Nathan Greppi (1994), giornalista pubblicista, è laureato in Beni culturali (Università degli Studi di Milano) e in Giornalismo, cultura editoriale e comunicazione multimediale (Università degli Studi di Parma). Ha scritto per le testate «Mosaico», «Cultweek», «Fumettologica» e «Il Giornale Off».

Nell’agosto 2023 ha suscitato grandi aspettative nelle comunità di videogiocatori l’annuncio della pubblicazione di Little Nightmares III, terzo titolo di una saga horror di considerevole successo la cui uscita è prevista entro il 2024[1]. I precedenti titoli, messi assieme, al maggio 2023 risultavano aver venduto un totale di oltre 12 milioni di copie in tutto il mondo[2].

Sviluppata in origine dall’azienda svedese Tarsier Studios e distribuita dal colosso giapponese dei videogiochi Bandai Namco, la serie ha saputo trattare tematiche sociali con una narrazione spesso criptica ed enigmatica, complice il fatto che i personaggi non parlano mai, in grado di esplorare i lati più reconditi dell’animo umano.

Il primo Little Nightmares, uscito nel 2017, è ambientato all’interno di una nave da crociera nota come “Le Fauci”, dove i ricchi ospiti possono mangiare piatti di carne dalle provenienze più macabre, compresa la carne di bambini rapiti. Proprio una di questi bambini, il cui nome è Six, riesce ad evadere dalla propria gabbia e ad intraprendere un lungo percorso per cercare di fuggire dalla nave, ritrovandosi spesso braccata da figure inquietanti e aiutata da strane creature simili a dei folletti, chiamate Nomini.

Ci possono essere diverse chiavi di lettura per interpretare il significato della storia: la prima è che il viaggio di Six rappresenta la crescita, dall’infanzia al mondo degli adulti. Un mondo che agli occhi della bambina risulta brutale e pericoloso, tanto che gli ospiti del ristorante, che hanno sviluppato una dipendenza patologica dal bisogno di mangiare il più possibile, la inseguono anche correndo a quattro zampe pur di mangiarla. Il senso di precarietà è incentivato dal fatto che, essendo disarmata e indifesa, lei può solo fuggire o nascondersi da chi vuole ucciderla.

Il contrasto tra la sua innocenza di bambina e la crudeltà del mondo circostante è rimarcata in maniera metaforica anche dall’oscurità dell’ambientazione, in contrasto sia con il colore giallo sgargiante della giacca di Six, che con la sua capacità di rischiarare l’ambiente accendendo delle lanterne.

Un altro elemento importante della trama è la fame che in più momenti attanaglia Six (non a caso, in origine il gioco doveva chiamarsi Hunger, “Fame”): in diversi momenti, ha dei forti crampi allo stomaco tali per cui fa fatica a reggersi in piedi. Ad ogni crampo, Six sprofonda sempre di più nella follia: se la prima volta un altro bambino condividerà con lei del cibo senza problemi, la seconda divora un pezzo di carne cruda che prima veniva sgranocchiato dai topi; la terza, trova un topo bloccato in una trappola. A quel punto, Six lo divorerà vivo, mentre questo continua ad urlare e a cercare di fuggire in preda al terrore.

Il quarto attacco di fame è quello che lascia più sgomento il giocatore: quando Six è in preda ad un crampo, uno dei Nomini le offre una salsiccia per aiutarla. Per tutta risposta, Six azzanna alla gola il piccolo essere, divorandolo senza pietà. E infine, nello scontro finale con la padrona della nave, Six la finisce azzannandola al collo, sottraendole i suoi poteri soprannaturali. Alla fine, quella che per la prima metà del gioco sembrava una bambina innocente, diventa un mostro che uccide tutti gli ospiti mentre si reca verso l’uscita, rivelandosi non meno spietata di coloro che prima le davano la caccia. Si tramuta da preda a predatrice.

Quello che il gioco sembra dirci è che nella vita non c’è spazio per l’innocenza. Viviamo in un mondo dove i deboli vengono schiacciati, e per sopravvivere devi schiacciare gli altri. Un mondo dove sia l’eccessiva opulenza che una precarietà perenne conducono allo stesso risultato, ovverosia trasformare gli uomini in bestie. Un mondo dove la scelta è tra l’uccidere o l’essere uccisi, divorare o essere divorati[3].

Altrettanto impegnativo sul piano dell’interpretazione è Little Nightmares II, uscito nel 2021. In questo prequel si vestono i panni di Mono, un bambino il cui volto è nascosto sotto un sacchetto di carta. Partendo da un’oscura foresta per giungere ad una misteriosa città in rovina, deve avventurarsi assieme a Six, sua compagna di viaggio dopo che l’ha liberata dalle grinfie di un cacciatore, lungo un sentiero pieno di pericoli.

In questo caso, ad essere sotto accusa è lo stile di vita dell’uomo contemporaneo, a partire dalla costante dipendenza dagli schermi e dai mass media. Nella città, un’entità oscura controlla gli abitanti attraverso i segnali trasmessi dalla televisione. Rimanendo costantemente attaccati ai televisori, i cittadini si ritrovano con il volto deformato, tramutato in una massa di carne piatta e priva di occhi e bocca.

Attraverso questa dipendenza, spinti unicamente dal desiderio di soddisfare i loro bisogni più infimi, gli esseri umani rinunciano alla creatività e al libero arbitrio, divenendo incapaci di formulare un qualunque pensiero critico o di opporsi al controllo sociale[4].

Questo scenario viene preceduto da quello che avviene quando Mono e Six si avventurano dentro una scuola, frequentata da bambini che in realtà sono fatti di ceramica e vengono soggiogati dalla perfida maestra, la quale in realtà è una creatura mostruosa dal collo allungabile (ispirata ai rokurokubi, mostri della mitologia giapponese).

Affrontando questi bambini, noti come i Bulli, si vede che la loro testa è completamente vuota, lasciando trapelare una denuncia dell’educazione odierna: dove, a parte poche eccezioni come le scuole Montessori e steineriane, si cerca solo di inculcare formule e nozioni nei cervelli degli individui, senza aiutarli a sviluppare la creatività e lo spirito critico.

Il risultato è che, mentre sono a lezione e la maestra li terrorizza con la bacchetta, in giro per la scuola li vediamo lottare tra di loro, vandalizzare l’edificio e farsi i dispetti a vicenda quando lei non c’è. Alla fine si ottengono bambini incapaci di relazionarsi con l’altro se non attraverso la violenza, ma che rimangono pur sempre delle fragili vittime di un sistema corrotto[5].

Diverse sono le influenze culturali che hanno ispirato questi giochi: la scena del ristorante trae forte ispirazione dal film animato giapponese del 2001 La città incantata di Hayao Miyazaki. Molti spunti sono stati presi anche dal film di fantascienza del 1995 La città perduta, dove dei bambini venivano rapiti affinché gli adulti potessero estrarre i loro sogni per allungarsi la vita[6].

Il terzo titolo della serie non sarà sviluppato dai Tarsier Studios. Tuttavia, fa ben sperare gli amanti di videogiochi il fatto che i nuovi sviluppatori saranno quelli dell’azienda britannica Supermassive Games, che nell’ultimo decennio ha riscosso un certo successo nel genere horror con titoli come Until Dawn e la saga The Dark Pictures Anthology.

In conclusione, la saga di Little Nightmares dimostra come i videogiochi siano da anni maturati al punto tale da raccontare tematiche impegnative. Come ha spiegato lo scrittore ed editore Fabrizio Venerandi, i videogiochi non sono solo la versione digitale dei giochi preesistenti: «I videogiochi sono qualcosa di assolutamente nuovo, sono una nuova arte, un nuovo linguaggio, un nuovo modo di immaginare e di sognare, un nuovo modo di pensare, progettare e realizzare le cose»[7].

NOTE

[1] R. Pagnotta, Little Nightmares 3: tutto quello che sappiamo sulla nuova avventura di Supermassive Games, in “Lega Nerd”, 24 agosto 2023.

[2] Little Nightmares franchise tops 12 million units sold, in “Bandai Namco Entertainment Asia”, 2 maggio 2023.

[3] D. Naares Scarpello, Little Nightmares – Trama, spoiler e spiegazione, in “NRSGamers”, 15 luglio 2017.

[4] L. Saettone, Little Nightmares 2, tra distopia e critica sociale: ecco le innovazioni, in “Agenda Digitale”, 8 giugno 2021.

[5] S. Colombo, Little Nightmares 2, in “CineWriting”, 11 febbraio 2021.

[6] ‘Little Nightmares’ Lead Designers on Studio Ghibli Influence and a Possible Sequel, in “The Hollywood Reporter”, 30 maggio 2017.

[7] F. Venerandi, Tutti i Gigabyte che abbiamo attraversato, in AA. VV., Guida all’immaginario nerd, Odoya, Bologna 2019, p. 35.

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