privarci della nostra dimensione più autentica.
Abbiamo bisogno di ispirarci alle culture del passato, che spesso attribuivano un valore più profondo e centrale a queste arti rispetto a quanto facciamo oggi. Il teatro, in particolare, offre un’opportunità unica per educare i giovani alla comprensione di sé stessi e degli altri, creando connessioni reali in un’epoca dominata dalla virtualità. Spero che la nostra società sia abbastanza intelligente da riconoscere il pericolo di trascurare queste forme di comunicazione e sappia integrarle nei percorsi educativi per formare persone più consapevoli, radicate nelle proprie radici culturali e capaci di un pensiero critico. Non c’è futuro senza un’umanità che mantenga viva la propria anima creativa.
- Nell’era della tecnologia e dello sviluppo digitale, quali pensi saranno le direzioni principali in cui si evolveranno le future opere teatrali? Come immagini il futuro del teatro in una società sempre più dominata dalla tecnica e dall’intelligenza artificiale?
Nell’era digitale e dell’intelligenza artificiale, immagino il futuro del teatro come un equilibrio tra tradizione e innovazione. Da un lato, le tecnologie immersive come la realtà virtuale e aumentata potrebbero ampliare le possibilità sceniche, offrendo agli spettatori esperienze interattive e multisensoriali. Dall’altro, il teatro potrebbe rappresentare un rifugio per riscoprire l’autenticità e il contatto umano, opponendosi alla crescente virtualizzazione della vita quotidiana. L’intelligenza artificiale potrebbe supportare la creazione di testi, scenografie o personaggi virtuali, ma il cuore pulsante del teatro – la relazione viva e diretta tra attori e pubblico – resterà insostituibile. In una società dominata dalla tecnica, è fondamentale che l’uomo non abusi della tecnologia, evitando di diventare schiavo di strumenti che rischiano di impoverire la sua umanità. Spero che le persone di oggi siano abbastanza intelligenti e attente da comprendere questo rischio, trovando un equilibrio tra progresso e umanità. Le menti libere non si lasceranno ingannare da un’innovazione fine a sé stessa, ma sapranno mantenere viva la consapevolezza delle proprie radici culturali e del valore delle relazioni autentiche. Non c’è futuro per il teatro – e per la società stessa – senza la coscienza della nostra identità, delle nostre storie e della nostra creatività. Il teatro continuerà a essere un luogo dove tecnologia e tradizione si incontrano per raccontare storie che parlano all’essenza dell’essere umano.