Anita Piscazzi, poeta, pianista e dottore di ricerca, si occupa di studi etnomusicologici e didattico-musicali. Ha pubblicato le raccolte poetiche: In lumen splendor (Oceano Ed., Sanremo 1999), Amal (Palomar, Bari 2007), Maremàje (Campanotto, Udine 2012), Alba che non so (CartaCanta, Forlì 2018) e diverse monografie, articoli e saggi scientifici su riviste specializzate. Sue poesie sono presenti in Ossigeno Nascente (Atlante dei poeti contemporanei italiani a cura del Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica Alma Mater Studiorum - Università di Bologna), in diverse antologie tra cui Umana, troppo umana (Aragno, Torino 2016), in blog letterari e sulle piattaforme di registrazioni fonetiche di poeti contemporanei nel mondo come “PoetrySoundLibrary” di Londra e “Voices of Italian Poets” dell’Università di Torino. È stata tradotta in diverse lingue e collabora con riviste poetico-letterarie.

Alla ricerca del silenzio perduto: il treno di John Cage

Andare alla ricerca di un silenzio perduto in musica è alquanto provocatorio. Ma come ci insegna John Cage, inventore di un nuovo linguaggio sonoro-musicale, che nell’arte della provocazione è un maestro, “il silenzio è un’autentica materia sonora inteso come effetto di vuoto o sospensione”. Nel 1961 Cage scrisse Silence, che spiegava il suo modo interiore di intendere la musica e che ne ha fatto il padre spirituale del movimento artistico multimediale Fluxus, nato nello stesso anno, all’interno del clima liberale della cultura degli anni Sessanta. Non si trattava di un movimento, ma di un’idea, un modo di vivere, un modo di fare arte. Fluxus si ispirava alla filosofia orientale, la cui essenza è radicata nell’apparente disordine della natura in una sorta di non-intenzionalità. Da questa prospettiva, Cage alimenterà una forte inclinazione verso la filosofia orientale e a ritenere sbagliato parlare di Oriente o di Occidente perché “tutto è centro”.

La musica di Cage, come in molti altri compositori  sperimentali non ha un inizio né una fine, è un percorso, un cammino, un continuo divenire, come suggerisce il taoismo sedimentato nella cultura orientale. L’estetica di Fluxus è un reticolo delle discipline artistiche: poesia, musica, danza, teatro, pittura, scultura, performance e video. È un flusso continuo come un fiume, come la vita, esiste l’incompiuto non una conclusione, in questo movimento convivono musica, happening e performance, le origini risalgono alle esperienze dadaiste del Cabaret Voltaire e a quelle di Marcel Duchamp e di John Cage.  Nel movimento Dada prevalgono caso, gioco e libertà quali componenti del fare arte. Lo spirito dada duchampiano e cageano ha trovato il suo erede in Fluxus che ha recepito un unico insegnamento che accomuna Marcel Duchamp, Erik Satie e John Cage: essere liberi.

Il regista Oskar Fischinger aveva parlato a Cage dello «spirito che si trova dentro a ciascun oggetto di questo mondo» e della possibilità di liberarlo sfiorando l’oggetto, questo aveva spinto il compositore americano a tastare ogni sorta di oggetti, di farli suonare e risuonare per scoprire quali suoni contenessero. Questa sorta di animismo sonoro non è una novità nella storia dell’avanguardia musicale americana. La maggior parte dei pezzi per pianoforte ideati da Henry Cowell dal 1916 in poi erano basati su cluster o su diverse tecniche di manipolazione diretta delle corde. Gli scoppi sonori, i glissandi sinistri, le risonanze arcane erano percepiti come voci degli spiriti annidati nello strumento, come sonorità evocate a scopo misterico e apotropaico.

Cage introdusse nella musica contemporanea il concetto di “alea” che risente della casualità proposta dall’I Ching, l’antico libro cinese dei mutamenti. L’“alea” comprendeva così una dimensione relazionale più ampia e globale ricca di contaminazioni tra le diverse etnie e culture. L’inventore newyorchese metteva in scena la non-azione, il non-suono, fino ad arrivare al silenzio. Trattandosi di casualità o di un esercizio zen, il silenzio funge da catalizzatore di tutti i suoni circostanti, dal traffico urbano al nostro sistema cardio-circolatorio. Cage amava il silenzio, un giorno levò le mani dai suoni e dai pianoforti, dei quali sabotava le corde e sospese i suoni. Le sue leggendarie performance sono minuti di liturgia dell’ascolto di sé.

Lo spettacolo del non suonare ha però delle segrete risonanze magiche, la sua più celebre pièce intitolata 4’33” evoca un numero sacro del taoismo relativo all’armonia numerica della creazione dell’universo. Alla fine decise di liberare il silenzio e ascoltare il suono, ogni genere di suono, compresi i rumori quotidiani: lo squillo del telefono, il clacson del traffico, i rumori della strada attraverso le finestre del suo loft a Manhattan. Si dice che dopo John Cage la musica è cambiata! Ma soprattutto dopo il suo “pianoforte preparato” col quale nel 1938 introdusse una nuova tecnica: inserì tra le corde di un comune pianoforte da concerto vari oggetti di gomma, metallo, plastica, viti, dadi, monete modificando così il timbro dello strumento con una generazione di suoni insoliti.

Uno degli happening più emblematici del nostro tempo fu Alla ricerca del silenzio perduto: il treno di John Cage, sottotitolato, tre escursioni per treno preparato, variazioni su un tema di Tito Gotti che segnò uno spartiacque nella storia musicale. Nel 1978 Cage fu protagonista di una nuova preparazione, questa volta ai danni di un treno! E proprio qui in Italia. L’evento fu organizzato tra il 26 e il 28 giugno a Bologna dal maestro Tito Gotti del Teatro Comunale di Bologna con la partecipazione diretta del compositore. Il concerto, per treno e fermate, ebbe straordinari collaboratori come i promotori di ZAJ, un gruppo d’avanguardia spagnolo di chiara discendenza cagiana: Juan Hidalgo, Walter Marchetti e Esther Ferrer.

Su indicazioni di Cage era stato preparato un treno sul quale venne installato un impianto sonoro: due canali e due altoparlanti per ogni vagone, destinato al pubblico. I microfoni trasmettevano i segnali, ogni tipo di rumore: cigolii, scricchiolii, ma non le conversazioni. Le destinazioni erano tre, lungo linee poco trafficate delle vecchie Ferrovie dello Stato in Emilia Romagna, gli eventi ebbero luogo lungo le seguenti direttrici: Lunedì 26 giugno: Bologna − Porretta Terme – Bologna; Martedì 27 giugno: Bologna − Ravenna – Bologna; Mercoledì 28 giugno: Ravenna − Rimini – Ravenna. Alle fermate previste la gente poteva salire liberamente sul treno e suonare, cantare o danzare.

 La locomotiva era guidata naturalmente da Cage, trainava un vagone d’onore riservato a Marcel Duchamp ed Erik Satie, uno riservato interamente a Merce Cunningham che condivideva il lavoro e il sogno di Cage applicandoli alla danza, un altro dedicato ai due pittori che il compositore ha amato di più: Robert Rauschenberg e Jasper Johns, altri a James Joyce, Arnold Schönberg, Yoko Ono. La locomotiva di Cage è lunghissima, flessibile, libera. L’evento è stato, forse, il più singolare della serie cagiana. Le musiche di Cage, furono eseguite nel vagone di coda e amplificate per tutti i vagoni, si integrarono coi rumori interni ed esterni del treno. Scossoni, stridio, ansiti, vibrazioni dei tender, battito della rotaia, ogni rumore grande o piccolo prodotto dal treno in corsa fu ampliato e incorporato dalla musica del compositore.

Contemporaneamente, il gruppo ZAJ eseguì delle performances. A ogni fermata fu programmata una sosta di venti minuti in cui il treno apriva gli altoparlanti emettendo la registrazione del concerto eseguito nella prima parte del viaggio con un nuovo elemento musicale: quello della stazione di sosta. La banda del paese, il coro della chiesa, complessi, musicisti isolati, cantanti, ballerini popolari, ma anche pittori e scultori locali con le loro voci, e artigiani, gastronomi con le loro specialità declamate furono assunti coi loro suoni e coi loro rumori dal concerto in atto, che registrò e inglobò il tutto.

Ecco l’happening nell’accezione di accadimento, in tutta la sua singolarità di spettacolo, di evento della vita, unico e irripetibile. Non è forse questo il fondamento del movimento Fluxus?  Nel 2008, a Bologna furono celebrate due giornate in ricordo del Treno di John Cage: Take the Cage train, un calambour. Il treno preparato di Cage fu uno sperimentalismo singolare nella storia della musica perché Cage puntò il dito sull’ovvio e lo rese unico. Il suo silenzio è un orecchio aperto sul suono che dà il mondo. E dunque, il viaggio di ritorno del suo treno sarà senza soste, accompagnato dal rumore, al suo arrivo si ascolteranno i suoni della stazione di notte, vuota, calma dove ritroveremo il Silenzio Perduto.

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