Francesco Paolella (1978) ha studiato filosofia a Bologna e a Parma. Si occupa di storia della psichiatria. Fa parte del Comitato tecnico-scientifico del Centro di storia della psichiatria di Reggio Emilia. È membro di Clionet, Associazione di ricerca storica e promozione culturale. È redattore della "Rivista Sperimentale di Freniatria" e scrive per TYSM.

Recensione a: T. W. Adorno, Stelle su misura: l’astrologia nella società contemporanea, Einaudi, Torino 2010, pp. 134, € 11,50.

Ormai gli oroscopi sono ovunque, tutti i quotidiani e tutti i siti di informazione non possono farne a meno. Si tratta di un consumo “facile”, pseudo-culturale e pseudo-religioso potremmo dire, che dice molte cose su come sia organizzata la vita nella nostra società, sulla mentalità dominante e, soprattutto, sulle difficoltà sempre maggiori di orientarsi fra le idee, le tendenze e le speranze delle persone.

D’altra parte, soltanto a uno sguardo ingenuo il perdurante successo degli oroscopi può risultare sorprendente. Diciamo anzitutto che i lettori di oroscopo non hanno bisogno di “credere” nell’astrologia né nel potere divinatorio degli astrologi. Gli oroscopi non hanno a che fare con la superstizione e non sono sostanzialmente una risposta a un bisogno di pensiero magico. Gli oroscopi di oggi non hanno niente di misterioso né di esoterico. Essi restano e, anzi, fanno strada soprattutto fra gli scettici, i disincantati, fra tutti coloro che hanno fatto proprio, in altri termini la totale naturalizzazione del mondo, la chiusura a ogni trascendenza.

Il mondo di oggi è un mondo scientifico: non esistono alternative. Proprio per questo, è un mondo complicato, difficile da capire. Come fare a tenere assieme tutto, come guardare gli abissi sopra le nostre teste e quelli che, prima o poi, tutti devono affrontare vivendo? Ecco che l’astrologia, che si vuole “scienza” (o comunque una disciplina “basata sui fatti”, tanto che gli oroscopi oggi sono pieni di inviti a “verificare” i propri consigli), non fa altro che inserirsi in quello spazio vuoto, dai confini incerti e troppo ampi che è fra le stelle e la vita degli uomini. È questa una delle principali lezioni di Stelle su misura di Adorno, libro scritto negli anni Cinquanta e tradotto in Italia da Einaudi.

Nell’astrologia la combinazione dell’elemento realistico e di quello irrazionale può in definitiva essere spiegata col fatto che essa rappresenta contemporaneamente una minaccia e un rimedio, proprio come certi psicotici possono accendere un fuoco e allo stesso tempo prepararsi a spegnerlo (p. 124).

La “mania astrologica” è per Adorno anche un modo per evadere, barcamenandosi fra irrazionale e quasi-razionale, dalla pesantezza che la nostra società, con il nostro stile di vita “libero” (eppure sempre più dipendente e amministrato), ci impone. Davanti all’insensatezza di una vita soffocante, una via di fuga agevole consiste nel “credere” (o potremmo dire meglio: nel sognare, un po’ come si sogna da svegli guardando un film) che non sia tutto finito con il nostro modesto orizzonte, ma che ci siano forze incomprensibili che ci guidano e di cui possiamo in qualche modo indovinare l’influenza, studiandone la meccanica. In questo senso, l’astrologia è davvero una scorciatoia fra astronomia e psicologia e si presta molto bene (molto più oggi che all’epoca di Adorno) a essere accettata da menti paranoiche, votate alla dietrologia e sempre attente ai “fatti” più o meno nascosti. Con l’astrologia ciò che è perfettamente assurdo, diventa dunque simil-razionale. Gli oroscopi assomigliano a rubriche di consigli psicologici (quelle che pullulano di “resilienza” e di “relazioni tossiche”) e, per questo, possono rappresentare tuttora bene ciò che le persone vogliono e desiderano, ma, anche e soprattutto, ciò che la società pretende da loro.

Dagli oroscopi, prodotti per eccellenza della società di massa e del consumismo, non può che uscire l’immagine dell’uomo perfettamente integrato, immerso nel sistema. In questo senso, gli oroscopi, dovendosi mantenere ovviamente nel campo delle affermazioni anonime e sufficientemente generiche, e volendo altrettanto ovviamente conservare il più possibile la propria audience, sono veri e propri serbatoi di consigli pratici per persone con una famiglia (e i relativi conflitti da gestire), con un lavoro (e gli immancabili superiori da compiacere), con del “tempo libero” da organizzare, con delle ambizioni da soddisfare e così via. Sono dunque veicoli efficacissimi di conformismo. Allo stesso tempo, sono veri e propri ansiolitici, somministrati a dosi omeopatiche senza dubbio, utili per digerire l’insicurezza sempre incombente in cui si vive e per compensare le piccole o grandi frustrazioni quotidiane. Gli oroscopi descritti da Adorno – così come quest’ultimo li ha studiati su un quotidiano conservatore americano – rispecchiano una società individualizzata e fortemente gerarchica.

I pronostici degli astrologi sono sempre realizzabili, pieni di buon senso pratico e votati all’“happy ending”, eppure mostrano anche lati controversi o dolorosi della vita che le persone faticano a gestire. Ciò che viene sempre proposto negli oroscopi sono anzitutto la ragionevolezza, la duttilità e la docilità. “Bisogna sapersi comunque adeguare”, suggeriscono di solito gli astrologi, ma questo consiglio viene fatto sempre tramite una scrittura “adulatoria”, regalando ai lettori la piccola illusione di essere comunque dei privilegiati, o che comunque ci siano forze superiori che governano e, in fin dei conti, deresponsabilizzano gli uomini. Il tutto sta nell’indovinare i tempi giusti per fare o per non fare, per agire o per attendere.

Si può risolvere tutto, questo è il ragionamento implicito, purché si scelga il momento opportuno, e se non ci riesce, ciò è dovuto semplicemente a una mancanza di comprensione di qualche presunto ritmo cosmico (p. 56).

Gli oroscopi sono dunque piccoli fattori di una “manipolazione di massa” – come sostiene Adorno – e non possono certo scomparire oggi, in quest’epoca di creduloneria e dove regna soltanto il verosimile. Non può quindi sorprendere il fatto che tutti oggi sappiamo rispondere alla domanda “Di che segno sei?”, ancor più facilmente che conoscere il proprio gruppo sanguigno o il proprio codice fiscale.

Ricostruire la storia degli oroscopi – sulla stampa, in rete ecc. – negli ultimi decenni rappresenta allora un’occasione non banale per rappresentare quanto la società dei consumi di massa abbia creato una nuova antropologia

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