Tania Naomi Sportiello (1996) è laureata in Lettere e sta per conseguire la laurea magistrale in Filologia Moderna presso l'Università degli studi di Catania. Nel corso dei suoi studi ha incentrato i suoi interessi soprattutto in ambito storico discutendo una tesi sperimentale su Cosimo De Medici Il Vecchio e nel mondo greco-latino tramite la partecipazione a svariati seminari e convegni.

Recensione a: Giorgio Ieranò, Atene, Il racconto di una città, Einaudi Editore, Torino 2022, pp. 228, € 21.

Atene non è una città come le altre. Fin dall’antichità è stata trasfigurata in un mondo ideale, elevata a luogo dello spirito, e poi celebrata come la culla della democrazia, della filosofia, del teatro.

Con queste parole Giorgio Ieranò ci fornisce una definizione di Atene e ci dà uno spunto per iniziare un vero e proprio viaggio durante la lettura del suo volume. L’Autore riesce a far dialogare perfettamente passato e presente nel suo excursus dei tratti salienti e caratteristici della città; il suo racconto fa rivivere la grandezza dei luoghi e dei monumenti simbolo di Atene. Ieranò ci conduce alla scoperta dei posti più conosciuti e importanti ma anche dei meno noti, dando voce alla loro storia. «Perennemente in bilico tra il suo presente di cemento armato e il suo passato di marmi levigati… Atene è come un palinsesto, un manoscritto cancellato e riscritto più volte» (p. 8). Essa rappresenta in toto la classicità e il suo glorioso passato è inevitabilmente rimasto impresso nell’idea di ciò che è. Nonostante i suoi monumenti, primo fra tutti il Partenone, abbiano risentito delle trasformazioni causate dal susseguirsi di eventi storici; essi hanno conservato immutato nel tempo quel fascino e quella magnificenza rimanendo dei capisaldi della civiltà. Si presenta come il risultato di continue distruzioni e ricostruzioni, che idealizzano la sua idea di classicità ricollegandola alla grandezza dell’età Periclea, durante la quale la città visse il suo periodo d’oro. Risulta necessario riferirci a uno dei luoghi più celebri e importanti di Atene, ossia l’Acropoli:

Tutto è iniziato quassù. Su questa collinetta alta appena 156 metri, ripida sui fianchi e spianata in cima, che si estende per una superficie di circa tre ettari. Una sorta di fortezza naturale, di castello creato dalla natura. La conosciamo con il nome di città alta, akròpolis (p. 15).

Tucidide ci tramanda un’idea secondo la quale l’acropoli rappresentava essa stessa la città. Furono le Guerre Persiane a rappresentare un evento tragico per l’Acropoli, essendo completamente occupata e devastata dagli invasori. Si trattò di una vera e propria profanazione per i cittadini ateniesi, i quali seppellirono diverse vestigia di età arcaica ormai contaminate dai persiani in una fossa sull’acropoli, compiendo in tal senso un vero e proprio rito che era un segno di rottura con il passato. La fossa nella quale sono stati rinvenuti i resti delle korai e degli altri oggetti, è stata denominata “colmata persiana” e ciò ha lasciato una testimonianza importante del glorioso passato ateniese.

Uno dei luoghi mitologici per eccellenza è l’Eretteo, nome derivante dal mitico re di Atene al quale fu consacrato il culto. Una delle caratteristiche che gli conferirono importanza era la presenza del tempio di Atena Poliàs. Rappresenta un vero e proprio luogo di celebrazione del passato, soprattutto degli eroi fondatori come Cecrope, la cui figura mitica segnò la storia di Atene, che ci viene dettagliatamente tramandata da Ovidio nelle Metamorfosi. Ieranò prende ad esempio l’esperienza vissuta da Freud nel momento in cui vide per la prima volta il Partenone; si trattò di un episodio intriso di contrastanti sensazioni: straniamento, stupore e quasi sgomento dinanzi a tanta grandezza sconvolgono Freud, che ha davanti a sé quello che può di certo essere considerato il monumento per eccellenza della grecità. Ancora più forte e quasi violenta fu l’impressione di Albert Camus:

Sui templi e sulla pietra del terreno, che il vento sembra aver raschiato fino all’osso, cade in pieno la luce delle undici che poi rimbalza e si frantuma in migliaia di spade piccole e bollenti. La luce ci fruga negli occhi, li fa piangere, entra nel corpo con una rapidità dolorosa, lo svuota, lo apre a una sorta di stupro totalmente fisico, e insieme lo ripulisce (p. 41).

Il Partenone era, a ragion d’essere, un exemplum monumentale per celebrare la gloria periclea, che con il passare del tempo e in preda agli eventi, subisce trasformazioni fino a diventare una chiesa cristiana. Esso è stato oggetto di interesse per tantissimi studiosi e anche poeti, fra cui John Keats, il quale è ispirato dai marmi per la composizione del suo sonetto. Mark Twain si ferma di notte ad ammirare la miriade di statue presenti immaginando un dialogo con il passato. Il senso civico ateniese era esplicato nel luogo simbolo per eccellenza della quotidianità cittadina ossia l’Agorà. La sua importanza come centro del commercio cresce soprattutto con l’arrivo della democrazia; non la si può pensare come una mera piazza in cui si discuteva di politica, ma più in generale di una piazza del mercato che metteva al servizio dei suoi cittadini tutti i servizi di cui necessitavano.

Ritornando alla tipica usanza ateniese di glorificare gli eroi mitici, proprio nella zona in cui si estendeva l’agorà sorgeva il Theseion, il tempio di Teseo, e l’Ephaisteion che celebrava Eracle e Teseo. I suddetti eroi erano celebrati per la loro virtù e il loro coraggio, nelle cui gesta era intriso il modello della kalokagathìa tipica dell’uomo greco. Anche se Teseo, a differenza di Eracle, inizialmente si presenta come un eroe che deve compiere un percorso di crescita. Il fascino di Atene non ha mai smesso di impressionare, proprio alle pendici dell’Acropoli sorgeva il teatro di Dioniso, luogo in cui nel 1903 si è esibita la ballerina statunitense Isadora Duncan perché essa voleva che la danza fosse intesa alla maniera degli antichi greci come un’estasi dionisiaca e il “bacchic shiver” che lei intende è proprio quello teorizzato da Nietzsche. Uno dei quartieri più turistici di Atene è quello della Plaka dove si trova il monumento di Lisicrate, prima denominato «monumento di Demostene», simbolo anch’esso della classicità e fonte di ispirazione per tantissimi monumenti di stile neoclassico.

Atene subì anche l’influenza romana; fu l’imperatore Adriano ad attuare una vera e propria trasformazione tramite la costruzione di templi e palazzi. Egli amava profondamente la civiltà greca classica verso la quale nutriva una profonda passione ed è per tale ragione che provava ad imitare la grandezza del passato e questo comportamento è spia di un’esaltazione di sé stesso. Adriano diede dunque avvio ad un processo di sdoppiamento dall’Atene greca a quella romana. A “contaminare” e dominare la città non furono solamente i romani, dopo di essi durante il Medioevo fecero la loro apparizione i duchi fiorentini, i turchi e nel 1941 i tedeschi. Il susseguirsi di questi episodi naturalmente mutò l’aspetto originario della città rendendola sempre più simile alle altre capitali europee; il tradizionalismo ateniese lasciò dunque lo spazio alle caratteristiche più occidentali.

In conclusione del suo volume Ieranò fornisce una descrizione del Ceramico, definito da Tucidide «il sobborgo più bello della città»; si tratta di uno dei siti archeologici più importanti ma anche meno conosciuti, un antico cimitero in cui si era soliti celebrare i funerali pubblici per i caduti in battaglia; esso è infatti ricordato per il discorso tenuto da Pericle nel 430 a.C. per onorare il regime democratico ateniese e il valore dei caduti. Giorgio Ieranò, tramite la sua narrazione entusiastica, ci consente di addentrarci alla scoperta di Atene da una nuova dimensione che riesce a conciliare armoniosamente presente e passato, storia e mitologia celebrando una città dal valore ineguagliabile che è stata e sarà sempre culla della classicità.

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