Gianlucka Estrella Cappelletti frequenta la terza classe del Liceo classico "Marsilio Ficino" di Figline Valdarno (FI).
Michail nacque nel 1891 a Kiev, presso una famiglia colta, che lo indirizzò alle buone letture. Durante la sua vita, quel che era stato un ragazzo vivace si costrinse al vincolo matrimoniale per ben tre volte, il primo dei quali avvenne nel 1914 con Tatiana Lappa, in un momento precedente alla laurea con lode in medicina del 1916. Ottenuto il titolo di medico, il giovane venne spedito nella provincia rurale di Smolensk, ad esercitare la sua inesperienza in tale campo. Nel periodo della sua permanenza conobbe per circa un anno la dipendenza da morfina e mise per iscritto alcune bozze letterarie, fra questi le Memorie di un giovane medico, che fu destinato ad una pubblicazione postuma, come la maggior parte delle sue opere per via della censura staliniana. In seguito, col ritorno alla città natale nel 1918, aprì un gabinetto medico specializzato nelle malattie veneree, ossia sessualmente trasmissibili, ma presto il luogo fu sormontato dal caos della guerra civile. Quando un giornale locale pubblicò uno dei suoi racconti, egli decise di abbandonare la propria professione di guaritore e si trasferì a Mosca nel 1921, dove visse in prima persona gli esordi della nuova Unione Sovietica. Collaborò con diverse riviste. Lo scrittore principiante ricevette fama e successo, persino all’estero, cosa che insospettì la nomenklatura dell’Unione Sovietica, anche a causa del sarcasmo impiegato dall’autore e le sue stesse origini borghesi. Addirittura nel 1926 gli furono sequestrati i manoscritti di Cuore di cane, nonostante le numerose revisioni operate dalla rivista “Nedra”. In risposta, Michail si avvicinò al mondo del palcoscenico, al quale dedicò la stesura di qualche pièce, rianimata presso il Teatro d’Arte di Mosca. Tuttavia la sorte gli fu nefasta: una commissione comunicò il veto alle sue produzioni letterarie e, di conseguenza, lui stesso scrisse una lettera al governo sovietico, in cui si denunciava come incapace di adattarsi alla realtà socialista e chiedeva il permesso di uscire dal Paese o, quanto meno, di avere un teatro di sua proprietà per guadagnarsi da vivere. In tre settimane ricevette una telefonata da Stalin, che gli rioffrì l’impiego perduto, soprattutto perché questi non avrebbe gradito un altro letterato suicida. Le avversità del regime non cessarono e l’autore, privo della libertà di cui avrebbe potuto godere all’estero, si dimise nel 1936, ritirandosi a vita privata. Inoltre creò in segreto il suo indiscusso capolavoro satirico sul comunismo, Il maestro e Margherita. Per il sessantesimo compleanno del dittatore preparò una rappresentazione teatrale, che a sua volta venne respinta dal governo. Subito dopo a Bulgakov fu diagnosticata la sclerosi renale, una patologia incurabile, e pertanto si spense ineluttabilmente nel marzo del 1940. Alcuni suoi scritti furono pubblicati solo a partire dagli anni Sessanta, con l’avvento della destalinizzazione, mentre il resto della sua opera venne alla luce poco prima della caduta del Muro di Berlino.
Andiamo adesso ad esaminare alcuni suoi racconti.
1. Racconti di un giovane medico
Nel 1917 un geniale neolaureato in medicina viene spedito da Mosca nel bel mezzo della campagna russa, con il compito di presiedere al servizio ospedaliero locale, munito di un personale ristretto. Il protagonista, conoscendo ancora poco della pratica della professione scelta, si sente disorientato e diffida delle proprie capacità; tuttavia, dopo aver inaugurato la sua attività con l’amputazione della gamba di una bella contadina, consegue immediata fama di abile curatore e inizia ad accumulare esperienza lavorativa, in special modo necessaria all’interno di tale campo. In un solo anno di attività assiste ad un’enorme clientela, affrontando le più disparate condizioni anatomiche, degne delle cure di un dottore. Riconosce i rischi e i disagi del mestiere, dimostrando un animo freddo e risoluto di fronte alle occasioni, nonostante si trovi in un costante soliloquio umano, conscio dell’irreparabile morte, che gli si presenta davanti ad ogni intervento. Possedere la facoltà di salvare vite potrebbe condurre molti alla disperazione e altri, come in questo caso, all’assoluta concentrazione e senso di responsabilità, proprio perché può atterrire le menti davanti alla gravità delle azioni conseguenti alle scelte di un individuo, che, se eseguite male, sono in grado di recidere il corso dell’esistenza a qualcuno. Inoltre il medico giunge a vantarsi della sua perizia con il seguente passo: «Che ferite ho ricucito! Che pleuriti purulente ho visto e come, in questi casi, ho aperto le costole! Che polmoniti, tifi, cancri, sifilidi, ernie, emorroidi, sarcomi! […] Avevo visto insidie di ogni genere e avevo imparato a comprendere certi discorsi di contadine, che nessuno saprebbe intuire. Mi trovavo a mio agio come Sherlock Holmes tra i documenti più misteriosi…».
In virtù delle sue convinzioni, il caso gli manda un fanciullo dall’occhio gonfio, su cui il giovane pensa di dover operare chirurgicamente, però non ottiene il consenso della madre, poiché ella è certa dell’incolumità del bulbo oculare. Passata una settimana, rimane impietrito quando rivede il ragazzo: era del tutto guarito! Si trattava dunque di una vescica e, riconoscendo questo, il professionista ammette a se stesso la propria tracotanza. Con ciò sostiene una saggia tesi, ovvero che in realtà bisogna mantenere umiltà, giacché il futuro riserva numerose sorprese: quindi non ha validi motivi per lasciarsi consumare da un banale complesso di Dio. Infatti i dottori tendono ad essere arroganti e spesso non percepiscono un’alternativa al loro modo di pensare, teorizzato per intero sulla base dei libri. L’atteggiamento oggettivo della scienza induce tanti a percepirla come verità assoluta, quando invece l’ignoranza umana è molto più preponderante. Perciò credo che mantenere un’apertura mentale sia essenziale ai fini di un sano vivere civile, poiché le questioni possono avere più punti di vista e questo non deve assolutamente istigare una competizione su chi detenga la verità. Personalmente, penso che tale modus vivendi si applichi in problematiche cosmiche, religiose e politiche; mentre l’etica, stando al mio parere, dovrebbe accomunare gli uomini, invogliando tutti a compiere azioni in base ad un principio morale, il bene. Ma che cos’è il bene? E, inoltre, unisce le ideologie? Oltre al significato pragmatico di buona azione, il bene è un insieme di criteri razionali che regolano l’agire umano, costituiti da un desiderio profondo di giovare agli esseri viventi, senza influire sulla libertà altrui. Il bene è dunque un’ideologia a sé stante, nata dalla coscienza di noi mortali e in grado di unificare le opinioni positive di molteplice provenienza.
La raccolta di matrice autobiografica è composta da sei brevi racconti disgiunti, ma collegati da riferimenti nel testo. La lettura risulta più fluida e comprensibile rispetto al resto degli scritti, sebbene anche qui l’autore ricorra a rigidi toni scientifici, che sono invero alleggeriti dalla quasi totale inesperienza del protagonista. Il realismo grottesco di Bulgakov, ricorrente in ogni sua composizione, viene bilanciato da una prosa dinamica, caratterizzata da così tanta accortezza linguistica e da ripetizioni, che portano il lettore a percepire reminiscenze di un’opera teatrale.
Siccome la satira politica tipica del suo stile è del tutto assente in Memorie di un giovane medico, ho trovato minor difficoltà nell’immedesimazione col personaggio principale, ho apprezzato la vicinanza del messaggio presentato e, soprattutto, non mi ha tediato, sicuramente grazie al tema trattato, al contrario di Romanzo teatrale. La conclusione aperta del racconto cede spazio all’immaginazione, la quale può perfettamente concretizzarsi sulla stessa biografia dello scrittore. Questo permette l’interpretazione sul perché si sia convertito alla carriera letteraria. Secondo la mia modesta opinione, Bulgakov, estenuato dalla visione quotidiana della fragilità umana che comporta la professione medica, stabilì un nuovo scopo personale inaspettato: quello di dedicarsi ad un’attività tranquilla, cercando comunque di soccorrere il suo Paese contro il radicalismo e le contraddizioni della società comunista, infondendo latenti allegorie nelle sue produzioni satiriche.
Per concludere, la lettura del racconto sarebbe consigliabile agli amanti delle serie tv di medicina, in quanto argomento e forma narrativa potrebbero destare un costante interesse, fino a far divorare le poche pagine a disposizione.
2. Cuore di cane
Un cane randagio, ironicamente cinico, giudica gli abitanti per le vie di Mosca e ricorda con frequenti soliloqui le esperienze passate. Mentre patisce la fame ed esprime il suo odio per i proletari, incontra un curioso individuo: si tratta di Filip Filipovič Preobraženskij, medico antisovietico di fama mondiale, il quale lo accudisce nel suo studio e appartamento. Tuttavia l’azione del professore non si rivela priva di interessi, poiché desidera sfruttare Pallino, così da lui denominato, nella ricerca sul ringiovanimento del corpo umano. Pertanto, dopo solo un paio di mesi, durante i quali l’ignara bestia si sente come in una reggia, Filip mette in atto l’esperimento e, insieme al suo assistente, dottor Bormentàl, trapianta su Pallino testicoli e ipofisi di un uomo morto recentemente. Al momento dell’anestesia, la narrazione si sposta al diario clinico del dr. Bormental, dove l’analisi degli avvenimenti straordinari, conseguenti l’operazione, inquietano qualsiasi lettore. Infatti il cane, dapprima quasi morto, si risveglia e inizia a mutarsi in un essere antropomorfo, perdendo coda, peli, artigli e acquisendo pian piano la parola. L’homunculus, ad insaputa del professore, eredita le informazioni del criminale da cui riceve le ghiandole e lo manifesta nel suo comportamento. In seguito, adottando abbigliamenti e abitudini tipiche umane, la nuova registrazione all’anagrafe, Poligraf Poligrafovič Pallinov, commette una serie di oscenità e bravate, che vengono rimproverate continuamente dai medici: oltre a tentare di molestare la cuoca della casa, si ubriaca, bestemmia, parla di Marx ed Engels, si scontra in modo ripetitivo coi propri creatori, insegue i gatti con furore canino. Dunque a questo punto il racconto assume una piega comica, fino al momento in cui Filip Filipovič, ormai stanco della creatura insolente, decide di agire. Che cosa potrà mai accadere?
Cuore di cane è stato il primo racconto della raccolta da me letto. Mi ha colpito in quanto all’esordio pare lento e pieno di dialoghi, inclusi i lunghi monologhi gergali del cane, ma, poscia il trapianto, diventa molto più intrigante e ambiguo. Siccome è stato il mio originario approccio all’autore, talvolta ho trovato faticosa la lettura per lo stile ampolloso e il linguaggio specifico della terminologia, tipica dell’uomo di scienza. Dopo aver finito i racconti restanti, ho rivalutato la qualità di questo pezzo e penso proprio che si meriti una bella sfogliata da parte di persone colte, interessate a scritti simili alla Metamorfosi di Kafka, classico della letteratura novecentesca. Sì, colte, perché senza una base culturale l’intera ironia della storia risulterebbe quasi incomprensibile agli occhi di un comune studente. I riferimenti alla politica non sono molto chiari e, rispetto a tale realtà lontana, ho gradito in maggior misura Memorie di un giovane medico. La satira, secondo me, sembra prendere spunto da Frankenstein di Mary Shelley, per il semplice fatto che trattano entrambi negativamente dei gravi effetti della chirurgia sperimentale, i cui ricercatori si spingono oltre i confini dell’utile e del naturale: l’uno prova a creare la vita, l’altro a prolungarla. Pallinov mantiene l’istinto animale e ciò sancisce il titolo dell’opera. Nonostante possieda l’aspetto di un giovane, non è comunque considerabile umano, poiché pecca di morale. La volgarità violenta di Pallinov, intento a rivendicare autonomia dai padroni, vince sulla parola intelligente di Preobraženskij, il quale perde la ragione e la pazienza di fronte all’arrogante spudoratezza della propria scoperta. Inoltre il miscuglio tra uomo e bestia del suo atteggiamento deride la nuova borghesia russa, fortemente burocratica e ascesa all’improvviso nella scala sociale dopo la Rivoluzione d’ottobre. Relativamente a Uova fatali, ho preferito questo racconto per merito delle dettagliate personalità dei personaggi: i dialoghi, sempre più crudi, e le situazioni di conflitto nell’appartamento fanno sì che si approfondisca l’indagine psicologica, umanizzando i vari ruoli.
3. Uova fatali
Una sera del 16 aprile 1928, mentre conduce esperimenti sulle amebe insieme al docente Ivánov, Vladimir Ipat’evic Pérsikov, professore dell’istituto zootecnico di Mosca, scopre per serendipità qualcosa di agghiacciante: gli enti analizzati si riproducono con feroce rapidità, divorando gli organismi deboli, poiché vengono lasciati esposti ad un raggio rosso contenuto in una spirale di luce elettrica sul microscopio. Allora lo scienziato costruisce in laboratorio apparecchi sempre più grandi per sperimentare sulle uova di rana, ottenendo risultati strabilianti. Successivamente, le voci sulle scoperte si diffondono per la città a tal punto che persino una spia francese gli propone, invano, di continuare la sua ricerca all’estero. Persikov non reagisce con voga nemmeno al carattere invasivo dei giornalisti, i quali iniziano a perturbarlo ogni giorno. Nel frattempo avviene un’inarrestabile morìa dei polli in tutta la Russia e il governo si avvilisce per lo scontento generale. In questo frangente un certo Aleksandr Rokk propone al Cremlino (cittadella fortificata al centro di Mosca e sede delle istituzioni governative nazionali) di proliferare una nuova generazione di pennuti attraverso la celebre invenzione del zoologo moscovita, il cosiddetto “raggio della vita”. Dunque quest’ultimo confisca il materiale del docente universitario per usufruire della sua esaltante facoltà all’interno di un sovchoz (fattoria statale). Ovviamente gli eventi andranno per il verso sbagliato e, pertanto, il professore risentirà le conseguenze delle sue uova fatali.
Il romanzo breve fantascientifico è un esempio dell’eccentricità delle storie narrate da Bulgakov: infatti rende credibile l’assurdo grazie alla terminologia tecnica di gran lunga approfondita. Inoltre la contemporaneità dell’ambientazione dei racconti all’autore è proprio del suo stile. Tuttavia la complessa subordinazione, talvolta incomprensibile, muta il piacere della lettura in eccessiva pesantezza. La paratassi, ricorrente nelle parti alquanto dinamiche, può spesso confondere ulteriormente un pubblico occasionale come me. Ciò è stato il più ampolloso fattore che ha impedito la mia piena comprensione delle singole componenti della raccolta, in special modo Diavoleide, da me assai disprezzata. Nonostante la mia critica alla scrittura, ho gradito questo spicchio di libro non solo per la trama coinvolgente, ma anche per le descrizioni del personaggio principale, Persikov, e addirittura quelle della reazione cittadina agli avvenimenti circostanti, instillando immersione narrativa. Al contrario, i ruoli secondari sono abbastanza superficiali e stereotipati: la badante, l’assistente, il guardiano.
È evidente la satira al dominio sovietico: un uomo della scienza, sebbene sia tra i più rinomati al mondo, viene privato dei suoi strumenti, mentre ancora analizza a fondo una scoperta prestigiosa; poi sarà la stessa irresponsabilità del governo sovietico ad arrecare un’atroce sorte allo scienziato e alla sua creazione. La dittatura del Partito comunista è totalitaria e non risparmia neanche i geni del proprio Paese. Trasformare un rinvenimento scientifico in una potenziale arma distruttrice, pur avvenendo qui per sbaglio, assomiglia alla concezione della bomba atomica, con cui oggigiorno gli Stati di prim’ordine in concorrenza sarebbero in grado di esplodere il pianeta: orbene gli scienziati non sempre contribuiscono al progresso e al benessere dell’umanità, ma possono agire per interessi personali, senza badare alle gravità delle loro conquiste. In mezzo a questo dilemma etico sarebbe meglio, secondo me, sopprimere le invenzioni dannose, come in Cuore di cane, anche a costo di anni e anni di ricerca o un nome scritto sui libri di storia. Come si può pretendere che la propria vita abbia un senso se è il frutto della nostra mente a provocare danni agli altri?
Malgrado io creda che esistano indubbiamente opere fantascientifiche migliori, consiglierei la lettura del racconto ai meno fanatici del genere, in quanto si tratta di una specie di prototipo dello stesso Asimov e potrebbe indurre ad un tale universo letterario i più disinteressati.