Sarah Dierna (1997) è studentessa del Corso Magistrale in Scienze Filosofiche dell'Università di Catania, dopo essersi laureata in Filosofia con una tesi dedicata all'eutanasia. Scrive su varie riviste scientifiche - «Discipline Filosofiche»; «Vita pensata»; «il Pequod»; «Gente di Fotografia»; «Dialoghi Mediterranei» - e sta preparando una tesi sull'antinatalismo di David Benatar.

Recensione a: Deus. La sfera nera (Deus), film diretto da Steve Stone, Gran Bretagna, 2022.

Una sfera nera, dal materiale sconosciuto, è comparsa vicino Marte e un gruppo di otto astronauti è stato mandato nello spazio per scoprirne la natura, valutarne la minaccia e capirne il pericolo. Un elemento che da subito si vede non appartenere alla tavola periodica, lasciando già dunque intuire la sua forma artificiale, costruita, e quindi umana. Un elemento che ha delle copie anche sulla terra dove, nel frattempo, sono state individuate strutture replicanti quella che è apparsa sul pianeta rosso.

Ciò da cui però questi scienziati devono salvaguardarsi non è l’ignota sfera vicino Marte bensì è il potere che si impersona nella figura di Vance, responsabile di tutto questo. È stato Vance a ideare questa sfera nera e la struttura in essa presente, nonché le sue repliche sulla superficie terrestre allo scopo di eliminare i «molti» dell’umanità per salvare i «pochi», riducendo così il numero degli umani dalle decine di miliardi che sono diventati a ‘soli’ 6 miliardi.

Per favorire un’estinzione volontaria e indolore però bisogna giocare con la cosa che gli umani temono di più, la morte, e promettere loro un aldilà privo di sofferenza e di dolore al quale si accede soltanto attraversando queste costruzioni essenzialmente umane. Il ‘Messia’ di questa operazione di ‘salvezza’ è Karla Grey, ‘eletta’ per oltrepassare questa crepa di luce oltre la quale risiede un paradiso dorato, nel quale è possibile ritrovare la figlia o la madre ormai scomparse.

Nella evidente ripresa – pur sempre ineguagliabile – di alcune scene di 2001: Odissea nello spazio, si tratta di un film assai significativo poiché mette in gioco gli argomenti del divino, del suo rapporto con la scienza, e di quello tra la scienza e il potere. Potere che nella sua espressione ricorda la ‘biologica’ descrizione che di esso Elias Canetti ha condotto in Massa e potere.

Vance, infatti, vuole appartenere a quei pochi che si salveranno perché «il potente è in primo luogo il sopravvissuto, l’unico superstite di fronte alla distruzione dei suoi simili; il suo trono poggia su mucchi sterminati di cadaveri» e per questo «sarà bene pensarci quando si ritiene che gli ordini dei potenti vengano emanati a salvaguardia delle vite individuali e collettive» (A.G. Biuso, Disvelamento. Nella luce di un virus, Algra Editore, Catania 2022, p. 68).

Il responsabile della “soluzione finale” – così è chiamata l’operazione a cui il suo progetto mira – possiede infatti tutte le caratteristiche dell’autorità descritta da Canetti: la dissimulazione, il silenzio, la finzione. Caratteristiche che hanno permesso a Vance di ingannare Karla, di farle credere per un momento in un paradiso quasi terrestre, ma che invece è stato il responsabile della morte dei suoi familiari e del suo incidente, necessario per impiantarle un chip che le trasmettesse le immagini e le voci di un aldilà per così dire familiare, per questo credibile, gaio, felice, indolore.

Affinché il potere possa durare – è questa l’angoscia dell’autorità – è necessaria tuttavia l’uniformità; il diverso rappresenta quindi un pericolo, ecco perché durante la missione su Marte lo scienziato Ulph, che Karla ha insistito ad avere con sé per le sue conoscenze, viene semplicemente cancellato. Perché la scienza, per continuare a esistere, deve farsi ancella del potere, altrimenti rimarrà soltanto una minaccia da eliminare prima che sveli le reali intenzioni del potente.

Procedure e dinamiche che assai ricordano quelle epidemiche contemporanee. Il vaccino come promessa di immunità, garanzia di una salute eterna e di una nuova libertà, invece datore di morte e strumento di controllo e di obbedienza di masse impaurite di fronte alla propria finitudine le quali hanno creduto al vaccino come questi otto astronauti hanno in principio creduto alla natura divina di questa sfera nera.

Il confronto con Dio indica ancora una volta ai viaggiatori l’avvicinarsi della propria morte. Come ripete un personaggio di nome Si, «è giunta l’ora» in un crescendo di tensione che anticipa la propria come l’altrui morte. Deus è ciò a cui l’autorità vuole assomigliare, un’idea – quella di Dio e della salvezza – tutta umana nella quale tuttavia ancora una volta in punto di morte, gli ultimi due superstiti non potranno che sperare.

Inizia alla fine il viaggio di ritorno di Karla sulla Terra: un viaggio che durerà più di sette anni. Un tempo sufficiente affinché l’umanità possa nel frattempo sgravare della sua presenza il nostro pianeta.

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