Katiuscia Vammacigna, nata e cresciuta a Brindisi, si laurea in Filosofia a Lecce, specializzandosi a Parma, dove insegna per diversi anni. Tornata a Brindisi, si dedica a passioni quali scrittura, teatro, filosofia. Frequenta corsi di scrittura creativa e partecipa a diversi concorsi letterari. Nel 2018 si classifica seconda nel concorso letterario Verso l’altro, promosso dall’associazione Jonathan di Brindisi, con il racconto La mia terra non ha nome. Sempre nel 2018 riceve una menzione di merito per il Premio Letterario Nazionale Città di Mesagne con il racconto Odore di salsedine su Tunisi. Si definisce ironica, appassionata e curiosa di indagare ancora sè stessa e il mondo attraverso la scrittura.
Le premesse dell’integrazione europea le ritroviamo nell’attività di Giulio Bergman, vicino al pensiero liberale italiano. Avvocato e politico nato a Milano nel 1881, dopo l’ascesa di Mussolini, è costretto all’esilio in Svizzera, dove abbraccia la causa federalista ed europeista. Subisce l’influenza del Partito Repubblicano Italiano (Pri), del Partito d’Azione e del Movimento Federalista Europeo[1]. Con il Pri, egli giungerà prima in Senato e poi a Strasburgo, verso il percorso politico dell’europeismo[2]. Ma le sue radici culturali si trovano nell’opera di G. Mazzini, di C. Cattaneo e nell’ideale politico di conciliazione del progetto unitario di Mazzini con quello federalista di Cattaneo. L’impegno europeista di Bergman si muove sia sul fronte interno con l’attività parlamentare nel PRI, sia sul fronte esterno con il contributo dato a Strasburgo, nell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa. Bergman aspirava ad un terzaforzismo, capace di rendere l’Europa un nucleo intermedio di forze economico-politiche, tra Usa e Urss.
ll Congresso dell’Aja del 1948 fu una tappa importante del processo di integrazione, con la nascita del Consiglio d’Europa. Iniziava così, il dibattito sull’unificazione europea. Ma il processo di integrazione presentava già agli esordi lacune, in quanto mancava l’idea di un’Europa politica. In Italia, con il centrismo di De Gasperi, si avvia l’iter verso l’europeismo e l’allineamento al Patto atlantico, con il Piano Marshall e l’avvio del piano Schuman che con la Conferenza di Parigi, porterà alla Costituzione della Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (Ceca). Si concretizza così, il primo livello di integrazione, quello economico. Il dibattito politico, anche in Italia, entra nel vivo. Nel Senato si discusse la proposta di un’organizzazione politica federale a cui seguisse un Parlamento europeo a cui demandare parte della sovranità per esercitarla in comune[3].
L’Italia doveva essere per Bergman una forza mediatrice tra interessi atlantici e buoni rapporti con la Russia, a garanzia della pace sociale, oltre che facilitare la soluzione della divisione tedesca. Ma la via mediatrice fu resa vana dal consolidarsi del Patto atlantico. Il repubblicano Parri sottolineò l’opportunità che il Patto non si trasformasse in una gabbia ideologica[4] che avrebbe reso vane le forze intermedie. Per Bergman era necessario non ripetere gli errori del passato, come quelli commessi dalla Società delle Nazioni e dall’Onu sulla questione tedesca. Bergman, pur riconoscendo l’importanza del supporto americano, considerava l’unità europea e […] l’obiettivo di una Costituzione, affari esclusivi degli europei[5]. Egli auspicava un avvicinamento della Francia alla Germania, in quanto la Germania era un partner economico, in vista dell’unione carbosiderurgica. Ma l’unione franco-tedesca era mal vista da Parigi. A questa criticità si aggiunse la reticenza dell’Inghilterra sui vincoli di un patto politico sovranazionale. Il dibattito sull’Europa unita però continuò e si discusse sulla necessità che l’Europa si dotasse di una propria Assemblea costituente. Nel 1950 iniziano a Parigi i negoziati tra Francia, Germania, Italia e i tre paesi del Benelux, per redigere il Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, firmato nel 1951 a Parigi. Come affermò Sandro Guerrieri, la CECA rappresentò l’equivalente simbolico di un trattato di pace con la Germania[6].
Il Trattato entra in vigore nel luglio 1952 e nel settembre, si insediò il Parlamento comunitario, con le delegazioni nazionali dei Sei stati membri. Nel settembre 1949, in occasione della discussione assembleare i democristiani Parri e Bergman avevano presentato un emendamento per rafforzare il ruolo dell’Assemblea consultiva e trasformare il Consiglio d’Europa in un organismo sopranazionale e un’autorità politica europea.[7] Ma dinanzi alla proposta di una rettifica del testo, essi ritirano l’emendamento. Per superare le divergenze l’Assemblea concluse i lavori con una formula che metteva d’accordo tutti: il Consiglio d’Europa si sarebbe adoperato per dar vita ad un’autorità politica <con funzioni limitate, ma con poteri reali>. [8]Come sottolinea Daniela Preda, le due facce (…) dell’europeismo si scontrarono già in questa sessione inaugurale, tanto da richiedere da parte inglese (…) la coniugazione di un nuovo vocabolo (…): funzionalismo[9].
L’Unione europea dei federalisti (Uef) ipotizzò un patto federale per l’Europa che prevedeva l’elezione diretta di un Parlamento europeo. Bergman partecipò a Strasburgo all’attività dell’Assemblea sui temi principali dell’integrazione. Nel 1950 l’avvocato milanese firmò insieme ad altri, una proposta di risoluzione per la Formazione di un Patto federale europeo e l’istituzione di un’autorità politica europea, con funzioni anche di difesa. Il Patto e la petizione non furono accolti. Il Piano Schuman incoraggiò la discussione sul tema dell’integrazione politico-istituzionale, ma esso incontrava la diffidenza della Gran Bretagna. Dopo lo scoppio della guerra di Corea nel 1950, si aprì la strada all’avvio di un progetto di collaborazione militare tra gli Stati europei, la Comunità Europea di Difesa (CED), sostenuto dalla Francia di Pleven nel 1950 e dall’Italia di De Gasperi. Seguì la discussione sull’ipotesi di formare un esercito integrato e una concreta Comunità Politica Europea (CPE). Il Piano Pleven prevedeva l’inclusione di unità militari della Repubblica federale tedesca, ostacolata dalla Francia. Ma durante la seduta dell’Assemblea consultiva, sorsero contrasti tra atlantisti ed europeisti. Nel 1951, durante la Conferenza di Parigi, i federalisti guidati da A. Spinelli, chiesero la formazione di una comunità politica, prospettiva accolta nel Trattato istitutivo della Comunità europea di difesa, firmato a Parigi il 27 maggio 1952. De Gasperi appoggiò il progetto. Anche se sul piano militare si registrava un rafforzamento del sistema atlantico, sotto la guida americana, la CED introduceva la novità di un’autorità politica e di un’Assemblea costituente. Come ha osservato D. Preda, l’Europa del ’52 fu un vero cantiere[10] di confronto sull’integrazione politica e di difesa europea. Nel settembre 1952, il Consiglio dei Ministri della CECA approvò una risoluzione in cui invitava i membri dell’Assemblea comune ad elaborare il Progetto del Trattato istitutivo di una Comunità Politica europea[11]. Con 51 voti favorevoli, l’Assemblea iniziò i lavori. Bergman prese parte alle attività della Commissione e della Sottocommissione. Ma sorsero diverse problematiche sulla questione della cessione della sovranità, contestata dai francesi e difesa da italiani e tedeschi, pronti a gettare i pilastri di una Comunità politica sovrannazionale[12]. Le sorti della Comunità politica erano legate all’esito dei procedimenti di ratifica del Trattato CED. Ma la mancata ratifica al CED venne dal Parlamento francese con una mozione approvata nel 1954, che sancì la morte della Comunità europea di difesa[13], con effetti negativi sul progetto politico europeo. Il progetto sull’Europa unita non si fermò, ma emersero già in questo primo nucleo di integrazione, le criticità e le potenzialità di un progetto ancora oggi, oggetto di discussione.
Note:
[1] M.A. Napolitano, Verso l’Europa Unita, Il percorso politico-istittuzionale di Giulio Bergman, Aracne editrice, Canterano (RM) 2020, p. 61
[2] Ivi, p. 71.
[3] Ivi, p. 87.
[4] Ivi p. 93.
[5] Ivi, p. 100.
[6] Ivi, p. 107.
[7] Ivi, p. 153.
[8] Ivi, p. 156 cfr. D. Preda, Storia di una speranza. La battaglia per la CED e la Federazione europea, Jaka Book, Milano 1990, 45 n.
[9] Ivi, p. 157 cfr. D. PREDA, Storia di una speranza, cit., 45 n.
[10] Ivi, p. 169, n 178 Cfr D. Preda, Sulla soglia dell’unione. La vicenda della Comunità politica europea (1952-1954), cit., p. 54.
[11] Ivi, p. 171, n. 183. Cfr. S. Guerrieri, Un Parlamento oltre le nazioni. L’Assemblea Comune della CECA e le sfide dell’integrazione europea (1952-1958), cit., p. 98.
[12] Ivi, p. 173.
[13] Ivi, p. 176.