Federico Tinnirello (1996) si è laureato in Filosofia e, successivamente, in Scienze Filosofiche all'Università degli studi di Catania discutendo una tesi sul pensiero di Ludwig Wittgenstein. Attualmente è allievo diplomando presso la Scuola Superiore di Catania.
Recensione a
L. Wittgenstein, Pensieri diversi
a cura di G.H. Von Wright
Adelphi, Milano 2021, pp. 176, €12.00.
I Pensieri diversi occupano un ruolo importante non tanto come testo filosofico di Wittgenstein, quanto piuttosto come un sottotesto che, attraversando l’intera riflessione del filosofo austriaco, ne permette una comprensione maggiore. L’opera – come tutti i testi di Wittgenstein, ad esclusione del Tractatus logico-philosophicus (1921) – non è stata pensata e pubblicata dallo stesso Wittgenstein, ma da un uno dei suoi tre esecutori letterari[1], George Henrik Von Wright. Come scrive lo stesso Von Wright nella prefazione, i Pensieri diversi nascono dall’esigenza di pubblicare «delle annotazioni di grande interesse […] [e] di evidente bellezza e profondità. Era chiaro agli esecutori letterari che un certo numero di queste note dovessero essere pubblicate»[2].
È bene precisare che Wittgenstein non aveva un metodo di composizione sistematico, dal momento che la scrittura seguiva la libertà e la contingenza della riflessione filosofica; infatti «di norma, egli annotava su taccuini o quaderni i suoi pensieri, così come e nell’ordine in cui gli venivano»[3]. I Pensieri diversi, dunque, hanno il merito di restituirci questa asistematicità del metodo wittgensteiniano, il che ci permette di saggiare e di comprendere al meglio le sue annotazioni. Queste ultime si concentrano su numerosi temi: quali la musica, il cristianesimo, l’ebraismo, la società del suo tempo e, soprattutto, riflessioni sullo stile e sul lavoro filosofico di Wittgenstein, il quale, in questo genere di annotazioni, sembra intenzionato a voler delineare la sua idea di filosofia e la figura del suo lettore ideale.
Sul primo argomento, fin dalle prime pagine dell’opera, Wittgenstein pone una separazione netta fra filosofia e scienza, poiché la prima ha il compito di descrivere la realtà, limitandosi a «metterci tutto davanti»[4], mentre la seconda formula ipotesi, tesi e spiegazioni dei fenomeni naturali. Tuttavia, la differenza fra filosofia e scienza non riguarda soltanto la loro metodologia, ma soprattutto lo spirito (Geist) che li anima:
essere compreso o apprezzato dal tipico uomo di scienza occidentale non mi importa affatto, perché costui non capisce lo spirito in cui io scrivo. La nostra cultura è caratterizzata dalla parola progresso […] a me non interessa innalzare un edificio, ma piuttosto vedere in trasparenza dinanzi a me le fondamenta degli edifici possibili. Il mio scopo quindi è diverso da quello dell’uomo di scienza, e il movimento del mio pensiero diverso dal suo[5].
In queste parole, Wittgenstein sottolinea che la differenza fondamentale fra la filosofia e la scienza risiede nella diversa prospettiva spirituale del processo di comprensione della realtà. Il processo descrittivo tipico della filosofia non può essere giudicato secondo il metro del progresso, che, invece, è ciò che adoperiamo quando giudichiamo le scoperte scientifiche. Dunque, nella prospettiva di Wittgenstein, il lavoro filosofico si pone in contrasto con il progresso, il quale è lo spirito dominante «della grande corrente della cultura europea e americana […] che si esprime nell’industria, nella musica, nell’architettura […] [il quale] è estraneo e non congeniale all’autore»[6].
Se la filosofia non vuole dissolversi nella scienza e nel suo progetto di tecnicizzazione della realtà, è necessario che essa diventi «propriamente […] un lavoro su se stessi. Sul proprio modo di vedere. Su come si vedono le cose. (E su che cosa si pretende da esse)»[7]. Wittgenstein, dunque, dona alla riflessione filosofica «una profonda e pervasiva tensione etica»[8] che riguarda in primo luogo sé stesso ma anche il suo lettore, il quale, in contrasto con il lettore borghese che consuma libri come se fossero merci, deve cercare di cogliere le «vaste prospettive»[9] che si celano nelle sue osservazioni, cercando di ricavarne un profondo arricchimento spirituale.
La tensione etica, pertanto, risiede proprio in questo processo di conversione spirituale che Wittgenstein chiede al suo lettore: intimandogli di abbracciare le verità che il filosofo austriaco vuole condividere con lui.
Oltre la concezione della filosofia fin qui delineata, i Pensieri diversi contengono alcuni passi che ci permettono di comprendere due concetti che stanno alla base della riflessione di Wittgenstein, e cioè il linguaggio e la forma di vita. La filosofia di Wittgenstein è interamente permeata dalla riflessione sul linguaggio e, in particolare, dall’idea che gli esseri umani fanno uso del linguaggio nei più diversi contesti, i quali sono chiamati da Wittgenstein «giochi linguistici»; questi ultimi non sono altro che i contesti sociali o culturali in cui – tramite delle regole – le parole del nostro linguaggio acquistano significato. Dunque, per Wittgenstein il linguaggio prende vita nei diversi giochi linguistici, i quali si radicano in un concetto sfuggente chiamato «forma di vita».
Fra il linguaggio e la forma di vita sussiste una forma di isomorfismo, poiché il linguaggio sorge all’interno di una forma di vita, e cioè «un gruppo concatenato di attività corporee e linguistiche. Il termine […] richiama un vocabolo biologico […] [e] nel contempo evoca differenze culturali»[10]. Wittgenstein torna su questo punto nei Pensieri diversi quando scrive che «l’origine e la forma primitiva del gioco linguistico è una reazione: solo sulla base di questa possono crescere le forme più complicate. Il linguaggio – direi – è un raffinamento, “In principio era l’azione”»[11].
Questo passo è molto prezioso, poiché, da un lato, ci istruisce sul fatto che il linguaggio nasce dalle componenti biologiche (una reazione) e si evolve radicandosi nei contesti culturali di una comunità, fornendo un senso pieno all’espressione secondo la quale il linguaggio si radica nella forma di vita. Dall’altro lato, questo passo indica che il rapporto dell’Homo sapiens con la realtà si fonda primariamente sull’azione e non sulla conoscenza o la razionalità, come sostenevano alcuni filosofi moderni.
Questo primato della vita e dell’azione ci permette di chiarire e di comprendere i numerosi passi sul cristianesimo e sulla religione contenuti nei Pensieri diversi. Per Wittgenstein, la religione condivide con la filosofia il rifiuto della dimensione epistemologica in favore di una dimensione legata all’esistenza: «il cristianesimo dice fra l’altro, credo, che le buone dottrine non servono a nulla. Si dovrebbe cambiare la vita. (O la direzione della vita)»[12]. E continuando su questo tracciato afferma che «la sapienza è qualcosa di freddo e dunque di stupido. (La fede, invece, è una passione). Si potrebbe anche dire: la sapienza non fa che dissimularti la vita.»[13].
Queste annotazioni sembrano essere anomale nel contesto della filosofia di Wittgenstein, ma in realtà ci suggeriscono un importante insegnamento filosofico, e cioè che l’essere umano si dà innanzitutto nella prassi come orizzonte di senso della sua esistenza, la quale assume il carattere di decisione viva in piena sintonia con la natura umana e con l’attività filosofica.
[1] Sulla pubblicazione e la cura del corpus wittgensteiniano possiamo riportare le parole di Marino Rosso, il quale scrive che «dal punto di vista formale-legale la vicenda del Nachlass di Wittgenstein è semplicissima. Egli lasciò in eredità tutti i propri manoscritti a tre dei discepoli più vicini […] Miss Elizabeth Anscombe e George Henrik Von Wright (il terzo discepolo, Rush Rhees, si è dedicato finora, nella propria attività di filosofo, principalmente all’opera e alla figura del maestro)». M. Rosso, «Wittgenstein edito e inedito», in Capire Wittgenstein, a cura di M. Andronico, D. Marconi, C. Penco, Marietti, Genova 2004, p. 31.
Note:
[2] L. Wittgenstein, Pensieri diversi, a cura di G.H. Von Wright, Adelphi, Milano 2021, p. 11.
[3] L. Perissinotto, Wittgenstein. Una guida, Feltrinelli, Milano 2019, p. 66.
[4] L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, a cura di M. Trinchero, Einaudi, Torino 2009, p. 61.
[5] L. Wittgenstein, Pensieri diversi, cit., p. 28.
[6] Ivi, p. 26.
[7] Ivi, pp. 43-44.
[8] L. Perissinotto, Wittgenstein. Una guida, Feltrinelli, Milano 2019, p. 12.
[9] L. Wittgenstein, Pensieri diversi, cit., p. 128.
[10] M. Mazzeo, Le onde del linguaggio. Una guida alle Ricerche filosofiche di Wittgenstein, Carocci, Roma 2013, p. 66.
[11] L. Wittgenstein, Pensieri diversi, cit., p. 68.
[12] Ivi, p. 106.
[13] Ivi, p. 112.