Stefano Berni (1960) è docente di Filosofia e scienze umane nei licei. È stato professore a contratto presso la cattedra di Filosofia del diritto dell’Università di Siena, assegnista e dottore di ricerca. È tra i fondatori e nel comitato scientifico della rivista “Officine filosofiche” dell’Università di Bologna e Presidente della Società Filosofica Italiana di Prato. Le sue ultime pubblicazioni sono: Potere e capitalismo. Filosofie critiche del politico (Pisa 2018); Etiche del sé. Foucault e i Greci(Firenze 2021); L'alchimia del potere. La filosofia politica di Hannah Arendt (con Antonio Camerano; Milano 2022).
L’Occidente ha sempre provato a sviluppare al suo interno il relativismo e l’autocritica anche e soprattutto a partire dalla filosofia greca e romana e dal cristianesimo e il suo profeta. Chi è Gesù infatti se non un ribelle contro la Roma imperiale ma anche contro la tradizione di Israele? Noi cristiani abbiamo sempre provato a combattere e a uccidere il proprio padre (si vedano gli studi di René Girard). Su questa concezione critica e autocritica direi che la forza dell’Occidente è stata quella di convivere e tollerare culture diverse anche se su territori diversi, mentre Israele e gli Stati arabi non sono che Stati confessionali, tendenzialmente autoritari se non totalitari, che non hanno mai messo in discussione sé stessi, la propria religione e i propri padri. Per tutto questo è difficile difendere filosoficamente e politicamente, per un occidentale, Hamas e Israele, l’Islam e l’ebraismo.
Più complesso è il caso russo. La Russia bianca, a partire da Pietro il Grande, ha provato a occidentalizzarsi ma con molta fatica per via del peso che gravavano a Oriente i popoli nomadi e seminomadi, volti più a guerreggiare che a governare. Benché cristiana, la Russia vive la figura del padre non tanto come un Dio buono e misericordioso ma come un capo carismatico che guida il proprio popolo. La critica non è mai stata una prerogativa dei russi. Anche l’esperimento di inoculare un po’ di Occidente in Russia con il pensiero di Marx, un ebreo, che come Freud e Arendt, ha rotto completamente con la sua tradizione, non ha prodotto che una sostituzione fantasmatica. Di fatto, dallo stesso Pietro il Grande fino a Lenin, Stalin e a Putin, la Russia non ha mai cambiato la sua concezione tirannico-patriarcale, sostituendo gli uomini ma non modificando mai la sua cultura.
È forse un problema geografico prima ancora che culturale. Le grandi pianure dell’Asia minore e della Russia hanno permesso l’imposizione di pochi Stati e imperi accentratori. D’altronde, per dirla con Foucault, “l’organizzazione di un potere di tipo pastorale con alla guida un dio o un capo visti come pastori rispetto ad un gregge è un tema ricorrente in tutto l’Oriente”. Invece, in regioni più montagnose come la Grecia e l’Italia si sono affermati le differenze e il pluralismo. Quando mai i fratelli italiani si sono sentiti sotto unica patria. Nemmeno il nazionalismo più radicale e risorgimentale ha convinto le popolazioni italiche a unirsi del tutto. Ma anche i tentativi accentratori dell’assolutismo non hanno mai piegato le istanze centrifughe di comunità che si opponevano ai sovrani europei in nome delle loro antiche discendenze germaniche. Nel mondo occidentale la divisione territoriale corrisponde grosso modo alla divisione linguistica. Esistono ancora decine di lingue e dialetti in Europa. Questo perché l’Europa ha contenuto popoli assai diversi per lingua e cultura.
Nel mondo islamico è successo il contrario: un solo popolo ha conquistato altre nazioni, imponendo un unico diritto, un’unica religione e un unico linguaggio. Un po’ come era successo con i romani i quali però non avevano imposto alcuna religione monoteista e assolutista. Nell’Islam, scrive Toynbee, in Il mondo e l’Occidente, culture e subculture permangono come fili di diversi colori intrecciati in uno stesso tessuto. Invece l’Europa appare come composta da tanti tessuti e colori diversi: vari tasselli (le nazioni) che si compongono come in un mosaico. Se la religione islamica, di fatto, è riuscita a dominare e a omologare tutte le culture grazie alla cornice religiosa, nell’Europa cristiana le lotte tra popoli prima e la lotta delle investiture dopo hanno consentito a diverse nazioni di emanciparsi rispetto alla Chiesa e più in generale dalla religione.
In Europa c’è lo Stato e c’è la Chiesa, poteri nettamente separati: politica e teologia. In Russia c’è il politico ma strettamente alleato con la Chiesa ortodossa: politica teologica; nell’Islam (ma forse anche in Israele) vi è una vera e propria teologia politica. E negli Stati Uniti?