La società aperta eternamente insidiata
«Non lo si ripete mai troppo: non c’è niente di più fecondo di meravigliosi risultati dell’arte di essere libero: ma non c’è niente di più duro del tirocinio della libertà»
«Non lo si ripete mai troppo: non c’è niente di più fecondo di meravigliosi risultati dell’arte di essere libero: ma non c’è niente di più duro del tirocinio della libertà»
Instabilità, precarietà, lentezza, ma anche capacità di autocorrezione, apertura e adattabilità al cambiamento, e dunque mobilità dei suoi contorni. Tale è pressappoco la descrizione dell’ambivalente fisionomia della democrazia liberale con cui William Galston apre e chiude il volume La minaccia populista alla democrazia liberale (Castelvecchi, 2019). Pare, infatti, non esistere altro regime politico, perlomeno finora sperimentato, che riesca a reagire, talora positivamente, altre volte negativamente, agli impulsi e agli stimoli che gli pervengono tanto dall’esterno quanto dall’interno.