Federico Leonardi (1973) ha svolto attività di ricerca e insegnamento a Milano, Firenze e Londra ed è docente ordinario di Filosofia e Storia nei Licei. Oltre a vari saggi in italiano e in inglese, ha scritto le seguenti monografie: Tragedia e Storia (Aracne, 2014); World History (con Luca Maggioni; Rubbettino, 2015), Aristotele: sapere storico e scienza politica, saggio introduttivo ad Aristotele, Scritti politici (Rubbettino, 2020), prima edizione italiana integrale degli scritti politici dello Stagirita, di cui è anche il curatore; Nel cuore dell'Eurasia. Storia di Russia e Ucraina (Aracne, 2022); Le pietre di Roma(Ensemble, 2024). Collabora con RAI Cultura-Filosofia.

Dobbiamo aver dimenticato che la parola storia significa ricerca di cause. Nell’epoca in cui si plasmavano le discipline, Erodoto diede all’indagine politica il nome di storia, andandone a cercare le cause nel passato. Fu un viaggiatore instancabile.

Polonia: Cracovia, Wroclaw (o Breslau), Danzica, Varsavia; Russia: Kaliningrad e san Pietroburgo; Lettonia: Riga e Jurmala; Lituania: Vilnius; Ucraina: Leopoli e Kiev. Nell’agosto 2023 queste sono state le tappe del nostro viaggio di indagine, naturalmente costruito e preparato tra le non piccole difficoltà e i rischi di attraversare Paesi in guerra, sacrificando qualche tappa, come l’Estonia, per approfondirne altre, come la Polonia. Ci siamo assicurati l’accesso all’Ucraina grazie alla Chiesa Cattolica ucraina in Italia, che ci ha fornito lettere di presentazione, con cui abbiamo vinto anche la più che legittima perplessità rispetto al visto russo sul nostro passaporto.

L’unico modo di affrontare l’attuale crisi ci è sembrato l’antico metodo del fare storia, tessendo un filo che lega l’intera Europa Orientale, fino alla domanda: la Russia è Europa oppure no e, se lo è, allora l’Europa è in guerra con se stessa? E poi Oriente e Occidente d’Europa sono divisi soltanto da una partizione geografica, la Germania essendo il discrimine, ultimo avamposto occidentale?

Un sistema di comunicazione sempre più ramificato e pervasivo pretende che giudichiamo prima di comprendere, un sistema politico sempre più vuoto di idee e veri partiti pretende che ci schieriamo prima di giudicare. Comprendere le ragioni di Russia e Ucraina senza giudicare è stato l’obiettivo primario, cercare di intendere come in entrambi gli schieramenti sia percepito l’altro, per vedere se è possibile trovare un punto di contatto e un terreno comune per sanare una frizione dolorosa. Da due anni la guerra continua, senza prospettiva d’uscita.

Affacciarsi nel passato conduce alla comprensione, la ricerca della cause approda in porto. Basta trasporre la nostra attenzione dai luoghi con cui solitamente diamo senso alla storia europea, Mar Mediterraneo e Oceano Atlantico, a un altro mare, il Baltico, e scopriamo che le città principali che vi si affacciano sono di fondazione tedesca. La storia dell’Europa Orientale è stata una storia coloniale; l’Europa orientale è il contrario dell’occidentale: là Stati deboli, qua Stati forti, là Stati in cerca di sovranità, qui in grado di cederla. Andare  indietro anche di un solo secolo mostra che essa è stata il campo di battaglia tra Germania e Russia, laddove oggi noi tendiamo a vederne uno analogo tra Usa e Russia.

Da quando l’Europa esiste, cioè dal crollo dell’Impero romano e dal Medioevo, tutte le terre tra Germania e Russia sono state divise, distrutte, ridisegnate, tirate in ogni direzione, come una terra di nessuno. La Germania si muoveva verso Oriente e la Russia verso Occidente: tutto quello che le divideva era sempre in pericolo. La guerra odierna ha le sue radici in un fenomeno cominciato alla fine del Settecento, culminato nel 1795, ovvero la spartizione della Polonia tra Prussia, Austria e Russia. E sotto la Polonia, passata all’Austria, si trovava metà dell’Ucraina, mentre l’altra metà era sotto la presa russa. Spariva dalla mappa la Polonia e con essa l’Ucraina, mai emersa ancora come Stato autonomo. Così, non ci siamo mai accorti di una sequenza sinistramente illuminante, che le tre guerre del XX secolo, e forse la quarta con cui si apre il XXI, hanno visto e vedono Polonia e Ucraina quali luoghi di conflitto.

La prima guerra mondiale fu combattuta in Polonia e Ucraina tra Russia e Germania, anche se i nomi erano spariti nella spartizione. Nella seconda Stalin e Hitler si spartirono la Polonia, ricomparsa sulle mappe, e Hitler invase tutto l’Est Europa, tenendosi l’Ucraina, allora repubblica sovietica, quale base d’invasione della Russia; la Guerra Fredda vide la Germania divisa in due e la Russia dominare tutto l’Est Europa. Tale parabola ci porta alla conclusione che nell’Ottocento fu evitata una guerra già potenzialmente mondiale con la spartizione della Polonia. Ma ci fa fare anche un ulteriore passo indietro, nella prima modernità e nel Medioevo.

Il luogo più visitato della Polonia è anche il castello più grande d’Europa, porta un doppio nome, Marienburg (tedesco) e Malbork (polacco). Fu capitale di uno Stato prospero e duraturo, lo Stato dei Cavalieri Teutonici. Come dicevamo, nel Baltico non c’è quasi città costiera che non sia di fondazione tedesca: Danzica, Könisgberg (oggi Kaliningrad, Russia), Riga sono state fondate dai Cavalieri Teutonici, che sfruttarono la missione di convertire i popoli baltici al cattolicesimo per controllare il commercio lassù. Giunsero a fondare un loro Stato, in cui inclusero anche Tallin, dopo averla comperata. Sarebbero giunti a controllare tutto il Baltico se i Russi non li avessero fermati nel Golfo di Finlandia. Vilnius resistette e i Lituani, unici nel Baltico, costruirono un loro Stato indipendente ma, intelligentemente, accettando mercanti tedeschi e russi. Lo Stato Teutonico finì nel 1525. Da Nord premevano Svedesi e Danesi per mettere le mani su quei porti, da Occidente i Polacchi, da Oriente la nascente Russia di Mosca. In mezzo a varie guerre i Lituani studiarono la soluzione di unire la propria corona con quella polacca. Per Lettoni ed Estoni, invece, il colonialismo fu doppio: finirono sotto la Russia, ma la dominazione dei commercianti tedeschi non finì. A certificare la presenza russa sul Baltico e come difesa da futuri tentativi tedeschi Pietro il Grande fece erigere una città sull’ultima sponda di quel mare: San Pietroburgo. I tedeschi ci tentarono ancora con Hitler, dopo che si era spartito tutto il Baltico con Stalin, con cui cominciò la russificazione. Risultato: in Lettonia ed Estonia i russi sono ancora il 25%, ma per paura della Russia in Lettonia hanno cittadinanza soltanto se imparano la lingua; molti non votano nemmeno. Situazione peggiore dei russi d’Ucraina che almeno votano o votavano e sono in percentuale di meno, soltanto il 22%. Se la situazione è precipitata in Ucraina, potrebbe precipitare anche nei Paesi Baltici.

Tutto si racchiude in una città simbolo, Kaliningrad, che racconta la secolare contesa tra Germania e Russia per appropriarsi del Baltico. Infatti, Kaliningrad per secoli si è chiamata Königsberg, eminente città tedesca, per la precisione prussiana, poi passata sotto l’URSS nel 1945. Ancora oggi è russa, incuneata tra Polonia e Lettonia, isolata dal resto della Russia, simbolo di una storia non ancora sanata. La Russia la usa come base militare, come spina nel fianco tra Paesi NATO.

Ecco, dunque, che il filo che lega la storia all’attualità ha disegnato il nostro itinerario tra Polonia, Lettonia, Lituania, Russia, compresa Kaliningrad, e Ucraina. La storia è veramente ricerca e conoscenza di cause e oggi è nascosta o usata a scopi propagandistici. Lo scopo del viaggio era comprendere come in ogni Paese la storia sia rappresentata e percepita, abbiamo dialogato con le persone per le strade, nei mercati, nei bar e nei ristoranti. Abbiamo frequentato musei e studiato monumenti, poiché da nessuna parte come in Europa Orientale ci sono così tanti musei nazionali, atti a raccontare tramite cimeli, fonti e didascalie storia e cultura di un Paese. Quasi la dovessero salvare dall’annientamento cui è stata sottoposta e lasciare come monito e insegnamento per il futuro. Noi in Occidente facciamo il contrario, cerchiamo di rimuoverla, facendoci bastare parametri economici, criteri di mercato, al massimo il rispetto dei diritti umani. È stata una scoperta sorprendente e costante vedere come il peso della storia sia ancora vivo da quelle parti e come la paura della Russia sia ancora viva, mentre quella verso la Germania è superata. Se il problema russo è scoppiato in Ucraina, potrebbe farlo anche nei Paesi Baltici.

Naturalmente, fulcro della ricerca e compimento del viaggio sono state Russia e Ucraina. Da lontano, sui nostri media, è presentata come una guerra fratricida e così è percepita soprattutto in Russia ma non in Ucraina. Anzi, presso i Russi spesso capita che gli Ucraini siano dipinti come i propri fratelli poveri: sembra un cliché, che risuona fino nei discorsi presidenziali, tesi a presentare l’Ucraina come la culla della Russia, come una sua costola illegittimamente staccatasi dalla madrepatria e incapace di essere indipendente. Nei discorsi ufficiali Putin ha sempre presentato, non senza fondatezza storica, la tesi che la Russia sarebbe l’autrice dell’indipendenza dell’Ucraina, confluita come repubblica autonoma nell’URSS. Prima dell’URSS l’Ucraina non ebbe mai l’indipendenza. È un discorso che, pur con qualche variazione, circola anche dai noi in Occidente.

È in Ucraina che abbiamo fatto le maggiori scoperte, tuttavia. Là la guerra è sentita come fratricida soltanto perché i due eserciti sono stati scissi dopo il 1991 senza omologare le rispettiva fila, sicché molti russi sono rimasti nell’esercito ucraino come ucraini in quello russo. E lavorare nell’esercito rimaneva e rimane uno dei lavori più remunerati, ancor più difficili da lasciare in tempi di crisi.

Detto questo, in Ucraina è chiara un’operazione contrapposta a quella russa: rivendicare il regno medievale di Kiev come una cultura indipendente che poco aveva a che fare con la Russia successiva, prosperata col Principato di Mosca in età moderna. Molti ucraini ripetono l’idea che i russi, proclamato l’Impero nel Settecento, non potevano stare senza un passato glorioso, come gli ateniesi che, non avendo antenati alla Guerra di Troia, dovettero interpolare Omero. Tra Pietro il Grande e Caterina la Russia si appropria della storia ucraina e della sua cultura facendone il proprio passato, che non aveva, tanto che la cultura russa decolla veramente soltanto nell’Ottocento con i grandi scrittori, come Puskin, Dostoevskij, Tolstoj.

Tra Russia e Ucraina si staglia una vera lotta culturale sull’interpretazione della storia, su cui si gioca anche la legittimità dell’indipendenza ucraina e la sua appartenenza o meno alla storia russa o europea. Ci è capitato di parlare con molti russi d’Ucraina che vivono l’invasione russa come un’atrocità, tanto che ci hanno confessato di sentirsi più ucraini che russi, come se quell’atto abbia risvegliato una loro identità sopita e mai approfondita.

Da ultimo, nell’Europa Orientale si tocca quasi con mano una presenza ancora viva, seppur spazzata via nei fatti: gli ebrei. I numeri sono inequivocabili: dei 9 milioni e mezzo complessivi, 7 milioni e mezzo vivevano nell’Est. L’Europa orientale non è un’estensione dell’Europa occidentale, ha un’altra storia, spesso coloniale, ha subito per secoli l’imperialismo tedesco e russo, e oggi vede l’occasione per non ricadervi. La storia come ricerca di cause ci aiuta a comprendere.

A partire dal prossimo articolo, cominceremo a trattare la Polonia, prima tappa del viaggio. Seguiranno Lettonia, Lituania, Russia e Ucraina.

Buona lettura.

(fine prima puntata)

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