Giuseppe Lubrino (1990) ha conseguito Laurea Magistrale in Scienze Religiose con indirizzo pedagogico-didattico nel 2017 presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale all’Issr. “G. Duns Scoto” di Nola-Acerra.  Ha discusso una dissertazione scritta dal titolo L’Educazione nel pensiero di Joseph Ratzinger. Una pedagogia del cuore. Attualmente insegna Religione Cattolica presso la Scuola Secondaria di secondo grado: “Iti.Marconi-Galilei” a Torre Annunziata (Na). Appassionato di Teologia biblica, approfondisce i suoi studi sul pensiero e l’opera di J. Ratzinger e sulla paideia cristiana.

Recensione: A. Spadaro, Una trama divina. Gesù in controcampo, Marsilio, Venezia 2023, pp. 208, € 15,20.

Antonio Spadaro è un gesuita, teologo, giornalista, critico letterario italiano nonché attuale direttore della rivista «La Civiltà Cattolica». Nel suo ultimo libro, la cui prefazione è curata da papa Francesco, si propone di presentarci la figura di Gesù e il messaggio del Vangelo con un linguaggio teologico “nuovo”, “aggiornato”, che tiene conto delle istanze che lo stesso autore aveva auspicato in una sua opera precedente: “Cyberteologia”.

Una trama divina è un testo suggestivo, travolgente e innovativo nel linguaggio teologico: dimostra la perenne attualità del metodo contemplativo insegnato da Ignazio di Loyola (1491-1556). Egli, infatti, nei suoi Esercizi spirituali esorta i credenti a calarsi, ad occhi chiusi, nei racconti dei Vangeli. Cosicché, grazie all’immaginazione, essi possono “entrare dentro” il racconto e fare un’esperienza di coinvolgimento totale nella trama. Così facendo, la Parola di Dio discende nella vita, stabilisce una ‘connessione’ con  i lettori, crea un’interazione e il miracolo della ‘conversione’ può avere un ‘luogo’ entro cui realizzarsi.

La tradizione che risale ad Ignazio di Loyola vuole che il modo per meditare non sia innanzitutto quello di riflettere sulle parole, ma quello di leggere il brano evangelico, chiudere gli occhi e ricostruire la scena in cui i personaggi agiscono. Chi contempla non è passivo, ma entra nella scena attivamente, interagendo con tutti. Se non si vede, non si entra nel mistero e non si interagisce. Interiorizzare significa interagire (pp. 13-14).

Emerge un ritratto di Gesù esplosivo, vigoroso, energico e sorprendente. Il Dio della Bibbia ha sempre una Parola da offrire all’uomo per far si che le tenebre del cuore siano rischiarate dalla luce del suo insegnamento che illumina, educa alla vita e salva. Il testo vuole essere uno stimolo per suscitare nei giovani la curiosità e il desiderio di conoscere più da vicino gli insegnamenti di Gesù Cristo così da trarne un beneficio per la propria esistenza. Il messaggio del Vangelo è sconvolgente, dal punto di vista esistenziale è rivoluzionario. Coinvolge a tutto tondo i lettori e tocca tutti gli ambiti della loro vita. Spadaro, come un cameraman, focalizza il suo obbiettivo sull’azione trasformante e educante di Gesù nei Vangeli. Si contesta un’idea di Dio e dei suoi insegnamenti rigida e legalista, ci viene presentato il volto amorevole e misericordioso del Dio Padre di Gesù. Il Maestro divino con il suo fare e il suo agire sorprende e sovverte i pensieri e le ideologie, non solo dei suoi contemporanei, ma anche quelle tutt’oggi in voga: nel nostro contesto culturale sembra imperare la cultura della “morte di Dio”, della nullità dei valori etici cristiani, dell’odio e dell’indifferenza verso gli emarginati, gli stranieri, gli ultimi.

Alla luce di ciò, Spadaro ci propone una chiave di lettura della vicenda del Nazareno che propaga una cultura della vita, dell’amore, della pace, del perdono, dell’accoglienza e della cura del prossimo, specialmente, se più fragile e indifeso. Gesù è il Dio che dà vita e, con una capacità unica e inimitabile, infonde speranza e dona salvezza alle persone che incontra lungo il suo peregrinare per le strade della Palestina. Nelle situazioni limite, critiche e disperate Gesù assume un atteggiamento saggio: comprende e condivide la sofferenza e il dolore dell’uomo. Gesù si china su chi è affranto nel corpo e nello spirito, risolleva le sortì dell’umanità conferendogli una nuova dignità: essere persona creata ad “immagine e somiglianza” di Dio. All’interno del testo ci vengono narrati diversi racconti in tal senso: “Il Padre misericordioso” (Lc 15,11-32); “La donna adultera” (Gv 8,1-11); “Il cieco di Gerico” (Mc 10,46-52); “La donna emorroissa” (Lc 8,43-48). Di queste pericopi ci viene indicata una chiave interpretativa nuova che pone in evidenza con chiarezza come l’agire di Dio nella storia umana sia scevero da trionfalismi, giustizialismi e vanagloria.

Il Vangelo ci insegna l’umiltà, il perdono, ci dà una ‘giuda’. Giacché la nostra vita possa trovare nella Parola di Gesù un supporto, un riparo, una casa sulla roccia.  Così facendo, saremo in grado di attraversare, con calma e con fiducia, le intemperie della nostra esistenza che troppo spesso ci appare agitata dal caos delle onde assordanti della quotidianità.

La trama è propria della storia. Non c’è storia senza trama. Dio è entrato nella trama delle vicende umane con una storia che può essere raccontata, dunque. La trama è un tessuto di fili. Gesù si è mischiato in questo intreccio. Non c’è un filo uguale all’altro e, a volte, i fili si annodano. È nella trama delle vicende umane che lo riconosciamo «al lavoro», come scriveva sant’Ignazio: Gesù si commuove, si avvicina, tocca il dolore e la morte e li trasforma in vita. Leggere la vicenda di Gesù non ci allontana dalla trama della nostra esistenza. Anzi, essa ci chiama a guardare la nostra storia, a tornare a incontrarci con essa senza fuggire (p. 8).

L’intera opera ci viene presentata come una trama cinematografica e ci offre un ritratto di Gesù realistico, storico, concreto. I lettori sono invitati ad entrare dentro la storia di Gesù affinché possano trarne un’esperienza che conferisca loro un orizzonte di senso per la propria storia personale. Gesù non ci promette una vita ricca di successo e di gloria, non ci propone un itinerario da seguire il cui percorso è piano, lineare, senza ostacoli, non esclude la possibilità dei nostri fallimenti. Tant’è vero, ci mostra Spadaro, anche Gesù e gli Apostoli hanno fatto esperienza del rifiuto (MT 13,52-58). Tuttavia, nonostante tutto, Gesù ci assicura la sua presenza e ci dona la sua grazia. Essa ci rende capaci di fare i conti con noi stessi, con le nostre fragilità. Alla scuola del vangelo apprendiamo la capacità di trarre forza dalle nostre debolezze, di far nascere da una situazione di dolore, sofferenza, morte e fallimento, un’esperienza di gioia, di soddisfazione e di vita.

Il regno di Dio è un potenziale invisibile capace di cambiare il senso degli eventi, di invertire la direzione della storia, di connettere sottosuolo e cielo, quello in cui affondano i rami di un grande albero. È questo lo spettacolo maestoso che la fede sa vedere (p. 42).

L’agire di Gesù è destabilizzante per i suoi interlocutori, va oltre gli schemi e le convenzioni comuni. Egli denuncia una certa religiosità fatta solo di norme e precetti, ‘merletti al punto giusto’ che appare ‘perfetta’ ma è poi vuota di compassione. Il vangelo ci invita a vivere da ‘riconciliati’ con noi stessi, con gli altri e con Dio. Come realizzare questo? Occorre trovare e recuperare la giusta sinergia tra il culto e la vita, tra la nostra fede e la nostra vita, tra le nostre parole e le nostre azioni. Ciò, ci sarà possibile solo se ci poniamo in ascolto della Parola di Dio e se viviamo la fede all’interno delle nostre comunità ecclesiali, accettando l’alterità e la diversità come una ricchezza e non come degli ostacoli da abbattere. In che cosa consiste l’amore che Gesù ci ha insegnato?

Amore e morte: dare se stessi fino in fondo e senza riserve. Inutile girarci attorno: questo è l’amore cristiano. Ed è un amore concreto che non esclude affatto il sentimento, anzi! Ma con esso non coincide: eccede (p. 29).

L’esistenza cristiana ‘riuscita’ diventa ‘pane spezzato’ per gli altri. Nelle dinamiche relazionali si gioca la partita della fede. L’annuncio del Dio crocifisso-risorto è dirompente e abita la storia umana, ne dirige la trama degli eventi e ci orienta  ad abbeverarci alla fonti della grazia divina.

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