Francesco Paolella (1978) ha studiato filosofia a Bologna e a Parma. Si occupa di storia della psichiatria. Fa parte del Comitato tecnico-scientifico del Centro di storia della psichiatria di Reggio Emilia.È membro di Clionet, Associazione di ricerca storica e promozione culturale. È redattore della "Rivista Sperimentale di Freniatria" e scrive per TYSM.

Recensione a: G. Mendicino, Conrad. Una vita senza confini, Laterza, Roma-Bari 2024, pp. 275, € 19.00.

Questo libro, a firma di Giuseppe Mendicino, che è un biografo di alcuni fra i maggiori scrittori del Novecento letterario italiano, parla dei libri di Joseph Conrad, più che della esistenza di quest’ultimo in senso stretto. È soprattutto la storia di una faticosissima vocazione letteraria, delle traversie, pratiche e non, che lo scrittore, polacco di nascita e inglese per scelta, ha affrontato per arrivare a una scrittura che rispecchiasse e illuminasse quella ricerca, a un tempo etica ed estetica, che lo ha contraddistinto. Si tratta, in altri termini, della fatica nervosa che Conrad ha sempre conosciuto, una volta che scelse di rinascere, abbandonando il mare, dopo venti anni di avventure e di pericoli, consacrandosi ai libri.

Come è noto, i suoi romanzi e i suoi racconti sono essenzialmente dedicati allo scontro fra un uomo e il proprio destino, fra una volontà individuale e una combinazione di eventi quasi sempre incommensurabili. Giustamente, il vero antagonista nei libri di Conrad è l’abisso: l’abisso dell’oceano, l’abisso delle foreste sconosciute, l’abisso dell’abiezione o della vigliaccheria umane.

Giuseppe Mendicino ci accompagna qui nei meandri del viaggio conradiano fra diverse esistenze, fra diversi secoli, fra diverse concezioni del mondo. Conrad resta memorabile anche perché è stato un autore che ha vissuto a cavallo fra mondi diversi, passando dalla navigazione eroica delle vele a quella, moderna, del vapore, fra la rapacità degli imperi coloniali e la resistenza dei singoli in nome dell’umanità.

Conrad si è votato al racconto dell’uomo che deve confrontarsi con scelte eroiche e virili – e, in questo senso, resta importante anche il libro di Alberto Asor Rosa, pubblicato qualche anno fa da Einaudi, dedicato a L’eroe virile secondo Conrad. Pessimista per natura e per esperienza, deluso dal progresso occidentale, Conrad è stato uno scrittore che si è rifugiato nella “celebrazione” paradossale della disperazione più cupa e della dignità del dovere compiuto, insegnandoci a entrare dentro l’abisso, a guardarlo in faccia, ma senza perdersi in esso:

Il pessimismo dello scrittore polacco lo porta a non credere a ideologie salvifiche, politiche o religiose che siano, crede invece alla possibilità di scelta dell’individuo, insufficiente a salvare il mondo, sufficiente però a salvare se stessi e i propri compagni di avventura. Non è poco, pare suggerirci (p. 112).

Mendicino ci consegna dunque il ritratto di un intellettuale non risolto, disincantato e conservatore quanto basta per essersi reso un po’ indigesto a tanta cultura, specie progressista, del Novecento, ma, allo stesso tempo, capace di suscitare veri entusiasmi e fedeltà radicali: Levi (Primo), Welles (Orson), Gide e Calvino sono soltanto alcuni di coloro che hanno visto nelle parole di Conrad uno scoglio a cui aggrapparsi per coltivare un ideale di eroicità che fosse davvero umana. Si tratta dunque di tutt’altro e ben di più che di uno scrittore di genere (marinaro o esotico). Conrad si è dunque speso per la buona battaglia, come si suol dire con San Paolo. È stato indubbiamente coerente nel voler rivelare la propria visione etica della vita, nonostante tutte le disillusioni e tutti gli scacchi, risolvendo la propria biografia nel narrare. Uomo solitario e malinconico, talentuoso e fragile, egli ha trovato nei libri il vero porto sicuro e questo, più di tutto, ce lo rende vicino oggi, in questi tempi così caotici e snervanti.

Egli si è sentito sempre uno straniero e ha scelto per propria patria, più ancora che l’amata Inghilterra, la stessa lingua inglese – un po’ come Milan Kundera quella francese –, per costruirsi una nuova identità e una nuova, interiore libertà.

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