Giusy Capone insegna Lingua e cultura greca e Lingua e cultura latina dal 1998. Giornalista, è redattrice della Rivista culturale bilingue registrata "Orizzonti culturali italo-romeni"; si occupa delle pagine culturali di diversi portali dell'area Nord di Napoli; collabora con l'Istituto di Mediazione linguistica di Napoli; cura un blog letterario.
Compito dello storico è difatti quello di richiamare l’attenzione sulle questioni personali, sociali, politiche e morali che stanno dietro alle rappresentazioni letterarie ed artistiche del mondo greco. Il compito dello storico è quello di presentare anche la realtà della pederastia a tutti… per trovarsi faccia a faccia con uno dei motivi per cui la Grecia fu glorificata, ma che faceva parte di un mondo in cui molti dei nostri valori fondamentali si trovano ad essere sfidati piuttosto che confermati.
Così Robin Osborne. Grecia, tardo VII secolo a.C.: omosocialità, omoerotismo, nudità atletica e potenza erotica del corpo nudo evidenziati con l’uso di olio spalmato su di esso, rappresentazione della nudità, intima convivialità ed un erastès, un uomo adulto, che intrattiene una relazione con un eròmenos, che ex lege ha già compiuto dodici anni, alto pressappoco quanto l’adulto, con i segni insorgenti dello sbocciare della prima barba.
Un bel ragazzo, consapevole del proprio fascino e del tutto assorbito nel rapporto esistente con coloro che lo desiderano. Egli sorriderà dolcemente rivolto all’amante che lo sta ad ammirare; mostrerà pertanto apprezzamento per l’altrui amicizia, per i consigli e l’assistenza ricevuti. Consentirà all’amante di salutarlo, toccandogli affettuosamente i genitali ed il volto, mentre con gli occhi guarda pudicamente verso terra… L’esperienza interiore di un eromenos sarebbe caratterizzata, possiamo immaginare, da un sentimento di orgogliosa autosufficienza. Anche se venisse sollecitato in modo alquanto importuno, lui non ha bisogno di nulla oltre che di se stesso. Egli non desidera lasciarsi esplorare dalla curiosità dei bisogni altri, avendo egli stesso poca o nessuno curiosità verso gli altri. È qualcosa di molto simile ad un dio, alla posa statuaria di un dio greco.
Così Martha Nussbaum. Sì, una relazione sentimentale ed inflessibilmente non mercenaria. È un abuso minorile? L’antico diritto penale ateniese, quale elemento determinante di regolazione del comportamento sessuale, stabiliva un’età minima di 12 anni. Fare di un ragazzo inferiore ai 12 anni il proprio amante era considerata un’infamia e una violazione delle leggi in materia, con conseguenze penali sul reo. Già nella cultura greca si assiste ad una classificazione, regolamentazione e normativizzazione dei desideri e dei comportamenti sessuali. In primis, l’omosessualità femminile era fortemente condannata, in quanto le donne fungevano da strumento di riproduzione o di piacere e non esisteva riconoscimento alcuno della loro eventuale “bisessualità”. Regola sessuale della loro vita era quella di essere sottomesse da un uomo. In secundis, nemmeno agli uomini era permesso di esprimere liberamente le proprie pulsioni individuali. Come ha scritto Eva Cantarella:
L’uomo greco doveva vivere le esperienze omosessuali nel momento giusto, con le persone giuste e secondo le regole giuste. E queste regole […] comportavano l’assunzione di una serie di ruoli non sempre e non necessariamente congeniali a chi li doveva assumere, nel momento in cui era tenuto a farlo. Essere soggetto passivo di un rapporto omosessuale, per cominciare, non necessariamente corrispondeva al desiderio di tutti gli adolescenti. […] [Ed] è anche vero che al ragazzo greco evitare questi rapporti (qualora non corrispondessero alle sue tendenze personali) doveva essere tutt’altro che facile. […] Al ragazzo greco […] si insegnava ad accettare i rapporti sessuali nel modo in cui – diciamo nel secolo scorso – si insegnava a farlo alle donne oneste: non per piacere, ma per dovere.
La codificazione della sessualità nell’antica società greca appare così molto distante dalle mitizzazioni che di essa si sono fatte, soprattutto nelle postume rielaborazioni di certa cultura post-moderna. Il ragazzo greco veniva indotto ad assumere un ruolo passivo nella fascia di età compresa tra i 12 e i 17 anni, ma raggiunta la maggiore età doveva assumere il ruolo attivo dell’amante, sia con le donne che con i ragazzi. Come ci dice ancora Cantarella:
Dire che all’uomo ateniese erano consentite tutte le possibilità di scelta sessuali, insomma, vuol dire offrire della sessualità dei greci un’immagine ben poco corrispondente a realtà: l’idea di una Grecia in cui gli uomini passavano senza problema alcuno da un ruolo sessuale all’altro, così che la bisessualità maschile non causava l’«ansietà» provocata dall’esperienza omosessuale nel mondo moderno, è in verità non poco discutibile. […] La necessità di passare, a un certo momento della vita, dalla parte di oggetto desiderato a quello di soggetto desiderante doveva causare, quantomeno in una parte della popolazione maschile, non solo «ansietà», ma anche problemi non trascurabili, sia psicologici che sessuali.
Se è vero che la pederastia assurgeva al rango di istituzione sociale, i costi di questa istituzione – in termini di libertà – erano assai elevati, e richiedevano controllo e autodisciplina, nonché la cancellazione delle pulsioni individuali. Età, modalità e tempi dei rapporti sessuali erano codificati, così come anche i ruoli da ricoprire. L’uomo greco bisessuale non poteva rinunciare al dovere di procreare e solo la moglie era tenuta alla fedeltà coniugale. Per due omosessuali adulti il problema era anche maggiore, perché su chi assumeva il ruolo passivo dell’amato ricadeva la pesante censura sociale di cui è testimone, per l’Atene del IV secolo, il teatro di Aristofane. Si veda ancora quanto scrive Cantarella:
A differenza di quanto accade oggi (quantomeno di regola) tra due adulti omosessuali, nella coppia greca – infatti – non esisteva intercambiabilità di ruoli. Ricalcando il modello della coppia pederastica, quella composta tra due adulti prevedeva che uno solo dei due assumesse il ruolo dell’amato: e in questo stava, appunto, il problema sociale e morale che determinava tensioni, contraddizioni, ambiguità, e non poca ipocrisia. Uno solo dei due violava formalmente le regole. E la società greca rispondeva a questa constatazione applicando i tipici criteri di una «doppia morale». Uno solo dei due era il vizioso, l’indegno, quello da ridicolizzare: quello che, per lo più, veniva definito katapygōn.
Un rito di passaggio all’età adulta con radici ancestrali nello sciamanesimo neolitico? Forse. Omero tace. Probabilmente perché la pederastia è una pratica di origine eminentemente dorica priva di esistenza formale durante la civiltà micenea. E Achille e Patroclo? Non si confonda l’omosessualità, ipotetica, con la pederastia. È la civiltà minoica a presentare il modello più antico di pederastia codificata: la pederastia come istituzione sociale formale.
Insomma, risultava tutto legale: dopo averne dato notifica ed ottenuto il preventivo consenso del padre, l’uomo, qualificato come degno di onore, procede al sequestro rituale del ragazzo eletto. Qualcuno, come Aristotele, pensava che la pederastia fosse un mezzo di controllo della popolazione: «Il legislatore ha messo a punto numerose misure sagge per garantire il beneficio della moderazione a tavola e la segregazione delle donne, in modo che esse non potessero partorire molti bambini, a tal fine egli istituì le relazioni sessuali tra maschi in forma di pederastia».
In Beozia ci si univa formalmente e si viveva come una coppia. La pederastia tebana era istituita come dispositivo educativo rivolto ai ragazzi al fine di «ammorbidirne, mentre erano ancora giovani e malleabili, la naturale ferocia caratteriale, oltre che temprarne i costumi». Così Plutarco. Ad Atene l’eròmenos era convinto, con numerose elargizioni di regali, a mantenere una relazione: lepri e galli ma anche cervi e felini. Metafora sessuale della caccia? A Sparta, pederastia casta, per lo più: attrazione emozionale, amicizia idealizzata.
Molte varianti e un filo rosso: un uomo libero s’innamora di un adolescente, lo dichiara palesemente e inizia un serrato e costoso corteggiamento, finché questi non lo accetta come un compagno. L’erastès diviene sempre un tutore con funzioni di mentoring: in fondo, Apollo ha insegnato ad Orfeo, uno dei suoi prediletti, a suonare l’arpa; Zeus fa altrettanto con il suo coppiere Ganimede, un soggetto pederastico con poderose connotazioni religiose.
C’è un certo piacere nell’amare un ragazzo (paidophilein), dal momento che una volta in realtà anche il figlio di Crono (cioè, Zeus), re degli immortali, si innamorò di Ganimede, lo afferrò, lo portò via per condurlo nell’Olimpo e qui lo ha fatto diventare immortale, mantenendo così il bel fiore della sua giovinezza (paideia). Quindi, non essere stupito, Simonide, che anch’io sono stato rivelato come uno che è affascinato dall’amore per un bel ragazzo.
Così Teognide proprio di Ganimede. E si sa che gli amori degli dei sono rimembranze atte a configurare quelli dei mortali: «È diceria popolare che i lirici avessero la predilezione per le poesie di argomento Paidico. Queste cose si riferiscono anche agli amori, che riguardano Alceo e Ibico e Anacreonte». Ciò in uno Scolio a Pindaro (Istmica II,1). Siamo sicuri che sia legale? Secondo Paul-Michel Foucault la questione attinente la liceità della pratica pederastica è già dibattuta in quanto «oggetto di una speciale ed intensa preoccupazione morale». Forse, sì, se moderata. Così Jeremy Bentham: «Dovevano vergognarsi di quello che era considerato eccessivo e pertanto un’espressione formale di debolezza, vergogna causata da una consuetudine che tende a distrarre gli uomini da occupazioni ben più preziose e importanti, dovevano vergognarsi dei loro eccessi».
Altre questioni sorgono. La pederastia dovrebbe esprimersi pudicamente o libidinosamente? L’istituzione pederastica è giusta o sbagliata? La pederastia è migliore o peggiore del desiderio verso le donne?
Io non conosco maggiore benedizione per un giovane che sta iniziando il percorso della vita che l’aver un amante virtuoso… né parenti, né onore, né ricchezza, né alcun altro motivo è in grado di impiantare così bene [i semi della virtù] come l’amore… E se vi fosse solo un modo di escogitare che uno stato o un esercito potessero essere costituiti da coppie di amanti con i loro amori, sarebbero questi i migliori governatori della propria città, astenendosi da ogni disonore emulandosi l’un l’altro in onore; ed è poco esagerato dire che quando si trovassero a combatte da ogni lato, avrebbero di certo vinto/conquistato il mondo intero.
Così Platone. La pederastia risulta dunque nell’antica Grecia una istituzione riservata ai liberi cittadini, consacrata dall’establishment religioso, largamente accettata come parte dell’iter formativo e di crescita del cittadino maschio. Scrive Eschine: «Voi conoscete, o ateniesi, Critone… e Periclide… e Polemagene e Pantaleonte… e Timesiteo, erano i più belli non solo delle loro città, ma di tutta la Grecia, e per questo hanno avuto amanti numerosissimi e molto saggi». E se un rapporto fallisce, quantunque normato e regolamentato? I giovani aristocratici rapiti ed oggetto di violenza devono rimanere freddi nell’amore, ma che cosa provano nei confronti degli adulti che li desiderano?
Tanti ragazzi «non odiavano nessuno tanto quanto l’uomo che era stato il loro amante». Frase pronunciata nei riguardi dell’assassino del re Filippo II di Macedonia. Qui si esprime il dito censorio di Esopo: «Va bene, andrò lì, a condizione che se l’amore giungesse là dopo di me, lascerò immediatamente quel luogo». E a Roma? Tacito attacca i costumi greci fatti di «gymnasia et otia et turpes amores». Le relazioni tra un uomo adulto e un maschio adolescente hanno percorso una via più confidenziale e socialmente ritualizzata rispetto ai Greci, in quanto l’uomo può beneficiare della posizione sociale predominante che assuma per sollecitare favori sessuali a giovani suoi sottoposti inferiori nello status sociale d’appartenenza oppure esercitare relazioni di prostituzione con ragazzi nati liberi. Sappiamo che, infine, risultando illegittimo compiere l’atto della penetrazione su giovani nati liberi, i soli che erano secondo la legge autorizzati ad assumere il ruolo di partner sessuale passivo, spesso contro la loro volontà, erano gli schiavi ed i liberti. In altri termini, esisteva un discrimine di tipo classista piuttosto che etico-morale.