Alfonso Lanzieri (1985) ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Filosofia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Presso lo stesso ateneo è attualmente docente a contratto di Bioetica. È inoltre borsista di ricerca presso l’Università del Molise. Dal 2016 è docente incaricato presso la Facoltà Teologica di Napoli e l’ISSR “Duns Scoto” di Nola-Acerra. È docente di ruolo di Filosofia e Storia nei Licei. Si interessa principalmente di filosofia morale e filosofia della mente. Ha pubblicato saggi e articoli su riviste nazionali e internazionali. La sua ultima monografia è Il corpo nell'anima. Henri Bergson e la filosofia della mente (Mimesis, 2022).
Immagina un mondo dove la natura riprende lentamente il suo spazio, gli animali vivono indisturbati e le foreste ricrescono là dove prima c’erano città e strade. È questo, in estrema sintesi, il sogno del Voluntary Human Extinction Movement (VHEMT), un movimento nato negli anni ’90 che propone una visione tanto radicale quanto, almeno nelle intenzioni, pacifica: l’estinzione volontaria dell’umanità. A guidarlo è Les Knight (si tratta di uno pseudonimo), ambientalista americano convinto che il miglior regalo che l’uomo possa fare alla Terra sia smettere di riprodursi. Secondo Knight, ogni nuova nascita contribuisce all’inquinamento, alla distruzione di ecosistemi e alla sofferenza di miliardi di esseri viventi. La soluzione? Non fare figli. Non per odio verso l’umanità, ma per amore del pianeta. Knight stesso ha preso questa decisione da giovane, sottoponendosi a vasectomia a 25 anni. Da allora, ha dedicato la vita a diffondere il messaggio del VHEMT, meritandosi interviste su molti quotidiani, compreso il “New York Times” (23 novembre 2022), al quale Knight ha specificato che il suo movimento non parla di suicidio o genocidio «ma di smettere volontariamente di fare nuovi figli». Il motto del movimento è chiaro: May we live long and die out, cioè che «possiamo vivere a lungo e poi estinguerci».
Sotto certi aspetti, le posizioni del VHEMT trovano un terreno comune con l’antinatalismo teorizzato, tra gli altri, dal filosofo sudafricano David Benatar. Questi sostiene che venire al mondo è sempre un danno, poiché vivere comporta inevitabilmente sofferenza, perdita e desiderio frustrato. A differenza del VHEMT, che si concentra soprattutto sull’impatto ambientale della presenza umana, l’antinatalismo di Benatar si fonda su un esistenzialismo di stampo nichilista e pessimista. Eppure si respira un’aria simile: «Quale risposta si dovrebbe dare alla difficile condizione umana?», si chiede Benatar. La risposta è «desistere dal perpetuarla creando nuovi esseri umani che inevitabilmente incorreranno nella stessa condizione. Ogni nascita è una morte che attende di attuarsi». Da prospettive diverse, si giunge a una conclusione simile: non mettere al mondo nuovi esseri umani è un atto di responsabilità, che può liberare dalla sofferenza e preservare ciò che resta del pianeta. L’annientamento dell’umanità sarebbe in fondo una buona notizia, come emerge anche dai racconti (molto belli) dello scrittore norvegese Peter Zapffe, pessimista ontologico e altra voce significativa del panorama antinatalista. Zapffe paragona la specie umana a un animale preistorico, il cervo gigante. Per via evolutiva, questo cervo arrivò a sviluppare corna così grandi e pesanti da non riuscire a sollevare la testa da terra, e di conseguenza si estinse. Proprio il suo vanto fu la causa della sua scomparsa. Questo sarà anche il destino degli esseri umani, secondo Zapffe: «La cognizione dell’uomo è il suo distintivo d’onore assoluto, ma è troppo sviluppata dalla natura, costringendoci a lottare per obiettivi che sono impossibili da raggiungere. La nostra forte capacità cognitiva e l’impulso a riconoscere ci costringono quindi alla disperazione e alla rovina – se vogliamo essere onesti e seguire il nostro istinto cognitivo a oltranza».
Zapffe è uno degli ispiratori riconosciuti della cosiddetta “ecologia profonda”. Con lui anche Arne Naess, che nel 1975 scrive il fondamentale articolo Il movimento ecologico: ecologia superficiale ed ecologia profonda. Una sintesi, nel quale il filosofo definiva i caratteri del movimento dell’ecologia profonda. Tra questi principi, gioca un ruolo fondamentale l’egualitarismo biosferico, in base al quale tutti gli esseri hanno uguale diritto a vivere e a realizzarsi, pur accettando che in natura esistano conflitti tra specie e individui. Secondo Naess, quindi, occorre mettere in discussione i cardini classici dell’etica occidentale (dai greci alla modernità, passando per la tradizione giudeo-cristiana) alla base dei modelli di sviluppo e del sistema economico-sociale. Il reticolo di associazioni, attivisti e accademici che sostengono questa visione del mondo, ciascuno con le proprie sfumature s’intende, è abbastanza vasto.
L’intero discorso lascia intravedere, ad avviso di chi scrive, un’inquietudine sommersa, che si mostra più attraverso sintomi che in modo diretto. Si tratta dell’inquietudine della “nascita”. Attraverso le leggi sul cosiddetto “fine vita”, possiamo più o meno organizzare la nostra dipartita. Sul nostro ingresso nel mondo, invece, non abbiamo alcun potere: non scegliamo se nascere o meno, né in quali circostanze. Nascita e morte non sono del tutto simmetriche. Certo, nella famosa argomentazione epicurea c’è del vero: quando ci sei tu, non c’è la morte; quanto c’è la morte, tu non ci sei più. Tuttavia abbiamo tante esperienze anticipatrici della nostra morte lungo il corso dell’esistenza: all’origine di tali esperienze, però, ve n’è un’altra di cui non potevamo avere nessuna anticipazione perché ogni esperienza, compresa l’anticipazione della propria morte, è stata possibile a partire da quell’inizio che chiamiamo nascita, che tutte le esperienze rende possibili. Dunque, secondo una certa sensibilità che attraversa il nostro tempo (ma che in verità ha radici molto antiche), la morte è in fondo una liberazione, la nascita un dono ambiguo.
Un turbamento simile attraversa, ad esempio, il pensiero di Jean-Paul Sartre. Per il filosofo francese, l’uomo è condannato a essere libero. Condannato perché non si è creato da sé. Anche qui, la nascita è un fatto non voluto, un’imposizione originaria. Mentre in un pensatore come Emmanuel Levinas essa conduce alla responsabilità per l’Altro (che rappresenta comunque un appello disturbante), in Sartre essa fonda una libertà tragica, isolata, costretta a scegliere senza appigli. L’angoscia non è solo per ciò che potremmo diventare, ma per il peso di un’esistenza mai decisa, il cui peso dobbiamo assumerci. La nascita si può perfino radicalmente maledire. Lo ricorda Nietzsche nella Nascita della tragedia, in cui viene raccontata l’antica leggenda del re Mida che inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno e, una volta raggiunto, gli chiese quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo. Sileno rispose: «Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto».
Il punto cruciale nell’intrico di considerazioni raccolte fin qui, consiste nel rendersi conto di come due posizioni antagoniste in realtà convergono in uno spazio essenziale. Abbiamo da un lato, chi saccheggia il pianeta senza preoccuparsi delle generazioni future, consumando dissennatamente le risorse; dall’altro, chi – per ragioni morali o ecologiche – teorizza la necessità di fermare la catena dell’umanità, proprio per salvare il pianeta e cancellare l’infelicità. Entrambe le scelte, però, anche se si presentano come nemiche, negano ai posteri la possibilità di esistere. Una domanda, dunque, si impone: è possibile che si tratti di due forme speculari di nichilismo? Chi distrugge l’ambiente con indifferenza o avidità sembra agire secondo un nichilismo passivo: quello che Nietzsche aveva diagnosticato nella modernità, dove i valori si svuotano e il senso si dissolve. L’essere umano diventa consumatore terminale della storia, incurante del domani perché incapace di credere ancora in qualcosa. In questo scenario, il futuro viene semplicemente cancellato per disinteresse. Dall’altro lato, l’antinatalismo filosofico e l’ecologismo radicale (nella sua forma misantropica) sostengono che mettere al mondo altri esseri umani sia moralmente sbagliato: per non infliggere sofferenza, o per evitare un ulteriore danno al pianeta. In questo caso il futuro non è ignorato, ma rifiutato per una sorta di eccesso di coscienza. È un nichilismo attivo, lucido, tragico: il futuro non è rimosso, ma descritto con la sola lente della disperazione.
Il filosofo Günther Anders, testimone degli orrori del Novecento e delle minacce della tecnica, parlava della “vergogna prometeica”: quella sensazione di impotenza e insieme invidia che l’uomo prova di fronte al potere tecnologico, che ormai lo sopravanza quanto a capacità performative. In questo senso, l’antinatalismo potrebbe essere figlio di un mondo in cui abbiamo paura di noi stessi. Smettere di procreare diventa l’unico modo per “disinnescare la bomba umana”. Il paradosso dei paradossi, però, è che il rifiuto della speranza possa configurarsi anch’esso come un atto di potere estremo (antropocentrico al massimo), proprio mentre si denuncia il potere distruttivo dell’uomo: decidere per gli altri che non ci sarà nessun altro. Un gesto di vera umiltà potrebbe consistere, invece, nell’accettare con speranza di decentrarsi rispetto alla libertà dei posteri, mantenendo responsabilmente aperta per loro la possibilità di stare al mondo nel rispetto della vita di tutti gli esseri e con un grammo di felicità in più. Quanti distruggono le risorse del pianeta e quanti le vogliono salvare eliminando il consumatore, sono in fondo attanagliati dalla medesima lacuna di speranza e dallo stesso scetticismo sulla storia umana. È questo il terreno emotivo che accomuna cinici e millenaristi, un terreno adatto a eradicare ma poco adatto a costruire, perché, arrivando al fondo, non trova motivi per farlo. Ha ragioni per morire ma non per far nascere.
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