Tania Naomi Sportiello (1996) è laureata in Lettere e sta per conseguire la laurea magistrale in Filologia Moderna presso l'Università degli studi di Catania. Nel corso dei suoi studi ha incentrato i suoi interessi soprattutto in ambito storico discutendo una tesi sperimentale su Cosimo De Medici Il Vecchio e nel mondo greco-latino tramite la partecipazione a svariati seminari e convegni.

Recensione a: M. Fusillo, La Grecia secondo Pasolini, Mito e cinema, Nuova edizione, Carocci Editore, Roma 2022, pp. 261, € 23.

La Grecia antica è stata da sempre un’ossessione per Pasolini: sia in quanto serbatoio di miti e di racconti, sia come metafora della civiltà contadina “illimitata e transnazionale”, che è stata l’oggetto d’amore più bruciante di tutta la sua carriera poetica.

Così il Professore Fusillo definisce il ruolo ricoperto dalla Grecia nell’universo creativo di Pasolini. Il mito antico è presente nella sua opera sin dalla sua gioventù quando si dedicò alle prime traduzioni poetiche (Eneide e Antigone) e successivamente all’Orestea, traduzione quest’ultima che gli fu commissionata da Vittorio Gassmann per metterla in scena con la compagnia del Teatro d’arte italiano al teatro greco di Siracusa nel 1960. Successivamente a queste esperienze di traduzione l’approccio di Pasolini al mondo greco trova riscontro pratico in un cinema molto corporeo e visuale. Per Pasolini il mito non era solo un agglomerato di racconti ma possedeva intrinsecamente un complesso linguaggio portatore delle fasi più arcaiche della civiltà. Il mito greco era infatti una metafora della civiltà contadina, centro del suo interesse.

Il saggio tratta con sguardo critico e innovativo delle tre tragedie greche che sono state al centro della produzione teatrale e cinematografica pasoliniana: Edipo re, Medea e l’Orestea; offrendoci in tal senso un’analisi degli aspetti più complessi. Il volume si snoda su tre piani: il primo è la riscrittura del mito e il rapporto con le tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide, in secondo luogo si concentra su un parallelismo tra le scelte cinematografiche attuate da Pasolini e le interpretazioni di scrittori moderni (es.: Cocteau e altri) o altri registi come Lars Von Trier, il terzo piano tenta di connettere i tre film con il resto dell’opera. Questo dimostra ancor di più il legame tra Pasolini e il mondo classico. Fusillo porta avanti un’analisi che si concentra principalmente sugli elementi cardini che smuovono i tre film di Pasolini. Non ci fornisce una descrizione della trama ma ci offre elementi utili per la comprensione del contesto in cui sono sviluppate le vicende.

Edipo re nel film è trattato basandosi sulle teorie della psicoanalisi e sulle vicende del proprio vissuto, fornendoci una lettura psicoanalitica. È tramite le immagini che ripercorrono la sua infanzia che Pasolini concretizza le teorie freudiane. L’Edipo pasoliniano è impulsivo e selvaggio, «oscilla sempre tra autobiografia e mito, tra storia e metastoria… Pasolini dichiarava di aver voluto raccontare il proprio complesso di Edipo, ma tendeva anche a sottolineare le differenze fra la sua esperienza idiosincratica e il mito da lui raccontato con la mediazione di Freud…» (p.62). Edipo antintellettuale è preda di violenze inconsce; nel film infatti si susseguono scene in cui Edipo si morde la mano, chiaro segno delle sue pulsioni angosciose. L’episodio stesso del parricidio può essere interpretato come atto concreto della pulsione dell’inconscio. Egli non volendo conoscere il proprio destino incestuoso e parricida è come se ignorasse i tabù primari del contratto sociale. Dunque, cecità e volontà di non sapere sono il Leitmotiv che percorre tutta la tragedia sofoclea.

Di Medea ci viene fornita una rilettura antropologica, incentrata sul conflitto fra cultura magico-sacrale e cultura moderna, tra civiltà occidentale e civiltà orientale. È proprio con Medea che la sfiducia nel logos presente in tutta l’opera di Pasolini ha il suo culmine. La potenza espressionistica di Medea è impersonata da Maria Callas.

Medea secondo Pier Paolo Pasolini è la storia di un conflitto irrisolvibile, visto alla sua nascita in un mondo primitivo e primordiale: Giasone non è ancora un eroe tutto moderno, ma un ragazzo incosciente, che vive soprattutto la sua fisicità, come molti personaggi pasoliniani…: è il razionalismo borghese che lo spinge a rimuovere l’amore per Medea (p.141).

La forza estrema dell’eros è la causa delle sue azioni: «L’infanticidio è la conseguenza inevitabile dello sradicamento di Medea dal suo ambiente sacro, della sua perdizione sessuale per Giasone. Non c’è conflitto di istanze sentimentali, ma conflitto fra culture» (p. 135).

Quella di Pasolini è stata considerata una Grecia barbarica poiché ha rivisitato la Grecia del mito nel teatro tragico dando luogo a due realtà che si contrappongono e che riflettono il mondo materno positivamente e quello paterno negativamente. Da una parte il passato è riconducibile ad una sfera emotiva e corporea e dall’altra il presente è neocapitalistico, illuminista, borghese e vede la presenza della società industriale.

L’Orestea viene riletta in chiave politica; sintesi fra cultura arcaica e cultura moderna. La sua rilettura non è racchiusa in una sola opera, ma nella traduzione del dramma, nella continuazione del Pilade e nel film documentario Appunti per un’orestiade africana.  Il film del 1967 attualizza il mito nella cultura contemporanea: «Pasolini considera i personaggi di Eschilo degli strumenti per esprimere scenicamente delle idee, dei concetti… una ideologia» (p.143). Il Leitmotiv dell’Orestea si basa sulle colpe ed espiazioni della famiglia degli Atridi. La riflessione fatta sull’Orestea è metafora della società contemporanea. Il film mirava ad avere un carattere soprattutto popolare. Inoltre nel saggio in appendice troviamo le traduzioni inedite in friulano di tre frammenti di Saffo.

Il saggio ci consente di addentrarci nel mito antico e allo stesso tempo nel cinema proponendoci una prospettiva che analizza aspetti tecnici e critici che offrono un’analisi più completa e dettagliata delle vicende, ci dà inoltre la possibilità di comprendere pienamente l’importanza che il mondo greco rivestì per Pasolini e la rilettura che ne fece di tipo politico, psicoanalitico e antropologico. Lo scopo del teatro pasoliniano era proprio quello di comprendere la realtà ontologica. Il teatro greco è teatro del logos, inteso come parola e ragione. Pasolini ci lascia un teatro che indaga gli aspetti più oscuri della psiche con lo scopo di scardinare il dogmatismo marxista.

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