Nicolò Bindi (1991) si è laureato in Filologia Moderna all’Università degli studi di Pisa, discutendo una tesi su “Teoria e pratica del futurismo. Palazzeschi, Marinetti, Soffici”. Interessato principalmente agli aspetti stilistici, metrici e linguistici, sta concentrando le sue ricerche letterarie soprattutto sugli autori delle avanguardie storiche e del modernismo italiano ed europeo. Collabora con diverse associazioni culturali. È docente presso l'Istituto "Francesco Datini" di Prato.
Breve corso di scrittura creativa.
Ovvero, come scrivere un capolavoro senza scrivere un capolavoro
Dopo secoli bui, aridi, noiosi, finalmente la variopinta creatività ha vinto la sua pacifica guerra contro la grigia tirannide della tradizione, liberando la letteratura da quelle asfissianti catene che la opprimevano. Oggi tutti possono scrivere, anche quelli che fanno a meno di leggere! Non si deve più temere un rifiuto degli editori, oppure critiche negative al proprio lavoro. Nel primo caso basta avere abbastanza soldi per pagarsi la pubblicazione, nel secondo caso potrete sempre rispondere: “Se il libro non ti piace, puoi anche leggere altro”, incassando il plauso di amici e parenti.
Il passo avanti è assai evidente, ma ancora non possiamo certo dirci soddisfatti. Molti problemi, infatti, sono rimasti irrisolti. Il primo tra tutti è: cosa potrebbe mai scrivere una persona che non ha niente da dire e non ha nemmeno troppa dimestichezza con la scrittura? Qualche reazionario risponderebbe: “Nulla”. Ma siamo davvero così privi di cuore da non voler permettere anche a loro di confezionare, come tutti gli altri, un capolavoro? È per questo, d’altronde, che alcuni pionieri hanno dato inizio alle scuole di scrittura creativa: per insegnare a scrivere a chi non ha nulla da scrivere. Purtroppo, però, non tutti hanno il tempo o la voglia di seguirli, ed è per questo, che, con vero spirito di dedizione, ho deciso di condensare in un breve articolo tutti i consigli più preziosi per permettere a chiunque di diventare uno scrittore, riguardo gli strumenti, le forme, il linguaggio e le letture.
Cominciamo.
1. Gli strumenti
La scelta del mezzo da utilizzare per scrivere il proprio capolavoro non è cosa da poco. Non tutti, infatti, hanno lo stesso valore. Prendiamo ad esempio il computer: vi sembra un oggetto che sprigiona creatività? Siamo seri: si è mai sentito di un capolavoro scritto al computer? Vi immaginate Dante che apre Microsoft Word? Shakespeare intento ad installare gli aggiornamenti di Office? Che figura ci fareste a dire ai vostri amici che quei versi così emotivi e pregni di vita sono stati scritti su un freddo schermo? È necessario, quindi, sforzarsi di trovare metodi di scrittura stravaganti, originali e magari anche un po’ vintage.
Facciamo qualche esempio:
a) Metodo vintage
«Ma tu le tue poesie dove le scrivi?»
«Senti, mia mamma mi ha dato la sua vecchia macchina da scrivere. Un sacco bella. È che io al computer non riesco. Troppo alienante. La macchina da scrivere invece fica, mi ci trovo molto meglio.»
b) Metodo originale e vintage
«Ma tu le poesie dove le scrivi?»
«Carta e penna. È che al computer non riesco. Troppo alienante. Però non uso i quaderni italiani. Ordino da una cartiera parigina uno stock di quaderni con la riga francese ogni trenta giorni. Così mi sento più vicino a Baudelaire.»
c) Metodo stravagante, originale e vintage.
«Ma tu le poesie dove le scrivi?»
«Sui muri di casa. Col sangue. È che col computer non riesco. Troppo alienante. Ogni poesia è una sofferenza dell’anima, che così io traduco in sofferenza fisica. Avresti un po’ di zucchero?»
2. Le forme
1) Se vai a capo prima della fine del rigo, è una poesia. Altrimenti, è un romanzo autobiografico di introspezione psicologica.
Esempi:
a) Poesia
In secondo luogo, la l. n. 241/1990
Cerca di superare anche la tradizionale
Separatezza tra le stesse pubbliche
Amministrazioni, ciascuna titolare
Di poteri autonomi, con scarsi
Canali di comunicazione reciproca.[1]
b) Romanzo autobiografico di introspezione psicologica
In secondo luogo, la l. n. 241/1990 cerca di superare anche la tradizionale separatezza tra le stesse pubbliche amministrazioni, ciascuna titolare di poteri autonomi, con scarsi canali di comunicazione reciproca.
Come si nota dagli esempi, le due forme letterarie provocano nel lettore stati d’animo molto differenti: più emozionante la prima, più descrittiva la seconda. La differenza tra i due testi è una sfumatura di bellezza artistica variabile ed epidermica.
3. Il linguaggio
Questo punto ha un’importanza strategica enorme nella creazione del nostro capolavoro. Esistono infatti delle parole che, se utilizzate, creano subito un senso di alta poeticità e letteratura. Non importa che le frasi abbiano un senso, basta inserire una di queste parole ad alto tasso di liricità e il gioco è fatto!
Eccone qua alcune: amore, luna, cielo, notte, cuore, Costituzione, idea, sogno, Resistenza.
Nessuna di queste, però, può competere con LA parola poetica per antonomasia: “stelle”.
La potenza di “stelle” è tale da poter salvare, da sola, un intero romanzo: è l’essenza stessa del successo letterario.
“Stelle” crea una linea di demarcazione tra la normale frase di un romanzo qualunque e l’unico aforisma che ti ricordi di tutta l’opera di un autore.
Saggiamone la forza:
a) Frase senza «stelle»
ABACAVIR FOSFATO, controindicazioni: Non deve essere somministrato a pazienti con ipersensibilità nota ad abciximab, ad un qualsiasi componente del prodotto o ad anticorpi monoclonali murini[2].
b) Frase con «stelle»
STELLE, controindicazioni: Non devono essere somministrate a pazienti con ipersensibilità nota ad abciximab, ad un qualsiasi componente del prodotto o ad anticorpi monoclonali murini.
Nella prima frase è apprezzabile la costruzione chiara, sicura e sintetica. Nonostante i suoi pregi letterari, però, fatica a rimanere impressa, a stuzzicare il lettore. Non regge minimamente il confronto con la seconda, talmente evocativa da poter essere spendibile anche come didascalia Instagram. Ma vediamo di fornire esempi di belle frasi ottenibili con altre parole liriche:
a) Il mio amore è fondato sul lavoro come la Costituzione.
Qua si noti anche l’assonanza, che rende la frase particolarmente poetica.
b) Ho sognato la notte la luna nel cuore.
Ottima ammucchiata nonsense tatticamente valida per ardite avances sentimentali.
c) Nel cielo le stelle volano sull’idea della Resistenza.
Come sopra, ma per fanciulli o fanciulle politicamente impegnati.
4. Le letture
Leggere fa bene, certo, ma vediamo di non esagerare. Leggere troppo, soprattutto troppi classici, potrebbe convincere l’aspirante scrittore di non essere capace. Questo, però, fa nascere una questione: se psicologicamente ci siamo liberati dall’incubo della lettura, la sovrastruttura sociale ancora esige che lo scrittore abbia fama di grande lettore. Quindi: per non perdere fiducia è necessario non leggere, ma per far bella figura in società è necessario far vedere che si legge.
La soluzione? Facile: comprare un sacco di libri, fare le foto alle copertine, diffonderle tramite social network, non leggerli veramente (al massimo, sono consentiti Calvino e Rodari).
I libri, però, non devono essere acquistati a caso: prediligere i volumi che abbiano più di 150 pagine, assicurarsi sempre un ottimo equilibrio tra autori conosciuti e sconosciuti, se russi, meglio.
Sarà poi d’obbligo avere, in casa, come Bibbia, l’Ulysses di Joyce. Non per leggerlo (esattamente come la Bibbia), ma per usarlo nei modi più creativi: fermacarte, fermaporta, cuscino, soprammobile, oggetto che ferma una pallottola prima che questa arrivi al tuo cuore…
È poi sconsigliabile citare come maestri autori vissuti prima del Novecento. Se si vuole dare un’immagine anticonformista di sé stessi, è bene sbandierare una passione per Charles Bukowski. Se invece si vuole fare i politicamente impegnati, i neorealisti anticapitalisti, niente di meglio di Pier Paolo Pasolini.
In generale, quando qualcuno chiede da quali letture hai tratto ispirazione, è bene fare almeno due nomi: uno abbastanza famoso, l’altro un totale sconosciuto, o, a seconda, un nome spiazzante. Anche in questo caso facciamo un esempio puntuale:
a) Nome famoso, nome di un totale sconosciuto:
«Che autori ti hanno maggiormente ispirato?»
«Beh, sicuramente Pasolini. Con le sue profezie sociali, ma anche con il cinema, ha tracciato una forte via nella mia anima. Il mio stile però lo devo tutto a Saturnio Montanari, vero faro illuminante del Novecento».
b) Nome famoso, personaggio spiazzante:
«Che autori ti hanno maggiormente ispirato?»
«Beh, sicuramente Bukowski, con il suo nichilismo passivo denunciante il nulla che si nasconde dietro la patina scintillante della società moderna. Il mio stile però lo devo alla Saponatrice di Correggio, vero faro illuminante del Novecento».
Con questo ultimo punto si concludono i miei umili consigli, volti a indirizzare gli aspiranti autori verso la libera strada della Letteratura. E visto che la sua essenza è proprio la libertà, contro ammuffite regole e stereotipi, si prendano pure, i nostri eroi, la libertà di poter ignorare queste direttive.
Io, ad esempio, non ne utilizzo neanche una.
Note:
[1] M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, il Mulino, Bologna 2019 p. 242.
[2] Farmabank, gennaio 2002, Lusofarmaco, p. 1.