Federico Magi si è laureato in Scienze dell’educazione alla Pontifica Università Auxilium con una tesi sul fondatore dell’Antroposofia Rudolf Steiner. Nel 2006 consegue l’attestato in critica cinematografica alla scuola di cinema “Sentieri Selvaggi” e nel 2009 supera l’esame da giornalista pubblicista. Ha collaborato col "Secolo d’Italia" e con alcune riviste occupandosi quasi esclusivamente di critica cinematografica e letteraria. Attualmente è educatore e redattore del portale di critica letteraria Lankenauta.
Sono trascorsi ben 160 anni della nascita di uno dei più importanti pensatori europei vissuti a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Anche se, poche volte come in questo caso, definirlo solo pensatore potrebbe risultare veramente riduttivo. Eppure il suo nome non è così noto qui in Italia, al di fuori dalla cerchia degli interessati, forse perché la sua visione dell’uomo entrava troppo in contrasto con il cattolicesimo preconciliare, o forse perché il metodo educativo da lui ideato, come del resto la sua concezione del mondo, si fondavano come pochi altri su un principio di libertà del tutto estraneo sia ai dogmi della ragione positiva che alle pedagogie di Stato, e più in generale alle ideologie, di stampo hegeliano.
Stiamo parlando di Rudolf Steiner, nato nel 1861 a Kraljevica (oggi Croazia, allora Impero d’Austria), autore poliedrico e oratore instancabile, il quale scrisse numerosi libri ispirati alle proprie conferenze tenute in tutta Europa. Fondò l’Antroposofia, o Scienza dello spirito, dalla quale trasse gli spunti per argomentare su molteplici tematiche riguardanti la vita e la cultura dell’uomo. Elaborò anche un metodo educativo (definito metodo Waldorf, o più semplicemente metodo educativo steineriano) che, ad oggi, è abbastanza diffuso nella Mitteleuropea, nonché presente, sia pure in misura assai minore, negli altri quattro continenti. Più di quanto si possa immaginare le teorie steineriane hanno influenzato i più svariati ambiti della cultura e della scienza, generando adesioni da parte di intellettuali ed artisti di varia provenienza e credo politico.
Senza voler entrare troppo nello specifico della Scienza dello Spirito da lui immaginata e divulgata senza sosta dopo l’abbandono della Società Teosofica, da cui uscì nel 1913 per creare la Società Antroposofica, è bene comunque conoscere i fondamenti di una dottrina tutt’altro che dogmatica ed anzi basata sul riconoscimento del libero arbitrio. Libero arbitrio esortato a venire fuori attraverso i principi pedagogici da lui divulgati, mediante l’azione degli educatori, fin dalla prima fanciullezza. Una buona educazione, secondo Rudolf Steiner, non può assolutamente prescindere da una solida antropologia di base che garantisca la forza dell’impianto pedagogico costruito su tale idea. Rifuggendo l’asetticità del pensiero, e considerando il pensiero come guida delle idee, non si sorprese certo che la sua idea fosse soggetta a numerose critiche, nell’Europa del suo tempo. Steiner muove infatti dall’assunto che il mondo a lui contemporaneo sia caratterizzato da un nichilismo di fondo, ancor più grave per il suo essere assolutamente passivo, in antitesi con la visione nietzschiana da cui anch’egli trasse importanti spunti di riflessione. Ciò favorirebbe, a suo modo di vedere, il proliferare e il rafforzarsi di un’idea materialistica, altamente omologante, strutturata sulla base delle dottrine illuministe.
Da qui la costruzione di una forte antropologia che muova in direzione opposta e contraria, che faccia suoi i concetti di spirito, conoscenza e libertà. Cruciale per l’elaborazione della sua dottrina fu l’incontro prima con Goethe (nel quale trovò la più radicale antitesi a Kant, un passo oltre l’idealismo di Fichte) e poi con Nietzsche, i quali illuminarono il fondatore dell’Antroposofia su una questione dirimente per il suo intero impianto filosofico, ovvero l’idea che non vi fosse antitesi, ma al contrario assoluta consonanza, tra i concetti di scienza e spirito. La concezione goethiana del mondo, in particolare, fu per Rudolf Steiner una piattaforma di confronto con le idee che animarono il dibattito culturale e scientifico di quegli anni, una cartina di tornasole per verificarne l’attendibilità.
Proprio a partire dall’influenza di Goethe, dalle folgorazioni percepite attraverso la sua scienza della natura, vengono le bellissime parole che lo Steiner utilizza nella sua autobiografia per descrivere sommovimenti interiori e processi animici: «L’uomo leva lo sguardo al cielo stellato: il rapimento che la sua anima prova gli appartiene; le eterne leggi stellari che afferra nel pensiero, nello spirito, non appartengono a lui, ma alle stelle». In questo breve passaggio lirico, a guardar bene, troviamo tutti gli elementi necessari a spiegare La filosofia della libertà, estrema e suggestiva sintesi di un impianto teorico che possiamo trovare in forma assai più estesa e criptica, per i neofiti, nel suo fondamentale saggio intitolato Teosofia. Non è un caso che Rudolf Steiner, attraverso tali fulminanti visioni, abbia influenzato lo scrittore tedesco Michael Ende nel dar vita a La storia infinita, uno dei romanzi fantasy più importanti e complessi che ci abbia regalato il Novecento.
Tutti coloro che hanno letto il libro possono notare, in effetti, come la grande tematica sviluppata da Ende sia immaginare un altrove ideale nel quale dar vita all’eterna lotta tra buio e luce. La grandezza dell’opera di Ende, rispetto ad altri pur degni romanzi di genere, è immaginare un’interazione tra due mondi, quello reale e quello di Fantàsia, legati tra loro da chi sta leggendo la storia. La fantasia creatrice, assolutamente centrale nella pedagogia steineriana, è sviluppata da Ende attraverso creature fantastiche il cui conflitto interiore ci interroga proprio sulla conoscenza di sé e sui limiti posti dal (e al) libero arbitrio. Ecco perché la prova dello specchio, in cui si riflette la vera natura di ognuno, sarà per l’intrepido Atreyu il momento più destabilizzante per il proprio sé, ed ecco perché Bastian, nell’accettare il richiamo magnetico e irrazionale proveniente dal libro magico, si libera da ogni paura e va a conoscere il suo lato impavido, attraverso una sorta di transfert col giovane cavaliere deputato a sconfiggere il Nulla.
Come pochi altri libri di narrativa, considerando anche il genere, La storia infinita consente di penetrare lo spirito profondo del pensiero steineriano in una chiave più accessibile, lontana dal linguaggio dei saggi e delle conferenze. Ma Steiner non influenzò soltanto la letteratura, perché i territori nei quali estese l’indagine antroposofica vanno dalla cristologia alla medicina, dall’agricoltura biodinamica all’economia, dalla filosofia alle scienze naturali, dalla psicologia alla pedagogia. Julius Evola, il filosofo della tradizione, nel suo brillante saggio Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo stigmatizzò positivamente questa vocazione onnivora dello Steiner, la sua capacità di elaborare teorie complesse ed articolate in ogni settore della vita quotidiana, criticando però proprio la struttura portante del suo pensiero, i fondamenti su cui poggia l’Antroposofia: «Lo Steiner s’ingegna a chiudere nella storia ogni fine dell’uomo, anzi nemmeno dell’uomo, ma del collettivo umano». Massimo Scaligero, altro libero pensatore proveniente dal gruppo di Ur, che pure aveva inizialmente condiviso con Evola gli stessi percorsi iniziatici, abbracciò successivamente proprio le teorie steineriane, divenendone un importante divulgatore fino ad elaborare un suo peculiare pensiero basato su di esse. Testi come Dell’amore immortale, Il sorriso degli Dei o la raccolta di liriche La pietra e la folgore restano come un’importante testimonianza del suo lascito spirituale. Quello che ai più è assolutamente ignoto, invece, è che anche Benito Mussolini, uomo di prassi estraneo ad ogni forma di teoria spiritualistica o misteriosofica, quasi alla fine della sua parabola terrena, grazie ad un amico scrittore che gli aveva prestato un testo di economia di Rudolf Steiner, rimase folgorato dalla teoria della tripartizione: «Il libro che mi hai dato contiene la risposta che tanto ho cercato per tutta la vita». Questo avrebbe detto il Duce del fascismo, a pochi giorni dalla sua tragica dipartita, quando era ormai troppo tardi per fare qualsiasi cosa.
Le idee di Rudolf Steiner, pensatore che è volato oltre i dogmi e le consuetudini del suo tempo, si tradussero efficacemente in una prassi educativa che mantiene inalterata la sua efficacia a distanza di un secolo, e che anzi andrebbe riscoperta e valorizzata anche alle nostre latitudini, perché fondata su principi maieutici che non hanno tempo né confine, geografico o ideologico che sia. «L’educazione è amore», era solito ripetere ai novelli educatori della scuola Waldorf, laddove la parola amore “parla” tanto al mondo dei sensi quanto a quello dello spirito.