Nathan Greppi (1994), giornalista pubblicista, è laureato in Beni culturali (Università degli Studi di Milano) e in Giornalismo, cultura editoriale e comunicazione multimediale (Università degli Studi di Parma). Ha scritto per le testate «Mosaico», «Cultweek», «Fumettologica» e «Il Giornale Off».
Quando si discute di opere artistiche che hanno creato un terreno fertile per le teorie del complotto, la prima che può venire in mente è il romanzo distopico 1984 di George Orwell[1]. In alternativa, non mancano coloro che ritrovano certi topoi narrativi ad esempio nei film dei Fratelli Wachowski, come Matrix e V per Vendetta, oppure nei romanzi di Dan Brown.
Più in generale, l’idea che la realtà non sia come la percepiamo, bensì un’illusione che dobbiamo superare al fine di comprendere la vera natura del mondo, possiede radici molto antiche; in Occidente si vede già nel Mito della Caverna di Platone, mentre per quanto riguarda le culture orientali non si può non citare il mito di Maya, legato alla tradizione induista e che nell’800 venne mutuato nel concetto del “Velo di Maya” dal filosofo Arthur Schopenhauer. Ma negli ultimi decenni, con il declino prima delle religioni tradizionali e poi delle ideologie politiche come il comunismo, certe teorie hanno trovato una nuova linfa vitale, colmando un buco per coloro che necessitano di certezze immutabili in un mondo in perenne mutamento.
Tuttavia, in età contemporanea, c’è un settore artistico che per lungo tempo è stato trascurato da coloro che studiano le teorie occulte e il cospirativismo: quello dei videogiochi, che con il passare dei decenni si sono evoluti sempre di più non solo nella grafica, ma anche nei contenuti, superando spesso come target e fatturato il settore cinematografico.
Una delle prime saghe di videogiochi di successo ad aver sdoganato una narrazione complottista presso un pubblico di massa è stata Deus Ex: iniziata nel 2000 e di produzione americana, la serie è ambientata in un futuro distopico, dove l’umanità viene soggiogata da grandi aziende che controllano tutto, e si svolgono guerre segrete che coinvolgono anche società segrete come gli Illuminati.
In particolare, nel secondo titolo del 2003 Deus Ex: Invisible War, tutto gira attorno a cospirazioni e intrighi politici che si intrecciano continuamente. Ambientato in un America post-apocalittica nell’anno 2072, il gioco immagina un futuro in cui un’oscura multinazionale esercita un controllo pressoché totale sulle forze di sicurezza e sui traffici commerciali. Il protagonista, Alex Denton, è uno studente che deve scegliere da che parte stare in una guerra invisibile che vede dei terroristi contrapporsi alla multinazionale[2].
Un altro franchise che, tra la fine degli anni ’90 e gli anni 2000, ha contribuito a sdoganare questo filone di pensiero è Metal Gear, serie di fantascienza e spionaggio nata nel 1987 dalla mente dell’autore giapponese Hideo Kojima. In particolare, a partire dal titolo del 2001 Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, si fa strada l’idea che il mondo sia governato da una setta segreta nota come i “Patriots”, che controllerebbero i media, gli esiti delle elezioni e l’economia della guerra[3]. Il loro indottrinamento è tale che il protagonista, Raiden, è un soldato che è stato cresciuto e addestrato in una realtà virtuale, e nel corso del gioco non riesce più a capire se i suoi interlocutori, compresi il suo superiore e la sua ragazza, siano reali o se invece sono dei bot di intelligenza artificiale[4].
La saga è stata profetica nel prevedere eventi avvenuti nella realtà, come l’impatto dei social network nel plasmare l’opinione pubblica e l’emergere dei populismi politici. Nel titolo del 2013 Metal Gear Rising: Revengeance, l’antagonista è il senatore Steven Armstrong; intenzionato a diventare il presidente degli Stati Uniti, Armstrong rivela a Raiden di voler “make America great again”. In altre parole, un videogioco ha previsto con tre anni di anticipo lo slogan che avrebbe portato Donald Trump ad essere eletto nel 2016.
Nell’ultimo ventennio, la saga videoludica che più di altre ha avuto successo cavalcando narrazioni complottiste è Assassin’s Creed: realizzata a partire dal 2007 dalla multinazionale francese Ubisoft, ad oggi i suoi titoli hanno venduto più di 200 milioni di copie in tutto il mondo. Ne sono stati tratti inoltre un film, diversi romanzi e fumetti.
La storia è ispirata al conflitto tra la Setta degli Assassini e l’Ordine dei Templari nel XII secolo, ai tempi delle Crociate. Spostandosi nel presente, immagina che le due organizzazioni siano sopravvissute attraverso i secoli, combattendosi a vicenda e decidendo i destini del mondo dietro le quinte, in una guerra in cui i primi difendono la libertà e i secondi vogliono imporre l’ordine. Attraverso un macchinario chiamato “Animus”, i personaggi nel presente rivivono i ricordi di assassini e templari che hanno vissuto in periodi e luoghi diversi: dall’Italia rinascimentale all’America del periodo coloniale, dalla Francia rivoluzionaria all’Inghilterra vittoriana.
Il tema ricorrente della società segreta che controlla il mondo dietro le quinte permea tutta la saga: si teorizza come nelle file dei templari abbiano militato di nascosto innumerevoli personaggi storici di un certo rilievo, quali la dinastia dei Borgia e figure di spicco delle rivoluzioni americana e francese. E continuerebbero a farlo anche nel presente; nel titolo del 2013 Assassin’s Creed IV: Black Flag, si racconta come al giorno d’oggi essi avessero instaurato un regime basato sulla sorveglianza di massa tramite la loro azienda di facciata, la Abstergo, oltre ad inserire chip sotto la pelle delle persone.
Il mito dei templari in realtà nasce ai tempi dell’Illuminismo: siccome l’Ordine venne distrutto nel ‘300 ad opera della monarchia francese e del papato, si era tramandata la leggenda secondo cui la caduta della monarchia durante la Rivoluzione francese avesse realizzato una presunta maledizione lanciata in punto di morte dall’ultimo Gran Maestro templare, Jacques de Molay. Questo mito è alla base del titolo del 2014 Assassin’s Creed: Unity, ambientato a Parigi alla fine del ‘700. Siccome la rivoluzione veniva dipinta non come una rivolta popolare, bensì come il frutto di una cospirazione, sul tema intervenne persino il politico francese Jean-Luc Mélenchon, che etichettò il gioco come “propaganda contro il popolo”[5].
Nonostante le tematiche controverse, la serie ha in alcune occasioni appoggiato delle ricerche storiche serie: quando uscì Black Flag, la Ubisoft finanziò un team di archeologi dell’Università Autonoma di Madrid per rinvenire i resti di un vero corsaro spagnolo, Amaro Pargo, vissuto tra la seconda metà del ‘600 e la prima metà del ‘700. L’azienda intendeva utilizzarne le spoglie per ricostruirne il volto al computer e creare un personaggio per videogiochi che ne riportasse fedelmente la fisionomia[6].
Film come Matrix sono stati fonte di ispirazione per diversi videogiochi con tematiche complottiste: in DMC: Devil May Cry, uscito nel 2013 e reboot di una saga d’azione giapponese, si immagina che la società sia governata dietro le quinte da demoni che si travestono da esseri umani, controllando le banche, i media e le grandi aziende. Tanto che all’inizio del gioco, si vede un hacker mandare un videomessaggio in cui dice alla gente che sono stati “tenuti addormentati in un sonno artificiale troppo a lungo”, come i personaggi di Matrix venivano tenuti addormentati nelle vasche dalle macchine senzienti.
Ancora più ispirata al film dei Wachowski è la saga The Evil Within, anch’essa di produzione giapponese: il protagonista, Sebastian Castellanos, è un agente di polizia che si ritrova senza volerlo intrappolato in un mondo virtuale chiamato STEM, creato dalla società segreta Mobius che controlla i media e la politica dietro le quinte. I due titoli usciti finora, il primo nel 2014 e il secondo nel 2017, sono di fatto delle versioni horror di Matrix, in quanto coloro che si ritrovano intrappolati nello STEM spesso finiscono trasformati in creature simili a degli zombi. È interessante vedere un dialogo tra Sebastian e la sua collega Kidman, in cui il primo dice: “Il modo migliore di nascondere un complotto è convincere la gente che non esiste”.
Da notare come in tutti questi giochi, non sempre il confine tra buoni e cattivi è ben definito: in Assassin’s Creed, sebbene i templari siano quasi sempre i cattivi, poiché autoritari e desiderosi di privare la gente del libero arbitrio, alle volte alcuni di loro sembrano sinceramente convinti di essere nel giusto, in quanto vedono la libertà difesa dagli assassini come caos e anarchia. La lotta tra le due organizzazioni, e di conseguenza quella tra libertà e ordine, viene vista come un circolo eterno che non vede mai vincitori definitivi. E nel titolo del 2014 Assassin’s Creed: Rogue, il giocatore impersona Shay Cormac, un ex-assassino passato dalla parte dei templari, per far capire anche l’altro punto di vista.
L’assenza di una distinzione veramente netta tra buoni e cattivi è ancora più presente in Metal Gear, dove spesso i protagonisti e gli antagonisti principali sono uniti dal desiderio comune di liberare il mondo dai Patriots; con la differenza che i secondi vogliono farlo con metodi più violenti e spregiudicati dei primi. Mentre in The Evil Within, fino all’ultimo Sebastian si ritrova ad essere usato e ricattato dalla Mobius. I suoi avversari vogliono anch’essi sconfiggerla come lui, ma nel farlo non esitano a sacrificare vittime innocenti.
In anni recenti, alcuni esponenti di spicco dell’industria videoludica hanno abbracciato teorie complottiste nella vita reale: l’autore svedese Markus Persson, tra i creatori del celebre videogioco Minecraft, nel 2019 ha dichiarato su Twitter che credere nella teoria di QAnon fosse “legittimo, non dovete credere ai media”[7]. Per questa e altre sue prese di posizione, come ad esempio l’aver criticato le politiche identitarie dei trans, è stato censurato dalla Microsoft alla quale aveva venduto i diritti di Minecraft, e che non lo ha invitato alla cerimonia per l’anniversario del videogioco[8].
In definitiva, le teorie del complotto hanno spesso trovato nel corso dei decenni un terreno fertile in diversi prodotti d’intrattenimento. Questo perché l’idea dell’eroe svantaggiato che combatte contro un nemico potente che trama nell’ombra esercita una certa attrazione. Può essere vista come una rivisitazione della lotta di Davide contro Golia, adattata secondo i gusti del pubblico di oggi.
[1] Nicolò Bindi, 1984, la Bibbia del complottismo?, in «Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee», 13 gennaio 2021.
[2] Tom Loftus, Video games for conspiracy freaks, “NBC News”, 16 gennaio 2004.
[3] Nicholas Gineprini, Me(n)talgear. Come un videogioco ha predetto l’attualità, a cura di Marco Vagnozzi e Alessandro Lolli, Divergenze, Belgioioso 2021, pp. 27-32.
[4] Ibid., pp. 57-61.
[5] L’ex Ministro francese Jean-Luc Mèlenchon denuncia Assassin’s Creed, “e-duesse.it”, 18 novembre 2014.
[6] Mike Elkin, Makers of Assassin’s Creed Excavate a Real Pirate, “Newsweek”, 9 aprile 2014.
[7] Andrew Whalen, QAnon Conspiracy Endorsed By ‘Minecraft’ Creator Markus ‘Notch’ Persson, “Newsweek”, 4 marzo 2019.
[8] Sarah Fields, Minecraft Creator Notch Not Invited to Anniversary Due to Controversial Tweets, “Game Rant”, 30 aprile 2019.