Giusy Capone insegna Lingua e cultura greca e Lingua e cultura latina dal 1998. Giornalista, è redattrice della Rivista culturale bilingue registrata "Orizzonti culturali italo-romeni"; si occupa delle pagine culturali di diversi portali dell'area Nord di Napoli; collabora con l'Istituto di Mediazione linguistica di Napoli; cura un blog letterario.

Recensione a: J.-P. Vernant, Le origini del pensiero greco, Feltrinelli, Milano 2018, pp. 128, € 9,00.

Non era forse un po’ troppo azzardato pretendere di delineare in pochi capitoli le origini del pensiero greco, ossia di abbozzare il quadro delle mutazioni intellettuali che si producono tra il Dodicesimo secolo prima della nostra era, quando crollano i reami micenei, e il Quinto secolo, il momento in cui si colloca il fiorire di una città come Atene? Settecento anni da sorvolare, la massima parte dei quali, dal Dodicesimo all’Ottavo secolo, rappresentata dal periodo battezzato dagli storici dell’antichità come “secoli oscuri” giacché, scomparsa in quell’epoca la pratica della scrittura, non disponiamo per conoscerla di nessuna fonte grafica, di nessun testo. Su un’estensione temporale di questo genere non era dunque possibile procedere come uno storico o un archeologo che mobilitano per la loro indagine tutte le risorse della loro disciplina. Nella forma di un semplice saggio, la cui ambizione non era chiudere il dibattito con una ricerca esaustiva ma rilanciarlo orientando la riflessione su una nuova strada, ho così tentato di ridisegnare le grandi linee di un’evoluzione che, dalla monarchia micenea alla città democratica, ha segnato il declino del mito e l’avvento dei saperi razionali. Di questa rivoluzione intellettuale ho proposto un’interpretazione globale che mi sembrava, nella sua coerenza, conforme ai principali dati di fatto di cui disponiamo. Qual è, mi sono dunque chiesto, l’origine del pensiero razionale in Occidente?

Ebbene così Jean Pierre Vernant, storico della filosofia, storico delle religioni ed antropologo francese, autore di un saggio insuperato, edito in Italia nel 1976, pubblicato nel 1962 nella collana Mythes et religions, diretta dallo storico delle religioni Georges Dumézil, un capolavoro che ripercorre il cammino dal mito alla razionalità, dalla tirannide alla democrazia.

Settecento anni di storia ellenica, dal XII al V sec. a.C., cioè dal crollo dei regni micenei determinato dall’invasione dei Dori, fino all’apogeo della civiltà ateniese.

Ciò che Vernant si propone è individuare,  in poco più di cento pagine, la via lungo la quale il pensiero greco è trascorso dall’ambito mitico-religioso a quello logico-razionale o filosofico. A questo fine, egli ritiene basilare raffrontare il periodo miceneo con i secoli VIII e VII a.C., quelli cioè in cui getta le fondamenta il regime della polis e con essa quella laicizzazione del pensiero politico che fu presupposto alla nascita della filosofia: «La ragione greca è “figlia” della città». Ciò, in verità, è affermato anche in Tra mito e politica. Così, l’emergere del pensiero razionale greco è stato principalmente un fatto politico e riguarda i rapporti tra gli uomini piuttosto che la relazione con le cose.

Otto folgoranti capitoli, privi di spocchiosa erudizione, volti ad esplicitare quali siano stati gli elementi di divisione rispetto al passato ed al presente dei “vicini regni orientali” che in Grecia hanno condotto alla nascita di una forma di mentalità innovativa:

Il quadro storico; Il regno miceneo; La crisi della sovranità; L’universo spirituale della polis; La crisi della città. I primi sapienti;  L’organizzazione del cosmo umano; Cosmogonia e miti della sovranità; La nuova immagine del mondo.

Offerta una dettagliata contestualizzazione di natura storica, l’autore ricostituisce la graduale costituzione di una nuova forma di organizzazione politica sulle coste del Mediterraneo orientale del VI sec. a.C., appunto la “città-stato”, saldata all’affiorare di una forma di pensiero razionale, rappresentata in particolare dalla filosofia.

Tale evento storico è descritto come il passaggio dal «mythos al logos», favola e ragionamento:

La scomparsa del re poté quindi preparare, al termine del lungo, oscuro periodo di isolamento e di ricostruzione che viene chiamato Medioevo greco, una duplice e solidale innovazione: l’istituzione della città, la nascita di un pensiero razionale.

Mythos come sfera dell’illogico, del religioso e dell’indecifrabile; logos come lanterna della razionalità, del discorso e della dimostrazione che attinge forza dalla sfida della prassi politica.

In origine, il Mediterraneo non è ancora diviso tra Oriente e Occidente: esso accoglie una serie di popoli differenti che partecipano di una stessa cultura. Il mondo miceneo inizia a formarsi tra la Grecia continentale e Creta; esso è in contatto, mediante relazioni e scambi commerciali, con il Medio Oriente e l’Egitto. La vita sociale si organizza intorno al palazzo ed all’anax, ovvero il re che, oltre a possedere una funzione religiosa, ingloba in sé il potere politico, militare ed economico dell’intero regno. Se il potere è centralizzato, i signori, o basili, vassalli, godono di una parziale autonomia. Gli scribi cretesi pongono le loro abilità al servizio del regno ed implementano tecniche amministrative e di contabilità determinanti per il governo del regno. La sovranità micenea svanirà con l’invasione dei Dori, provocando, inoltre, la perdita di contatto tra il mondo greco e l’Oriente nonché la “scomparsa” della scrittura. Comincia una nuova epoca: da un regno governato da un autocrate si passa ad una molteplicità di “città-stato” in cui il potere è condiviso tra aristocrazia e rurali.  Si assiste ad un’«esplosione di sovranità» poiché la politica, la vita della città, i problemi d’importanza diffusa diventano «il business di tutti» e sono dibattuti nell’agorà, spazio pubblico e secolarizzato, là dove si riuniscono i cittadini liberi, autonomi ed uguali. La polis decreta la superiorità della parola, propone il dibattito, la discussione ed il confronto delle idee:

Tra la politica e il logos c’è così un rapporto stretto, un legame reciproco. L’arte politica consiste essenzialmente nell’utilizzo del linguaggio; e il logos, all’origine, prende coscienza di se stesso, delle sue regole, della sua efficacia, attraverso la sua funzione politica.

Il mondo spirituale della polis è caratterizzato da tre esemplari di pensatori: i saggi, i sofisti e i filosofi. Il saggio è un cittadino reputato “superiore”, depositario di una parola vera. I sofisti sono intellettuali oltremodo presenti nello “spazio pubblico”. Al contrario, i filosofi sono restii a mostrare le loro conoscenze nella sfera privata di una setta o in un dibattito pubblico, quindi, a prendere parte fattivamente all’attività politica. Oltre a ciò, i cittadini si considerano pari tra loro: nasce il principio di uguaglianza. D’altro canto «senza isotes non c’è città, perché non c’è philia». Il mondo sociale assume i contorni di un cosmo circolare e centrato, in cui ciascun cittadino ha una funzione attribuitagli per la durata di 1/10 dell’anno ed occupa tutte le funzioni secondo l’ordine del tempo. Dopo essersi affrancata dalla regalità micenea, aver “creato” la polis e stabilito il principio di uguaglianza, la ragione greca sorge:

Nulla esiste che non sia natura, physis. Gli uomini, il divino, il mondo formano un universo unificato, omogeneo, tutto intero sullo stesso piano; essi sono le parti o gli aspetti di una sola e medesima physis che dappertutto mette in gioco le stesse forze, manifesta la stessa potenza di vita.

Che, però, non si gridi al “miracolo greco”. Al contrario, il “nostro” pensiero è il frutto di un processo lungo e sofferto per cui è «il quotidiano che rende intelligibile l’originale, fornendo modelli per comprendere come il mondo si è formato e ordinato».

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