Nicola Farinelli è laureato in Scienze Politiche presso il "Cesare Alfieri" (Università di Firenze).

Recensione a
G. Nucci, E due uova molto sode
Italo Svevo Edizioni, Roma 2017, pp. 118, € 14,00.

E due uova molto sode di Giovanni Nucci è il sesto volume di una collana dall’irresistibile nome di “Piccola biblioteca di letteratura inutile”. È stato pubblicato nel 2017 da Italo Svevo Edizioni, una casa editrice romana che andrebbe seguita davvero con estrema attenzione.

È un libro delizioso. E alquanto bizzarro. Non si tratta di una raccolta di ricette, infatti, e non sono neanche saggi… ed in fondo non sono propriamente nemmeno racconti. Di che parla allora? Di niente in particolare. E di tutto. Dell’uovo, ovviamente, che «ha la proprietà di essere maschile al singolare e femminile al plurale» e che è «al contempo il creato e la creazione» e che «in potenza già racchiude tutta la complessità dell’universo, in ogni sua futura possibilità». Della scrittura come metafora della cottura delle uova («sì, ma cotte come?», «be’, vogliamo dire alla coque?»). Del soufflé e del «rovinoso declino dell’Occidente», che adesso vive «la fase del suo tracollo più palese» (e a mio parere non dovrebbe essere necessario aggiungere che tra lo «smottamento irreversibile» del nostro mondo e il soufflé v’è una lampante e profonda correlazione). E parla di Amleto e della straordinaria capacità di un’opera del 1600 di «descrivere così bene, così chiaramente la nostra condizione sociale e politica» e il destino che ci aspetta in questo nostro sciagurato Occidente: «un immondezzaio».

Pensiamo a ciò che il principe di Danimarca dice di Orsic nella seconda scena del quinto atto della tragedia shakespeariana: «Lui e tanti altri della stessa covata, corteggiati in questa epoca che sembra un immondezzaio. Sentono l’aria, il frasario del tempo, coltivano relazioni esteriori – e schiumano, schiumano una chiacchera che li fa sentire al centro delle idee più approvate e collaudate». E poi anche al celebre monologo di Amleto: «i dileggi del mondo, […] l’arroganza, i soprusi e lo scherno dei potenti, […] i passi di lumaca della legge, l’insolenza dei pubblici ufficiali, i calci e le pedate che il valore riceve puntualmente dagli indegni». Ed ancora, nonostante la sua brevità, E due uova molto sode ci racconta di arrosti riscaldati spacciati per roast beef, ci ammonisce sulla differenza «che passa tra le menzogne e la finzione» (un «sottile confine» sul quale è «difficile e pericoloso muoversi») e ci rammenta che per scardinare la corruzione del potere «occorre fingere di essere ciò che realmente si è» (un concetto che probabilmente non sarebbe dispiaciuto al poeta fingidor per eccellenza, il portoghese Fernando Pessoa). Insomma, per farla breve – mi spiace ma non ho più tempo, devo andare a farmi due uova al burro – potremmo semplicemente dire che il libro di Giovanni Nucci è come una specie di piccolo incantesimo: un incantesimo svelato ma senza che l’incanto scompaia. In fondo che altro è la magia se non «letteratura nelle sue più alte forme»?

P.S.: Pur essendo molto conosciuta, vale sempre la pena, ed ancor di più in questo contesto di finzioni, riproporre questa bellissima poesia:

 Autopsicografia

 O poeta é un fingidor.
Finge tão completamente
Que chega a fingir que é dor
A dor que deveras sente.
E os que lêem o que escreve,
Na dor lida sentem bem,
Não as duas que ele teve,
Mas só a que eles não têm.
E assim nas calhas de roda
Gira, a entreter a razão,
Esse comboio de corda
Que se chama coração

 Fernando Pessoa

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