Miriam Breschi (2006) frequenta la terza classe del Liceo Classico "Marsilio Ficino" di Figline Valdarno (FI).

Il “compagno” del simposio era il Tiaso, considerato convitto esclusivo per le donne, le quali imparavano in tal contesto come comportarsi nella vita matrimoniale. Connessa strettamente all’ambiente del Tiaso è Saffo, poetessa nata ad Ereso nel 630 a.C. Possedeva infatti un proprio Tiaso dedicato alla dea Afrodite; con questa aveva uno stretto legame confidenziale e in suo onore ha composto numerose opere. Da qui il rapporto con la divinità cambia completamente; non esistono più una dipendenza ed un timore reverenziale verso di essa, ma la poetessa instaura con Afrodite un dialogo che ha toni colloquiali e informali. Saffo inoltre si dimostra pronta ad amarla pur non essendo ricambiata. Infatti nell’Ode ad Afrodite chiude con ἐθελοισα: «anche se tu non vorrai». Questo termine può sembrare insignificante ma in realtà incarna la nuova forma di intimità tra uomo e divinità, tratto distintivo del periodo lirico.

Nelle sue opere Saffo parla di amore, in tutte le sue forme, amicale, erotico, filiale ecc., e da queste spiegazioni notiamo come l’autrice tenga in grandissima considerazione questo sentimento. Si avvicina molto ad Archiloco nel ritenere l’amore una debolezza mortale, una mancanza di forze; la poetessa ci descrive benissimo i propri stati d’animo nel momento in cui vede l’amata, il suo venir meno dei sensi e dell’energia vitale. Scriverà, infatti, così in Sentimenti d’amore:

Non appena guardo te, non mi è possibile dire niente, ma la lingua mi si spezza, un fuoco corre subito sotto la pelle sottile, con gli occhi non vedo più niente, le orecchie mi fischiano, un sudore freddo mi pervade…

Questo celebre componimento sottolinea la capacità di Saffo di farci immaginare così nitidamente le vere emozioni che si provano quando si è innamorati. Ella trova, attraverso la sua passione e il suo dolore, semplicità e naturalezza, acquistando una nuova immediatezza e spontaneità, poiché dinanzi a lei si dischiude il nuovo mondo dell’anima, come ricorda Bruno Snell, grecista e filologo classico[1].

A differenza dell’opera di Ipponatte, autore giambico che si inserisce in un contesto storico-sociale scalfito dalla crisi dell’aristocrazia, dietro la poetica di Saffo c’è una riflessione morale e introspettiva che fa scegliere per i poemi termini appropriati e spesso opposti al fine di rendere al meglio il contrasto dei propri sentimenti. Stessa cosa farà anche Catullo, poeta latino del I secolo a. C. che, ispirandosi all’Inno ad Afrodite, ci illustrerà al meglio ciò che prova non appena vede l’amata Lesbia.

Saffo ritiene l’amore un’esperienza totalizzante e molto potente in grado di influenzare entrambi gli amanti. Se l’amore provato verso una persona è da essa ricambiato, allora porterà dolcezza, appagamento, tenerezza e felicità, al contrario causerà soltanto dolore, angoscia, abbandono e amarezza. Per questo è definito γλυκύπικρον, «dolce-amaro». La parte più infelice del rapporto tra due è ciò che resta dopo l’amore, ovvero il ricordo, che è l’unica via di consolazione nei momenti più malinconici.

Grazie al contenuto delle sue opere siamo riusciti a ricostruire il mondo concettuale di Saffo e quindi a poter segnare un’altra linea di distacco dai modelli precedenti di poesia. Ciò che quindi accomunava tutti questi poeti, dall’epica alla lirica, è la riflessione sull’azione dell’uomo nel mondo che varia in funzione dei cambiamenti registrati durante le diverse epoche storiche. Le varie forme di espressione letteraria sembrerebbero molto simili tra loro, ma in realtà hanno sfumature differenti: con il passare del tempo gli autori comprendono di doversi adattare alle esigenze delle persone e quindi di modificare le convezioni dei canoni tradizionali per avvicinarsi alla realtà dei fatti. Anche l’io lirico con il trascorrere dei secoli perderà il suo significato iniziale e si staccherà dal solo Io, ovvero i poeti smetteranno di incentrarsi solo su loro stessi, sulle loro vicende ed emozioni, iniziando a coinvolgere tutta la propria eteria.

Questo cambiamento fu determinato anche dal fatto che in quegli anni si stava costituendo la polis greca, cioè la città-stato ideata come una comunità ordinata secondo le leggi. Da qui deriva la necessità dei poeti di rivolgersi a qualcuno, staccandosi dall’individualità per prediligere un senso di unione. Così come in Saffo la riflessione avviene in comunità (nel Tiaso) e non isolatamente, allo stesso modo Platone usa il metodo comunitario del simposio.

La novità platonica consiste nel presentare lo scontro di più posizioni, ovvero l’emergere di una dimensione di comunità allargata, una città, la polis, non richiamandosi più soltanto a quella ristretta cerchia di cui Saffo si fa portavoce e parla per l’intero Tiaso. Dunque l’Io si sviluppa nel legame con un Tu, cioè non soltanto staccandosi dall’ambito cosmico e divino ma in relazione ad altri Io. Tanti Io fanno una comunità.

Il concetto di unione lo notiamo bene con il poeta Alceo, il quale narra una condizione che non appartiene soltanto a lui, bensì a tutti i suoi compagni; si fa dunque portavoce del proprio gruppo sociale, esprimendo preoccupazioni e dubbi nei confronti della sua comunità. Al contrario, nel mondo epico non si combatteva per la comunità ma soltanto per la gloria, il successo personale e per ottenere una parvenza di immortalità.

Platone riflette sull’Io, proprio come fanno gli autori lirici, ma lo colloca nella relazione con il Tu e mostra che l’Io da solo non può esistere. Può invece sussistere ed emergere nell’amicizia e nell’amore. Da Omero a Platone, dall’epica alla filosofia aristotelica ci sono stati molteplici passaggi di stile e di contenuto che hanno contribuito ad arricchire la letteratura greca. Con Platone la virtù si identificherà con il rispetto verso le leggi e non più, come pensavano i poeti arcaici, con la capacità di esercitare la violenza.

Perciò tutte le differenze tra i componimenti dei vari poeti sono dovute ai cambiamenti di gusto del pubblico ma anche al variare dei valori etici correnti; c’era costantemente il bisogno di un rinnovamento di linguaggio affinché i poeti potessero essere compresi da più persone possibili.

Per esempio, il concetto di bellezza è stato molto discusso in ciascun periodo della storia greca e sono state fornite differenti descrizioni, rispondenti alle varie concezioni del “bello”. In particolare la poetessa Saffo ha ragionato su questo concetto e ha proposto un sistema di valori alternativi rispetto a quelli predominanti ai suoi tempi. Lei presenta il sentimento d’amore come un qualcosa di estremamente potente ma anche doloroso; chiunque ne è colpito non è destinato solo alla felicità e alla spensieratezza. ma a questi sono intrecciati, inevitabilmente, sofferenze e turbamenti.

Nell’epica di Omero la scena era caratterizzata principalmente da conflitti violenti e sanguinosi, nei quali l’amore ha un potere alienante e distruttivo, come quello di Elena per Paride. È una passione che contiene in sé follia e rovina. Invece l’amore nei poeti arcaici era passione ardente che offusca la ragione, come si nota nella poesia di Archiloco, già sopra citato. Un secolo più tardi si parlerà sempre di questo sentimento ma definendolo semplicemente lo sfogo di un impulso fisico (visibile nella produzione poetica di Ipponatte), molto lontano da quell’emozione che coinvolge nel profondo l’anima.

Nell’età postclassica la dimensione privata prende il sopravvento su quella sociale; infatti i sentimenti che legano tra loro gli individui sono fatti privati e quindi le donne riescono ad assumere una maggiore autonomia. Per questo motivo l’ardore dell’eros, tipico della poesia del passato, si muta in un sentimento più simile all’affetto e alla dedizione. In questa fase della letteratura greca l’amore è dunque visto da un’altra prospettiva. Esso non procura più stati d’animo di turbamento o di follia, non è un amore distruttivo come quello espresso nella poesia tragica, ma è il perno delle relazioni affettive[2].

In conclusione, in quel periodo sono esaltate le relazioni umane, ritenute più importanti di qualsiasi altra cosa, e, al contrario, sono tenuti distanti i valori del passato mitico. In Omero le qualità interiori non vengono opposte all’aspetto esteriore, come invece accade in Archiloco. Un tema basilare per comprendere il pensiero di Archiloco è proprio il totale sovvertimento dei valori eroici descritti nei poemi epici.

Intorno al V secolo a.C. con Platone si parlerà di eros come una mancanza. Secondo il filosofo ogni individuo è manchevole ed imperfetto e ha quindi bisogno di un’altra persona che lo possa completare, come se fosse l’altra parte della sua anima. Nel dialogo intitolato proprio Simposio, infatti, il tema principale è Eros, che con Esiodo viene interpretato come forza divina. Questa idea verrà criticata da Socrate perché sostiene apertamente che Eros non può essere un Dio dal momento che è un desiderio, una mancanza di qualcosa e questo lo rende pertanto umano.

Per i Greci, in generale, l’amore non è tanto una libera scelta, non si è liberi di amare chi si vuole, ma è la dea che decide: l’amante non è tanto soggetto attivo, ma piuttosto oggetto passivo in balìa di una forza superiore che mette in atto una sua volontà[3]. Il sentimento d’amore che avvolge l’anima di Saffo, ad esempio, è per lei il valore più alto e anche il più mutevole.

La sensibilità nei confronti dei mutamenti verso i quali l’uomo va incontro si fa più acuta e i poeti lirici riescono a comprendere che ogni individuo ha mete diverse e destini diversi. In realtà anche nell’Odissea si delinea in lontananza la presa di coscienza della diversità tra gli uomini, tema ripreso prima da Archiloco, il quale ritiene che le vie della vita siano diverse, e successivamente da Pindaro.

Un grande passo nella rivoluzione letteraria che è avvenuta in quei secoli è il passaggio dalla semplice narrazione storica all’immediatezza della vita. Anche nella filosofia è ben visibile questo passaggio: Socrate operò una svolta decisiva soprattutto rispetto al pitagorismo, dato che per lui il tema dell’anima esce dal contesto religioso e diventa la riflessione etica e morale maggiore. Il filosofo, maestro di Platone, fu uno dei primi ad affrontare la tematica dell’interiorizzazione dell’etica e della centralità dell’anima, quindi dell’uomo. Nell’Apologia, infatti, troviamo queste parole con cui Socrate conclude il suo ultimo intervento, prima che il verdetto sia emesso: «Ma ora è tempo di andare, io a morire, voi a vivere: chi di noi vada verso un destino migliore, è ignoto a tutti, fuorché al Dio».

Il conoscere la propria anima è dunque essenziale per salvarsi dagli affanni del mondo, conosci la tua ψυχή equivale a conosci te stesso, γνῶθι σεαυτόν, motto che ci esorta, così come diceva Socrate, a essere in grado di auto-analizzarsi, ascoltando la propria anima. Questa è stata l’unica via che ha permesso alla letteratura greca di evolversi e maturare. Potremmo dire che Platone si confronta con Esiodo nel Simposio, con Omero nella Repubblica, dialogo dove viene presentata una nuova visione dell’uomo e dello Stato. 

Quando, così come l’epica, la lirica andrà a spegnersi e tramonterà questa corrente letteraria, in quel momento si svilupperà la tragedia. Ponte tra questi sarà il poeta Stesicoro, esponente della lirica corale, il quale scrisse anche molti Ditirambi, considerati il nucleo della tragedia. Stesicoro è un nome parlante, significa letteralmente ordinatore di cori. Il suo vero nome è Tisia; la sua produzione letteraria fu molto ampia perché ebbe la fortuna di vivere per 85 anni. Compose 26 libri che si ispirano alla materia mitica, in particolare trattano della saga di Eracle, del mito tebano, del mito troiano e di quello degli Argonauti. Nel 1977 è stato ritrovato il famoso Papiro di Lille, nel quale compare un lungo discorso pronunciato da Giocasta, dove si nota perfettamente uno stile a cavallo tra il genere epico, ricco di figure retoriche, e quello tragico, caratterizzato da un periodare macabro, tetro e oscuro. Perciò Stesicoro si può definire il precettore del teatro tragico ma di derivazione omerica, dal momento che ha preso la materia mitica trasportandola e adattandola al suo personale universo lirico.

Il mondo è sempre stato in continuo mutamento, gli esseri umani crescono, cambiano e maturano, comprendono di dover modificare i loro stili di vita in relazione alle proprie necessità. Niente può mai rimanere sempre uguale, a maggior ragione la letteratura che rappresenta la condizione dell’uomo, che mai può essere statica. Tutto cambia, tutto muta, tutto si trasforma, tutto scorre. E come dice Eraclito: παντα ρει.

Insomma, con il passare del tempo, fino ad arrivare ad oggi, la letteratura e l’arte greca hanno subito profondi cambiamenti che hanno anche condizionato i modi di pensare e agire di ciascuno, così come l’intera poesia europea. Per questo motivo essa oggi rappresenta per tutti noi una inesauribile fonte d’ispirazione.

NOTE

[1] Cfr. B. Snell, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, trad. it. V. Degli Alberti, A. Marietti Solmi, Einaudi, Torino 2002, in part. Cap. IV.

[2] Cfr. A. Lavoro, L’amore / ἔρως, in Greco. Lingua, storia e cultura di una grande civiltà, a cura di M. Centanni e P.B. Cipolla, vol. 10, Corriere della Sera, Milano 2022, pp. 70 e sgg.

[3] Ivi, p. 39.

 

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