Antonio Magliulo (1962) è professore ordinario di Storia del pensiero economico presso il Dipartimento di Scienze per l'Economia e l'Impresa dell'Università degli Studi di Firenze. Membro della European Society for the History of Economic Thought (ESHET) e della Associazione Italiana per la Storia del pensiero economico (AISPE). Fa parte anche dell’Editorial Board della rivista «History of Economic Thought and Policy». Oltre a numerosi articoli e saggi su riviste nazionali ed internazionali, tra le sue pubblicazioni più recenti: Il pensiero dei padri costituenti: Ezio Vanoni(Il Sole 24 Ore, Milano 2013); Gli economisti e la costruzione dell'Europa(Editrice Apes, Roma 2019); A History of European Economic Thought (Routledge, London 2022).

La definizione più bella di democrazia rimane quella coniata da Abraham Lincoln nel celebre discorso pronunciato a Gettysburg il 19 novembre 1863: «un governo del popolo, dal popolo, per il popolo».

Oggi di quell’ideale resta ben poco. Certo, anche i dittatori, dichiarano di agire per il bene del popolo. Ma pochi sono i governi realmente rappresentativi del popolo o che da esso promanano. La recente elezione del Presidente americano Donald Trump, oltre ad aver allargato la faglia che separa eletti ed elettori, ha sollevato nuovi paradossi con una “destra” che sembra interpretare e difendere i diritti sociali della maggioranza di americani impoveriti e una “sinistra” che sembra arroccata nella difesa dei diritti civili di minoranze affascinate dalla cultura gender e woke.

In questo quadro si nota il disorientamento di molti cattolici, non solo americani, che, dovendo scegliere, scelgono quello che considerano il male minore e cioè una destra che comunque si oppone al diritto all’aborto e alla cultura gender.

Ma può bastare il “male minore”? Cosa possono fare – meglio, cosa sono chiamati ad essere – quei cattolici, pochi o tanti che siano, che considerano la fede un avvenimento, personale e comunitario, che investe tutta la vita, dalla propria famiglia al mondo intero? E qual è, anche in politica, il “bene maggiore”?

Nel tentativo di rispondere, sia pure in modo affrettato e parziale, vedremo, primo, perché Trump ha vinto e cosa si propone di fare, secondo, cosa rischia e cosa può fare l’Europa e, terzo, conclusivamente, qual è il possibile compito politico dei cattolici oggi.

Trump ha vinto perché ha conquistato il consenso di milioni di nuovi proletari americani, i cosiddetti forgotten men, che nei decenni della globalizzazione hanno visto rapidamente e drasticamente intaccato il loro benessere materiale. Trump è stato abile e convincente nell’indicare proprio nella globalizzazione, voluta o assecondata da Presidenti democratici, a cominciare da Clinton, l’origine di quel decadimento.  La globalizzazione avrebbe favorito o consentito l’entrata in America di troppe persone e merci straniere e la contestuale uscita di troppi capitali e investimenti americani. La soluzione prospettata appare semplice e coerente: ribaltare i flussi, riportando in patria capitali e imprese americani e buttando fuori persone e merci straniere. Come? Semplice: con la deportazione di milioni di immigrati, erigendo muri ai confini nazionali, concedendo incentivi fiscali a chi riporta o mantiene sul suolo natio fabbriche e impianti e imponendo dazi elevati (dal 10 al 60%) a prodotti importati. Così, mentre la “sinistra” democratica prometteva nuovi diritti civili a minoranze agguerrite, ma pur sempre minoranze, la “destra” repubblicana conquistava la maggioranza di americani arrabbiati e desiderosi di riscatto sociale.

Il problema è che la ricetta di Trump, apparentemente semplice ed efficace, è in realtà complicata e inefficace. Con quella politica, è possibile, nel breve periodo, migliorare la condizione dei poveri americani aggravando la condizione dei poveri del resto del mondo ma, nel medio o lungo termine, peggiora il benessere di tutti. I dazi faranno infatti lievitare i prezzi dei prodotti cinesi ed europei che gli americani saranno comunque costretti o desiderosi di acquistare. Si calcola che quei dazi costeranno mediamente 200 dollari al mese per famiglia.

In breve, Trump ha conquistato il consenso della maggioranza scatenando una guerra tra poveri e indicando nell’altro, nello straniero, un nemico che minaccia il benessere degli americani.

Dopo Trump, l’Europa rischia un rapido declino o, se si preferiscono le parole di Mario Draghi, una lenta agonia. La ragione sostanziale è che l’Unione europea resta una costruzione incompiuta che, privando le autorità politiche, nazionali e soprattutto comunitarie, dei necessari strumenti di politica economica non riesce, ormai da anni, a risollevare la produttività del lavoro necessaria per accrescere il reddito e per competere nell’economia globale. Basti pensare alla difficoltà di emettere debito comune per finanziare gli ingenti investimenti indispensabili a compiere la transizione energetica e digitale.

L’elezione di Trump rischia di far regredire l’Unione europea verso una debole e fragile Confederazione di Stati nazionali. Al multilateralismo Trump preferisce infatti il bilateralismo nelle relazioni sia internazionali che transatlantiche seguendo la logica del divide et impera. E potrebbe avere successo in una fase storica in cui si diffonde nell’opinione pubblica un sentimento antieuropeista, si rafforzano i partiti nazionalisti e si indebolisce l’asse franco-tedesco.

L’Europa diventerebbe un’associazione di deboli Stati nazionali nuovamente asserviti a potenze straniere. L’Unione europea dovrebbe invece accelerare nella direzione di una compiuta Federazione di Stati nazionali, magari multilivello: un’Europa a cerchi concentrici con alcuni Paesi che partecipano solo al Mercato interno, altri anche all’Unione economica e monetaria e altri, infine, che danno vita ad una compiuta Unione federale con un esercito comune e una centralizzata politica fiscale.

In breve, dopo Trump, l’Unione europea rischia davvero di regredire verso una Confederazione anziché diventare una vera Federazione.

In questo quadro si apre un nuovo spazio politico anche per i cattolici, in Italia e nel mondo.

I cattolici hanno fondato l’Europa. Non a caso, quelli che ancora oggi consideriamo i padri fondatori – Adenauer, De Gasperi e Schuman – sono in odore di santità. L’hanno fondata sui complementari principi di sussidiarietà e solidarietà. La sussidiarietà avrebbe consentito di conciliare e armonizzare i diversi interessi nazionali mentre la solidarietà avrebbe dovuto costantemente ispirare le relazioni intra ed extra europee.

I cattolici, da sempre, sono vicini ai poveri e agli ultimi, con una fitta rete di opere assistenziali, sanitarie, educative, finanziarie. In anni più recenti si sono presi cura degli immigranti favorendo percorsi di accoglienza e integrazione. Hanno praticato, con gratuità, la carità privata. Oggi sono chiamati a vivere anche la carità pubblica e cioè la politica intesa come la forma più alta di carità o, come preferisce dire Papa Francesco, come “amore sociale”. Il Papa fornisce esempi illuminanti. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare il fiume compie un gesto di autentica carità. Se il governo locale vi costruisce un ponte compie un gesto di eguale carità. Per estensione, possiamo immaginare convergenti azioni di amore privato e pubblico nei confronti di donne in difficoltà, immigrati, anziani, disoccupati, adolescenti in crisi e così via.

Lo scopo della politica è difendere e promuovere l’infinita dignità di ogni persona umana, sempre e ovunque. Oggi i cattolici scelgono, come anche il Papa ha suggerito di fare, il “male minore”. Ma è tempo di cercare anche il “bene maggiore”. E il bene maggiore, come sempre, è accorgersi, riconoscere, che si è amati da Dio e dunque amare gli altri. L’altro non è un nemico, l’economia non è un gioco a somma zero in cui qualcuno vince a danno di altri. Questo fu l’errore commesso dai mercantilisti nei secoli XVI e XVII che Adam Smith smascherò già nel 1776 e che Trump rischia di ripetere. L’altro è un bene, una risorsa. L’economia è un gioco a somma positiva da cui tutti possono trarre un beneficio, più o meno grande. Ma va governata, col concorso delle istituzioni, nazionali e sovranazionali, e della società civile organizzata. Altrimenti esplodono le ingiustizie e disuguaglianze che fanno la fortuna di uomini come Trump.

Lo scorso anno, in occasione dell’ottantesimo anniversario del Codice di Camaldoli, il testo che ispirò i cattolici nella stesura della Costituzione repubblicana, il cardinal Matteo Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, auspicò una Camaldoli europea, con partecipanti da tutta Europa, per parlare di Europa e democrazia.

La speranza è che sia presto accolto il reiterato appello del cardinal Zuppi e possa nascere, a Camaldoli, un movimento popolare europeo capace di elaborare, diffondere e praticare una cultura dell’amore sociale, in Europa e nel mondo. C’è bisogno di un’iniziativa di popolo, dal basso. Resta vero quello che diceva Lincoln: la democrazia è il governo del popolo, dal popolo e per il popolo. All’attesa della povera gente si può, si deve, rispondere come faceva Giorgio La Pira.

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